Greenoil: «Su di noi idee sbagliate»

Greenoil: «Su di noi idee sbagliate»
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MOTTALCIATA - «Fare impresa è difficilissimo e lo è ancora di più quando si cerca di fare qualcosa di innovativo, dai risvolti tecnici che si prestano, purtroppo, a facili fraintendimenti e strumentalizzazioni. Per questo, oggi, è necessario fare chiarezza, sgombrando il campo da equivoci e falsità nate da una lettura disinformata e superficiale del nostro progetto». Con queste parole Clelia Lovati, titolare della Greenoil di Mottalciata, ha deciso di replicare a quanti, in questi mesi, hanno alimentato una polemica «fuorviante su quello che è invece un progetto volto alla sostenibilità ambientale e al recupero di rifiuti altrimenti non riciclabili, quali gli olii alimentari esausti».

« L’idea di Greenoil – continua Lovati - è nata due anni fa proprio come risposta ad una duplice esigenza di efficienza e sostenibilità: da un lato, infatti, ci sono gli olii alimentari esausti che possono essere raccolti e che, da rifiuto, possono diventare un’importante risorsa; dall’altro c’è la possibilità di realizzare il biodiesel, un tipo di carburante “verde ” sia in termini di emissioni che di impronta ecologica. Questo è il core business della nostra attività ed è per questa ragione che il fatto di essere paragonati ad attività industriali come un petrolchimico o una centrale nucleare non solo è totalmente scorretto, ma è agli antipodi rispetto alla nostra idea imprenditoriale. Sarebbe come paragonare il DDT alla citronella per scacciare le zanzare».

Nello specifico, il processo industriale di Greenoil prevede la produzione di biodiesel grazie alla trasformazione rispettivamente di un rifiuto e di una materia prima: olio alimentare esausto, risultato da attività di cucina e ristorazione o dalla raccolta differenziata urbana, e sego (grasso fuso ad uso alimentare per la produzione di margarina, sapone e candele, ecc, e a uso zootecnico per la produzione di mangimi per animali ecc. ed uso industriale per la produzione di biodiesel ecc.), un materiale che non verrà “bruciato” né tantomeno “prodotto” nello stabilimento ma che giungerà prelavorato direttamente in autobotti per la produzione di biodiesel, come stabilito dalla normativa vigente. Questo significa che Greenoil non intende trattare o ritirare alcun tipo di materiale caratterizzato da rischi sanitari (comprese quindi carcasse di animali o simili), ma si avvarrà unicamente della materia prima certificata e tracciata da parte di fornitori qualificati già trattata conformemente a quanto previsto dalle normative sanitarie vigenti.

Il processo di creazione di biodiesel, inoltre, consiste in una trasformazione di tipo chimicofisica che non prevede in alcun modo l’utilizzo di un inceneritore. Tale impianto, infatti, non è presente nel progetto Greenoil che, invece, prevede un impianto di cogenerazione alimentato a biodiesel volto a soddisfare il fabbisogno energetico dell’attività. A tale scopo verrà utilizzato un motore Euro 6, quindi caratterizzato da emissioni in atmosfera estremamente ridotte, nettamente inferiori a quelle di molti automezzi normalmente in circolazione per le strade».

R.E.B.

Leggi di più sull'Eco di Biella di lunedì 4 aprile 2016 

MOTTALCIATA - «Fare impresa è difficilissimo e lo è ancora di più quando si cerca di fare qualcosa di innovativo, dai risvolti tecnici che si prestano, purtroppo, a facili fraintendimenti e strumentalizzazioni. Per questo, oggi, è necessario fare chiarezza, sgombrando il campo da equivoci e falsità nate da una lettura disinformata e superficiale del nostro progetto». Con queste parole Clelia Lovati, titolare della Greenoil di Mottalciata, ha deciso di replicare a quanti, in questi mesi, hanno alimentato una polemica «fuorviante su quello che è invece un progetto volto alla sostenibilità ambientale e al recupero di rifiuti altrimenti non riciclabili, quali gli olii alimentari esausti».

« L’idea di Greenoil – continua Lovati - è nata due anni fa proprio come risposta ad una duplice esigenza di efficienza e sostenibilità: da un lato, infatti, ci sono gli olii alimentari esausti che possono essere raccolti e che, da rifiuto, possono diventare un’importante risorsa; dall’altro c’è la possibilità di realizzare il biodiesel, un tipo di carburante “verde ” sia in termini di emissioni che di impronta ecologica. Questo è il core business della nostra attività ed è per questa ragione che il fatto di essere paragonati ad attività industriali come un petrolchimico o una centrale nucleare non solo è totalmente scorretto, ma è agli antipodi rispetto alla nostra idea imprenditoriale. Sarebbe come paragonare il DDT alla citronella per scacciare le zanzare».

Nello specifico, il processo industriale di Greenoil prevede la produzione di biodiesel grazie alla trasformazione rispettivamente di un rifiuto e di una materia prima: olio alimentare esausto, risultato da attività di cucina e ristorazione o dalla raccolta differenziata urbana, e sego (grasso fuso ad uso alimentare per la produzione di margarina, sapone e candele, ecc, e a uso zootecnico per la produzione di mangimi per animali ecc. ed uso industriale per la produzione di biodiesel ecc.), un materiale che non verrà “bruciato” né tantomeno “prodotto” nello stabilimento ma che giungerà prelavorato direttamente in autobotti per la produzione di biodiesel, come stabilito dalla normativa vigente. Questo significa che Greenoil non intende trattare o ritirare alcun tipo di materiale caratterizzato da rischi sanitari (comprese quindi carcasse di animali o simili), ma si avvarrà unicamente della materia prima certificata e tracciata da parte di fornitori qualificati già trattata conformemente a quanto previsto dalle normative sanitarie vigenti.

Il processo di creazione di biodiesel, inoltre, consiste in una trasformazione di tipo chimicofisica che non prevede in alcun modo l’utilizzo di un inceneritore. Tale impianto, infatti, non è presente nel progetto Greenoil che, invece, prevede un impianto di cogenerazione alimentato a biodiesel volto a soddisfare il fabbisogno energetico dell’attività. A tale scopo verrà utilizzato un motore Euro 6, quindi caratterizzato da emissioni in atmosfera estremamente ridotte, nettamente inferiori a quelle di molti automezzi normalmente in circolazione per le strade».

R.E.B.

Leggi di più sull'Eco di Biella di lunedì 4 aprile 2016 

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