GENIUS LOCI

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Nel mondo della tradizione, il mese di giugno assegna la previsione meteorologica ai santi Medardo e Barnaba ai quali affidarsi per predire il tempo. Fino al 1582, prima della riforma gregoriana del calendario giuliano, il solstizio astronomico risultava spostato rispetto a quello allora conteggiato. Pertanto, per “mettere a posto il tempo”, nell’ottobre di quell’anno, in una sola notte, si passò direttamente dal giorno 5 al 15 dello stesso mese.

Nella memoria popolare, passati oltre quattro secoli, permane ancora il modo predittivo precedente, quando la ricorrenza liturgica dei santi Medardo e Barnaba cadeva a ridosso del solstizio d’estate «Sa pióu a San Medàrd, quaranta dì na vó part», vale a dire: “Se piove a San Medardo (8 giugno), continuerà a piovere per quaranta giorni”, letteralmente: “quaranta giorni vogliono la loro parte”. Questo modo di dire popolare è attestato, con piccole varianti lessicali, da Piedicavallo a Mosso Santa Maria. L’ineluttabilità predittiva che origina da questa previsione trova conforto in un’altra sentenza sapienziale raccolta a Torrazzo: «Sa pióu a San Midàrd pa quaranta dì na vó part, ma i è Barnabè ca i cupa i pè», ossia: “Se piove a San Medardo, continuerà a piovere per quaranta giorni, ma c’è San Barnaba (11 giugno), che gli taglia i piedi”, nel senso che se a San Barnaba fa bello, s’interrompe il cattivo tempo, perché “San Barnaba disfa quello che ha fatto Medardo”, sostiene un altro proverbio presente a Valmosca, frazione di Campiglia Cervo: «San Bàrnaba a disfa sciù ca l’a fac Medàrd”». A Lessona, nota per le sue vigne, si dice ancora che «Sa pióu a Santa Barnabà l’ua bianca as n’an va; sa pióu matin ai sèira ai va la bianca e cula nèira», “Se piove a San Barnaba, l’uva bianca è perduta; se piove mattina e sera è perduta quella bianca  e quella nera”.

Giovanni Savio

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