«Giù il muro di via Pietro Micca»

«Giù il muro di via Pietro Micca»
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La prima pietra del complesso di San Sebastiano venne posta nel 1504 dal vescovo Giovanni Stefano Ferrero, figlio di Sebastiano, che, dopo aver  lanciato uno scudo d’oro sopra la pietra stessa, cambiò improvvisamente idea e riprese la moneta per consegnarla  al “magister Eusebius fabricator” come acconto delle sue spettanze. Chi era questo Eusebio?  Nemmeno “l’uomo della fabrica di San Sebastiano” del XXI secolo, l’architetto Mauro Vercellotti, che pure di studi sul cenobio rinascimentale ha riempito la sua vita non solo professionale, sa dirlo.  Eusebio e le maestranze dell’epoca fecero della chiesa e del convento un capolavoro. Lo hanno ricordato nei giorni scorsi durante l’ultima affollata conferenza dei “Venerdì al Museo” Vercellotti padre e  il figlio Andrea, anche lui architetto, che hanno raccontato aneddoti anche divertenti sulla storia del recupero trentennale dell’opera, per poi lanciarsi in un accorato appello alla demolizione del muro che dà  su via Pietro Micca. «I progetti, le mappe catastali, l’ordine della città rinascimentale con i muri che cingevano gli orti della “mandorla”, oltre a successivi elementi - hanno detto i due tecnici - dimostrano che  l’affaccio su via Pietro Micca era ampio e spettacolare.  Ora non si può più percepirlo per via del “muro” dell’ex Lanificio scuola della palazzina Piacenza messo sotto tutela con un provvedimento  a nostro giudizio molto discutibile e che contiene almeno otto errori madornali: addirittura non contempla l’Archivio di Stato».

Il Museo. Il restauro del chiostro di San Sebastiano costò circa 12 miliardi di vecchie lire alle amministrazioni cittadine dello scorso secolo che avevano preso in mano un edificio che nell’Ottocento era stato lasciato all’incuria. Iniziata nei primi anni Ottanta del secolo scorso, l’azione restauratrice ha avuto lo scopo di ospitare il Museo civico sotto le nuove vesti filosofiche del Museo del Territorio.  Sotto il sindaco  Borri Brunetto venne riparato negli anni Settanta il tetto del convento con una spesa di 50 milioni di lire. Anche la basilica era stata  ripavimentata e, come nelle famiglie previdenti, si era provveduto a metterne in sicurezza la copertura. L’idea del Museo impiantato nel “chiostro”, piuttosto che al Piazzo, era vecchia e venne fatta propria dal sindaco Squillario che adottò il progetto  Vercellotti  del 1984. Solo a cavallo del Novanta il progetto museale ebbe il suo benestare, mentre comunque i lavori proseguivano e verranno completati con i sindaci Susta e Barazzotto. Vercellotti  incominciò a muoversi laddove, 500 anni prima, avevano messo le mani i Canonici Lateranensi di Oropa insieme a Sebastiano Ferrero per creare un capolavoro rinascimentale «realizzato - hanno spiegato i Vercellotti - con maestranze provenienti dalla Lombardia e dal Canton Ticino, le stesse che venivano impiegate a cavallo del Cinquecento dalla Corte di  Milano, frequentata  da Sebastiano, quando operavano il Bramante e Leonardo da Vinci». 
Nel 1984 i lavori nel complesso di San Sebastiano procedevano intensamente. Mauro Vercellotti, aiutato da immagini e progetti, ha detto della difficile situazione statica del complesso, «che sprofondava», del salone di 465 metri quadrati  al primo piano spezzato dai francesi per l’accesso dei malati in quello che in età napoleonica era un ricovero, dell’acquisto del complesso da parte del Comune nel 1860 per 43mila lire, dell’uso a caserma, magazzino, scuola professionale, fino, ai giorni quasi nostri, come deposito dei motorini sequestrati dal famoso vigile Monformoso, o, infine, come alloggio per i detenuti semiliberi. «Quando abbiamo liberato gli spazi - ha detto Vercellotti - abbiamo portato in discarica 40 camion di roba». Ora il chiostro è un Museo che racconta il territorio e le sue specificità «e presto - ha chiuso Vercellotti - avrà un cortile rifatto come doveva essere nel rispetto delle sue nobili origini».

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