«Il dialogo per battere il terrorismo»

«Il dialogo per battere il terrorismo»
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BIELLA - «Nessuno uccide nel nome di Dio. Essere qui tutti insieme oggi è la risposta migliore che si può dare a chi vuole attuare la strategia del terrore utilizzando proprio il nome di Dio». E’ questo il messaggio che ieri, nella sala convegni del nuovo ospedale di Biella, è stato lanciato dai vari rappresentanti religiosi presenti in città. A una settimana di distanza dagli attentati di Parigi hanno voluto rilanciare il dialogo interreligioso, dare un segnale forte di unità, di pace, di un futuro migliore.

In una sala in cui gli agenti della Polizia di Biella erano presenti in gran numero (con perquisizioni di borse o con lo scanner all’ingresso), una settantina di persone hanno aderito all’appello lanciato dalla comunità diocesana per l’Ecumenismo e il Dialogo interreligioso.

«Abbiamo scelto la sala convegni del nuovo ospedale - ha introdotto la giornata fratel Guido Dotti - perché è un luogo laico, perché è un punto di riferimento di tutti i biellesi, perché se gli attentati di Parigi fossero successi qui, tutta la comunità si sarebbe stretta attorno all’ospedale».

Ad aprire gli interventi è stato il vescovo di Biella, Gabriele Mana: «Siamo qui per dire no alla violenza, no alla morte, sì alla dignità della deva. Non dobbiamo essere pervasi dal senso di vendetta, dobbiamo eliminare il male. Per noi cristiani il simbolo è il crocifisso, dove l’uomo Gesù ha accettato la morte senza cercare vendetta. In quel simbolo c’è la vittoria del bene sul male. Bisogna batterlo, attraverso il bene, altrimenti si rischia di rigenerarlo».

Presenti anche Marco Girola, in rappresentanza della chiesa Valdese, Padre Dumitru, della comunità ortodossa rumena, padre Victor, della comunità ortodossa patriarcale di Mosca e rappresentanti della comunità musulmana: «La nostra religione dice che se si uccide un uomo

si uccide tutta l’umanità, se si aiuta una persona si aiuta tutta la comunità. Quelli che hanno colpito a Parigi non sono islamisti, sono terroristi».

Enzo Panelli

 

Leggi di più sull’Eco di Biella di sabato 21 novembre 2015 

BIELLA - «Nessuno uccide nel nome di Dio. Essere qui tutti insieme oggi è la risposta migliore che si può dare a chi vuole attuare la strategia del terrore utilizzando proprio il nome di Dio». E’ questo il messaggio che ieri, nella sala convegni del nuovo ospedale di Biella, è stato lanciato dai vari rappresentanti religiosi presenti in città. A una settimana di distanza dagli attentati di Parigi hanno voluto rilanciare il dialogo interreligioso, dare un segnale forte di unità, di pace, di un futuro migliore.

In una sala in cui gli agenti della Polizia di Biella erano presenti in gran numero (con perquisizioni di borse o con lo scanner all’ingresso), una settantina di persone hanno aderito all’appello lanciato dalla comunità diocesana per l’Ecumenismo e il Dialogo interreligioso.

«Abbiamo scelto la sala convegni del nuovo ospedale - ha introdotto la giornata fratel Guido Dotti - perché è un luogo laico, perché è un punto di riferimento di tutti i biellesi, perché se gli attentati di Parigi fossero successi qui, tutta la comunità si sarebbe stretta attorno all’ospedale».

Ad aprire gli interventi è stato il vescovo di Biella, Gabriele Mana: «Siamo qui per dire no alla violenza, no alla morte, sì alla dignità della deva. Non dobbiamo essere pervasi dal senso di vendetta, dobbiamo eliminare il male. Per noi cristiani il simbolo è il crocifisso, dove l’uomo Gesù ha accettato la morte senza cercare vendetta. In quel simbolo c’è la vittoria del bene sul male. Bisogna batterlo, attraverso il bene, altrimenti si rischia di rigenerarlo».

Presenti anche Marco Girola, in rappresentanza della chiesa Valdese, Padre Dumitru, della comunità ortodossa rumena, padre Victor, della comunità ortodossa patriarcale di Mosca e rappresentanti della comunità musulmana: «La nostra religione dice che se si uccide un uomo

si uccide tutta l’umanità, se si aiuta una persona si aiuta tutta la comunità. Quelli che hanno colpito a Parigi non sono islamisti, sono terroristi».

Enzo Panelli

 

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