Il benvenuto di Valle Mosso ai migranti

Il benvenuto di Valle Mosso ai migranti
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VALLE MOSSO - Da una parte ci sono 450 firme. E la diffusa paura di qualcosa di “diverso” che ancora non si conosce. Dall’altro c’è un  grande e allegro pranzo di benvenuto, primo segnale di quella fetta di comunità che sceglie di non chiudere le porte ai suoi nuovi arrivati. Valle Mosso si divide così, tra chi teme e chi accoglie, davanti all’arrivo, previsto per ieri, dei 21 migranti pakistani provenienti dalla struttura di via Coda a Chiavazza, in via di chiusura. 

Ormai in Italia da sei mesi, capaci di masticare qualche paroletta di italiano, tutti pronti ad esprimersi in inglese, i richiedenti asilo da ieri hanno trovato spazio, sotto la gestione del “Filo da tessere”, nella palazzina di via Bartolomeo Sella appositamente scelta per ospitarli.  Ma Valle Mosso ha già avuto modo di stringere loro la mano: sabato, nei locali parrocchiali, si è infatti tenuto il pranzo di benvenuto voluto con forza dal parroco don Mario Foglia Parrucin. Una proposta lanciata a tutta la comunità e raccolta da più parti, dai fedeli ai semplici cittadini, sino al gruppo di volontariato vincenziano. Con un risultato concreto: una buona partecipazione all’evento che, per la prima volta, ha permesso ai nuovi arrivati di farsi conoscere. «Sono estremamente gentili e laboriosi - afferma Anna Rita Sartor, del centro di ascolto del gruppo volontariato vincenziano -. E’ stato un bel momento. Una vera dimostrazione di accoglienza e di possibilità di integrazione». I 21 pakistani, che vivranno in miniappartamenti in semiautonomia, sono comunque già frutto di una certa selezione. «Si tratta degli elementi più interessati a questo tipo di percorso di indipendenza - afferma il vicesindaco Alberto Scarangella -: persone che hanno già saputo dimostrare una certa responsabilità e sul cui senso civico sentiamo di poter confidare». Proprio a loro, d’altro canto, è toccata la prima dimostrazione di buona volontà: cucinando uno dei loro piatti tipici, il pollo chapata, per i commensali del pranzo di sabato, mentre i rappresentanti di altre nazionalità e comunità, dall’islamica alla colombiana, sino all’argentina, hanno ricambiato con le loro prelibatezze. «Si è trattato di un momento veramente fraterno - aggiunge il vicesindaco - che ci lascia ben sperare». In paese, d’altrone, continua a regnare una certa diffidenza, come le 450 firme contro gli arrivi dimostrano. I residenti nei pressi della palazzina, soprattutto, restano perplessi, nonostante le rassicurazioni ottenute in un apposito incontro con la Prefettura. Dal canto suo, il Comune afferma di volersi impegnare per integrare al meglio il nuovo gruppo di migranti. Smentita la voce di un’elargizione quotidiana da parte dell’amministrazione, che non sarebbe neppure tecnicamente possibile, il vicesindaco spiega che l’intenzione è «invitarli a svolgere piccole mansioni per il bene della comunità: dalla cura del parco Reda alla pulizia delle strade. Ovviamente come opera di volontariato». Starà però a loro decidere se aderire. Nel caso lo facciano, sarà certamente un bel gesto per favorire l’accettazione anche da parte di chi continua a nutrire diffidenza. 
Veronica Balocco

VALLE MOSSO - Da una parte ci sono 450 firme. E la diffusa paura di qualcosa di “diverso” che ancora non si conosce. Dall’altro c’è un  grande e allegro pranzo di benvenuto, primo segnale di quella fetta di comunità che sceglie di non chiudere le porte ai suoi nuovi arrivati. Valle Mosso si divide così, tra chi teme e chi accoglie, davanti all’arrivo, previsto per ieri, dei 21 migranti pakistani provenienti dalla struttura di via Coda a Chiavazza, in via di chiusura. 

Ormai in Italia da sei mesi, capaci di masticare qualche paroletta di italiano, tutti pronti ad esprimersi in inglese, i richiedenti asilo da ieri hanno trovato spazio, sotto la gestione del “Filo da tessere”, nella palazzina di via Bartolomeo Sella appositamente scelta per ospitarli.  Ma Valle Mosso ha già avuto modo di stringere loro la mano: sabato, nei locali parrocchiali, si è infatti tenuto il pranzo di benvenuto voluto con forza dal parroco don Mario Foglia Parrucin. Una proposta lanciata a tutta la comunità e raccolta da più parti, dai fedeli ai semplici cittadini, sino al gruppo di volontariato vincenziano. Con un risultato concreto: una buona partecipazione all’evento che, per la prima volta, ha permesso ai nuovi arrivati di farsi conoscere. «Sono estremamente gentili e laboriosi - afferma Anna Rita Sartor, del centro di ascolto del gruppo volontariato vincenziano -. E’ stato un bel momento. Una vera dimostrazione di accoglienza e di possibilità di integrazione». I 21 pakistani, che vivranno in miniappartamenti in semiautonomia, sono comunque già frutto di una certa selezione. «Si tratta degli elementi più interessati a questo tipo di percorso di indipendenza - afferma il vicesindaco Alberto Scarangella -: persone che hanno già saputo dimostrare una certa responsabilità e sul cui senso civico sentiamo di poter confidare». Proprio a loro, d’altro canto, è toccata la prima dimostrazione di buona volontà: cucinando uno dei loro piatti tipici, il pollo chapata, per i commensali del pranzo di sabato, mentre i rappresentanti di altre nazionalità e comunità, dall’islamica alla colombiana, sino all’argentina, hanno ricambiato con le loro prelibatezze. «Si è trattato di un momento veramente fraterno - aggiunge il vicesindaco - che ci lascia ben sperare». In paese, d’altrone, continua a regnare una certa diffidenza, come le 450 firme contro gli arrivi dimostrano. I residenti nei pressi della palazzina, soprattutto, restano perplessi, nonostante le rassicurazioni ottenute in un apposito incontro con la Prefettura. Dal canto suo, il Comune afferma di volersi impegnare per integrare al meglio il nuovo gruppo di migranti. Smentita la voce di un’elargizione quotidiana da parte dell’amministrazione, che non sarebbe neppure tecnicamente possibile, il vicesindaco spiega che l’intenzione è «invitarli a svolgere piccole mansioni per il bene della comunità: dalla cura del parco Reda alla pulizia delle strade. Ovviamente come opera di volontariato». Starà però a loro decidere se aderire. Nel caso lo facciano, sarà certamente un bel gesto per favorire l’accettazione anche da parte di chi continua a nutrire diffidenza. 
Veronica Balocco

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