GENIUS LOCI Sauri biellesi e transumanza

GENIUS LOCI <br> Sauri biellesi e transumanza
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È risaputo come alle lucertole rinasca - a volte bifida - la coda persa per difesa durante i combattimenti. La capacità rigenerativa comune a molti sauri interessa gli studiosi, in particolare quella della salamandra alla quale ricrescono le zampe monche e, addirittura, parte della testa gravemente ferita, occhio e cervello compresi. Un fenomeno ben noto all’uomo della tradizione che vedeva in questa mirabile metamorfosi un potente simbolo di rinascita e di rigenerazione. 

Si sosteneva che, quando l’animale finiva nella stufa, questa si spegneva. Animale del freddo, capace di estinguere addirittura il fuoco, la si associava al mondo dei morti, poiché, come loro, vive nell’oscurità della terra da cui esce, risorgendo come l’orso in primavera dopo il letargo invernale. Secondo credenze popolari, le salamandre non sono demoni ma creature cui Dio ha dato il compito di proteggere il fuoco. Vivono nel fuoco e lo estinguono. Questa caratteristica è presente nella figura fantastica del drago, capace di generare e di eruttare fuoco senza ustionarsi. La capacità del sauro di spegnere il fuoco indicherebbe la fine del tempo invernale, con lo spegnimento dei fuochi solstiziali, associato alla Pasqua “alta”, prossima al 25 aprile - che mai supera tale data - presidiata da santi sauroctoni e draghi processionali. Su alcuni campani messi alle mucche della Valle dell’Elvo, è possibile notare la riproduzione in bronzo della Madonna nera di Loreto venerata nell’omonimo santuario di Graglia e, sull’altro, un orso proteso verso una salamandra: l’animale mitico associato a San Michele che trafigge con la spada il drago posto sotto i suoi piedi. L’Arcangelo è molto venerato dai pastori transumanti; le due date della ricorrenza della sua festa (7-8 maggio e 29 settembre) segnavano e segnano - condizioni meteorologiche permettendo - l’ascesa e la discesa dai pascoli alpini. A Torrazzo si afferma che «Ai piuvéri ‘d mag r culi ‘d San Michél a sta gni ‘n cél», vale a dire, “le piogge di maggio e quelle di San Michele non stanno in cielo”, ossia, si ripetono puntualmente tutti gli anni.

Giovanni Savio

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