"I cinghiali ci stanno rovinando"
«Il mio pascolo è completamente rovinato. Non ho potuto fare il secondo taglio del fieno, il trattorino è inutilizzabile a causa dei buchi nel terreno, e lasciare le mucche al pascolo è diventato impossibile perché, semplicemente, non c’è più erba». E’ un grido di dolore quello che lancia Olga Valcauda, da Pian dell’Asino. La sua vita, la vita del margaro nelle alte terre della Valle Elvo, è dura già di suo. E non c’è bisogno di spiegare il perché. Ma da qualche tempo per lei le difficoltà vanno ben oltre le normali fatiche quotidiane. «I cinghiali ci stanno letteralmente mandando in rovina - spiega senza mezze parole Olga, facendosi portavoce di un piccolo gruppo di allevatori della zona, da San Grato alle Salvine -. Le nostre terre sono completamente devastate, non sappiamo più che cosa fare». E allora, già appurata l’inutilità delle richieste di risarcimento danni, presentate e mai soddisfatte, non è rimasta che una via: «Alziamo la voce - spiega Olga, che è proprietaria di undici mucche -. E non per protestare a vuoto, bensì per chiedere che qualcuno ci dia una mano. Abbiamo bisogno che qui qualcuno intervenga con i fucili e ci liberi finalmente da questo incubo».
Danni. La denuncia di Olga Valcauda arriva dopo la classica “goccia”. Da mesi gli allevatori della Valle Elvo se la vedono con i cinghiali (o più precisamente, i porcastri), ma i fatti dell’estate appena trascorsa hanno di fatto aggravato - e non di poco la situazione -. «Gli alpeggi sono impraticabili - afferma Olga Valcauda -. Fino a qualche mese fa io me la vedevo, credo, con un solo grosso capo che lasciava orme giganti. Adesso il problema sono le femmine con i piccoli, sicuramente immessi da poco. Alle Salvine ormai è impossibile andare a pascolare e, in più, il problema ha coinvolto anche i cani: uno, ad esempio, non è più tornato a casa ed è stato ritrovato dopo giorni, morto». «I cani da pastore non hanno la capacità di difendersi da un cinghiale», aggiunge, ricordando poi che «i cinghiali sono anche portatori di malattie». Insomma, conclude Olga Valcauda, «è necessario che si faccia davvero qualcosa: una soluzione drastica. Io ora ho risolto le cose portando le mie mucche più in basso, dove i prati non sono ancora intaccati. Ma la prossima primavera, quando dovrò risalire, cosa farò?».
La selezione. Quello dei danni da porcastri è un problema che le associazioni di categoria conoscono bene da tempo, ma contro cui non è mai stata trovata una vera soluzione. «Ricevo costantemente segnalazioni - afferma il segretario dell’Associazione Contadini Cia, Gianfranco Fasanino -, tanto che posso parlare di situazione disastrosa, ma al momento si tratta di un problema senza rimedio. Come associazione (come fatto anche per Olga Valcauda, ndr) non possiamo che presentare i documenti di richiesta risarcimento danni, ma sappiamo bene che non verranno esaudite. La Provincia afferma che i fondi devono arrivare dalla Regione, ma la Regione di fatto non provvede per mancanza di fondi». E’ vero anche che un tempo, quando la norma fu creata, il problema riguardava una parte marginale del territorio piemontese, mentre ora tutta la regione è coinvolta (non a caso, nel Cuneese i sindaci si stanno organizzando proprio in questi giorni per affrontare insieme il problema), ma di fatto la formula risarcimenti oggi come oggi non aiuta più: «Mentre il comparto alpino (i risarcimenti agli agricoltori avvengono ad opera dagli enti gestori della caccia, ndr) sta provvedendo a ripagare i danni nelle zone montane, l'Atc, in pianura, ha risarcito solo il 30% delle richieste del 2011 - prosegue Fasanino -, mentre per quest’anno nessuno ha visto un euro». Quale potrebbe essere, dunque, una soluzione? Fasanino è drastico. «L’ideale - afferma - sarebbe offrire premi in denaro per chi abbatte i capi, ma, essendo questa una strada impraticabile, basterebbe mettere in atto la delibera che da tre anni giace in Provincia, la quale prevede che i proprietari dei terreni possano abbattere direttamente i cinghiali, se in regola con i permessi di caccia, o possano convenzionarsi con un cacciatore». Un rimedio che pare non abbia ricevuto il plauso di tutti i soggetti coinvolti: «Non dimentichiamo - conclude Fasanino - che anche dietro alla caccia al cinghiale c’è un grosso business».