Il Quirinale risponde, Ceffa controbatte
BIOGLIO - La risposta alla lettera inviata dal sindaco Stefano Ceffa al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, poi divenuta manifesto nazionale dell’Anci della protesta contro i tagli agli enti locali, è finalmente arrivata. Ma il sindaco non ha nascosto la sua delusione nel leggere le poche righe firmate dal consigliere di stato agli Affari giuridici e Relazioni costituzionali Giancarlo Montedoro.
La risposta. Nella lettera giunta da Roma si legge: “mi preme rassicurarla che il Capo dello Stato è ben consapevole del difficile compito al quale sono chiamati i sindaci. Devo però comunicarle che non può adottare misure nelle materie da lei evocate”. E a poco vale la conclusione in cui esprime “un caloroso sentimento di ideale vicinanza”. Molti dei temi messi sul tavolo da Stefano Ceffa non sono stati raccolti, come l’attacco alle “politiche barbare dei tagli” o il fatto che l’Italia è tenuta in piedi dagli 8000 sindaci che “hanno dimostrato di essere lo Stato”, o ancora la provocazione se “c’è forse un disegno preciso di smantellamento del sistema dei comuni”.
A caldo, Ceffa ha commentato: «A me la Costituzione l’hanno spiegata così e così io insegno l’articolo 87: “Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale. Può inviare messaggi alle Camere eccetera”. Forse i temi dell’assassino delle autonomie e quello dello sfascio dei comuni sono tutti elementi che avrebbero giustificato una diversa risposta magari con uno strumento differente, perché no? forse proprio un messaggio alle camere».
La nuova lettera. Giovedì Ceffa ha poi deciso di inviare una nuova lettera nella quale, tra le altre cose, scrive: “Mi permetto per questo di esprimerLe che i temi delle difficoltà vissute dalle autonomie locali, del loro assassinio, dello sfascio cui sono costretti i comuni, della corruzione di uno stato che non riforma sé stesso ma smonta le ultime garanzie per i cittadini sono elementi che giustificherebbero una presa di posizione netta e decisa. Faccio appello al Suo coraggio per dare voce al sentimento comune che vede nella tutela dei comuni un’esigenza sentita dalla comunità civile di questa nazione tribolata e la cui negazione comporterebbe l’aver interrotto la connessione con il senso di una comune preoccupazione che è quella dei cittadini che vedono nei comuni l’ultimo interlocutore di uno Stato che appare sempre più distante”.
BIOGLIO - La risposta alla lettera inviata dal sindaco Stefano Ceffa al presidente della Repubblica Sergio Mattarella, poi divenuta manifesto nazionale dell’Anci della protesta contro i tagli agli enti locali, è finalmente arrivata. Ma il sindaco non ha nascosto la sua delusione nel leggere le poche righe firmate dal consigliere di stato agli Affari giuridici e Relazioni costituzionali Giancarlo Montedoro.
La risposta. Nella lettera giunta da Roma si legge: “mi preme rassicurarla che il Capo dello Stato è ben consapevole del difficile compito al quale sono chiamati i sindaci. Devo però comunicarle che non può adottare misure nelle materie da lei evocate”. E a poco vale la conclusione in cui esprime “un caloroso sentimento di ideale vicinanza”. Molti dei temi messi sul tavolo da Stefano Ceffa non sono stati raccolti, come l’attacco alle “politiche barbare dei tagli” o il fatto che l’Italia è tenuta in piedi dagli 8000 sindaci che “hanno dimostrato di essere lo Stato”, o ancora la provocazione se “c’è forse un disegno preciso di smantellamento del sistema dei comuni”.
A caldo, Ceffa ha commentato: «A me la Costituzione l’hanno spiegata così e così io insegno l’articolo 87: “Presidente della Repubblica è il capo dello Stato e rappresenta l’unità nazionale. Può inviare messaggi alle Camere eccetera”. Forse i temi dell’assassino delle autonomie e quello dello sfascio dei comuni sono tutti elementi che avrebbero giustificato una diversa risposta magari con uno strumento differente, perché no? forse proprio un messaggio alle camere».
La nuova lettera. Giovedì Ceffa ha poi deciso di inviare una nuova lettera nella quale, tra le altre cose, scrive: “Mi permetto per questo di esprimerLe che i temi delle difficoltà vissute dalle autonomie locali, del loro assassinio, dello sfascio cui sono costretti i comuni, della corruzione di uno stato che non riforma sé stesso ma smonta le ultime garanzie per i cittadini sono elementi che giustificherebbero una presa di posizione netta e decisa. Faccio appello al Suo coraggio per dare voce al sentimento comune che vede nella tutela dei comuni un’esigenza sentita dalla comunità civile di questa nazione tribolata e la cui negazione comporterebbe l’aver interrotto la connessione con il senso di una comune preoccupazione che è quella dei cittadini che vedono nei comuni l’ultimo interlocutore di uno Stato che appare sempre più distante”.