D'Onofrio ricorre in appello

Pubblicato:
Aggiornato:

(27 mag) Ricorso alla Corte d’assise d’appello di Torino per Franco D’Onofrio, condannato in primo grado a vent’anni di carcere per l’omicidio di Ibrahim M’Bodj, avvenuto nel novembre del 2009. L’avvocato Sandro Delmastro ha depositato la richiesta nei giorni scorsi, spiegando il suo documento.

L’offensiva. Delmastro ha elaborato un vero e proprio memoriale, smontando le tesi della pubblica accusa, che portarono lo scorso gennaio alla dura condanna nei confronti dell’artigiano di Zumaglia, detenuto a Vercelli. Diversi i punti in ragione dei quali viene formulata la richiesta di assoluzione dall’accusa di omicidio volontario inflitta dal Tribunale di Biella, con alcune aggravanti quali la crudeltà, come chiese e ottenne il pubblico ministero Giorgio Reposo.
Ricorso alla Corte d’assise d’appello di Torino per Franco D’Onofrio, condannato in primo grado a vent’anni di carcere per l’omicidio di Ibrahim M’Bodj, avvenuto nel novembre del 2009. L’avvocato Sandro Delmastro ha depositato la richiesta nei giorni scorsi, spiegando il suo documento.

L’offensiva. Delmastro ha elaborato un vero e proprio memoriale, smontando le tesi della pubblica accusa, che portarono lo scorso gennaio alla dura condanna nei confronti dell’artigiano di Zumaglia, detenuto a Vercelli. Diversi i punti in ragione dei quali viene formulata la richiesta di assoluzione dall’accusa di omicidio volontario inflitta dal Tribunale di Biella, con alcune aggravanti quali la crudeltà, come chiese e ottenne il pubblico ministero Giorgio Reposo.

Primo. Il ruolo dei testimoni. Nel documento difensivo, infatti, parrebbe che l’avvocato Delmastro solleciti una maggiore attenzione alle testimonianze che in sede dibattimentale sostennero a più riprese il rapporto di amicizia tra M’Bodj e D’Onofrio. Testimonianze che, invece, in primo grado, furono ritenute ininfluenti, così come l’atteggiamento d’aiuto nei confronti dell’immigrato, con problemi di residenza e di soldi.

Aggressore e aggredito. Il documento di Delmastro inoltre insisterebbe sul ruolo di legittima difesa del suo assistito, alla luce della revisione dell’articolo 52 del codice penale. L’obiettivo dovrebbe quindi essere di ottenere il riconoscimento della “legittime difesa speciale”. Questo tema non sarebbe del tutto nuovo nella strategia difensiva, ma il quadro d’insieme ora proposto potrebbe essere arricchito da una ricostruzione più ampia del giorno della tragedia: M’Bodj era ubriaco, violò il domicilio di D’Onofrio, lo minacciò, l’aggredì ed ebbe la peggio. Questo per confutare una serie di ricostruzioni del processo di primo grado (con rito abbreviato): la violenza dei colpi che inflisse D’Onofrio con l’arma del delitto (un coltello) e la precisione nel raggiungere organi vitali. Il piano si ribalterebbe, insomma. La morale potrebbe dunque essere: D’Onofrio si difendeva. E se la difesa era legittima, perché i periti hanno insistito e sottolineato un suo comportamento di crudeltà?

Corpo a corpo. Anche il quadro dello scontro dovrebbe essere rivisto, per Delmastro e il suo assistito. Per la difesa infatti ci sarebbe stata una colluttazione, che D’Onofrio voleva evitare, punzecchiando il rivale con il coltello, per tenerlo a distanza (da qui alcune ferite al mento). Ci sarebbe poi da tenere in considerazione lo stato d’ira del D’Onofrio, vittima di una situazione violenta non voluta.

La tragedia. Il delitto avvenne per ragioni di soldi. M’Bodj lavorava per D’Onofrio. La cifra in ballo era di alcune centinaia di euro. M’Bodj chiese aiuto al fratello sindacalista Adam, autore di una drammatica telefonata pochi istanti prima del delitto. Che ora i giudici torinesi dovranno riesaminare, comunicando la data del nuovo processo. Nella foto D'Onofrio esce dal Tribunale di Biella

27 maggio 2011

Seguici sui nostri canali