C'è un tecnico biellese sull'elicottero del Monte Bianco

C'è un tecnico biellese sull'elicottero del Monte Bianco
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(14 NOV) C’era anche lui lassù, oltre i quattromila, dove tutto cambia: l’aria, il freddo, il colore del cielo, che è tanto più blu di quando lo si osserva qualche migliaio di metri più a valle, in mezzo alla civiltà. C’era anche lui tra coloro che giovedì scorso hanno avvistato, appena sotto la punta Walker, sulle Grandes Jorasses, nel massiccio del Monte Bianco, il lembo della giacca rossa di Charlotte del Metz Nobcat, di Fontainebleu, madre di due figli di 7 e di 10 anni, e la sua guida, Olivier Sourzac, 47 anni, di Saint Gervais. Erano l’una accanto all’altro, quasi sdraiati, coperti dalla nevicata, legati alla parete, uccisi dalla “morte bianca”, il gelo che ti accompagna in un sonno senza risveglio. Alberto Boglietti, 46 anni, di Biella, sposato, un figlio, è il tecnico dell’elicottero del Soccorso alpino di Aosta. (14 NOV) C’era anche lui lassù, oltre i quattromila, dove tutto cambia: l’aria, il freddo, il colore del cielo, che è tanto più blu di quando lo si osserva qualche migliaio di metri più a valle, in mezzo alla civiltà. C’era anche lui tra coloro che giovedì scorso hanno avvistato, appena sotto la punta Walker, sulle Grandes Jorasses, nel massiccio del Monte Bianco, il lembo della giacca rossa di Charlotte del Metz Nobcat, di Fontainebleu, madre di due figli di 7 e di 10 anni, e la sua guida, Olivier Sourzac, 47 anni, di Saint Gervais. Erano l’una accanto all’altro, quasi sdraiati, coperti dalla nevicata, legati alla parete, uccisi dalla “morte bianca”, il gelo che ti accompagna in un sonno senza risveglio. Alberto Boglietti, 46 anni, di Biella, sposato, un figlio, è il tecnico dell’elicottero del Soccorso alpino di Aosta (a turno lavora anche alla base di Torino) che giovedì scorso ha rintracciato e recuperato i corpi dei due alpinisti francesi ingoiati all’inizio della settimana scorsa dalla bufera di neve, con raffiche di vento fino a 120 chilometri all’ora. E’ lui che manovra il verricello, che cala medici, guide e soccorritori sui luoghi degli incidenti in montagna, che decide se effettuare “verricellate” corte, di una manciata di metri, oppure lunghe, fino a settanta metri. Che controlla imbracature, che coadiuva il pilota nelle manovre di avvicinamento ai luoghi degli interventi, quelle che fanno venire i brividi, lungo pareti a strapiombo delle montagne più alte d’Europa o su ghiacciai eterni di quei giganti immobili in un infinito riposo. La sintonia con l’uomo della cloche dev’essere perfetta, senza sbavature. Quasi un’entità unica: pilota, macchina, tecnico. A quelle altitudini bastano 10-15 nodi di vento in più per non riuscire a portare a termine una missione.
«La ricerca dei due alpinisti è iniziata lunedì - racconta Alberto Boglietti, con ormai dodici anni di esperienza sul groppone che, tradotto in numero di interventi, si perdono i conti -. Ma purtroppo il meteo avverso ci ha costretti a rimanere a terra, a Courmayeur. Martedì una piccola apertura ci ha permesso di salire in quota e di cominciare le ricerche in sintonia con i colleghi della gendarmerie sul versante francese...».
Con il carburante necessario per stare in volo una ventina di minuti («Con un peso eccessivo non si raggiungono quelle quote»), il comandante dell’elicottero, Giancarlo Farinetti, e il tecnico biellese, hanno portato sulle Grande Jorasses il loro Agusta Av 139 della “Air Green”, società di Cafasse, nelle Valli di Lanzo: «Una macchina stupenda - conferma Boglietti che ogni sera l’accudisce, la prepara, se la coccola e verifica che tutto funzioni sempre alla perfezione prima di dare il via libera al volo il mattino successivo alle 7 e 30 -, una sorta di Ferrari degli elicotteri. Ma di tracce non ne abbiamo purtroppo viste. Il maltempo è quindi ricominciato. Giusto il tempo di posare dei pali con dei prismi e una macchina fotografica in grado di scattare una foto ogni tre ore per monitorare un seracco che si sta staccando, e poi siamo ridiscesi alla base. Il giorno dopo il responsabile del Soccorso alpino valdostano, Oscar Taiale, ci ha detto di tenerci pronti perché il meteo si sarebbe di nuovo messo al bello. In effetti giovedì era tutto sereno. Permanevano solo alcune nuvole basse, ma nulla di preoccupante. Intorno alle 9 abbiamo quindi fatto un primo giro di ricognizione, ma senza avvistare nulla....».
Le Jorasse avevano un abito andino, con mucchi di neve a fungo e creste inghirlandate a festa. «Eravamo da poco rientrati a Courmayeur quando, verso le 11, abbiamo ricevuto la chiamata dai gendarmi - prosegue il tecnico biellese -. Li avevano trovati: un lembo della giacca rossa di Charlotte era stato avvistato sulla Wakker, a circa 4.025 metri. Era sul versante italiano, il recupero spettava a noi. Siamo partiti con a bordo il medico Andrea Ortu, la guida Dario Brocherel e il finanziere Daniele Ollier. Abbiamo cominciato a girare senza avvistare nulla. Poi alle 11 e 45 sono riuscito a vedere quel lembo di pile rosso. A quell’altitudine è facile confondersi a causa dei riflessi sulle pietre e sul ghiaccio. Abbiamo così deciso di far scendere con una verricellata corta la guida e il medico. Sotto la neve c’erano proprio i due alpinisti francesi, la guida e la sua cliente, entrambi morti assiderati: il maltempo li aveva costretti a fare sosta in quella piccola nicchia rocciosa dove non hanno avuto scampo...».
Nonostante al momento del ritrovamento il sole illuminasse in pieno ogni cresta e ogni parete innevata e tormentata dal gelo, la temperatura toccava i meno 20 gradi. Dopo aver recuperato il medico, dall’elicottero è stato calato il finanziere. I due esperti soccorritori hanno cominciato a scavare mente il potente Agusta è sceso a fare carburante. «Quando siamo tornati in quota i due corpi erano stati liberati. Li abbiamo quindi agganciati per trasportarli quasi alla cima, in un incavo del ghiacciaio che ci ha permesso di appoggiare il carrello. Dopo aver caricato i nostri due compagni e i corpi dei due alpinisti, siamo quindi ridiscesi alla base di Courmayeur...».
Alberto Boglietti di tacche in termini di missioni effettuate ne ha a centinaia: «Eppure, quando accadono queste tragedie, non si può rimanere insensibili...».
Valter Caneparo

14 novembre 2011

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