«Dedicate via o piazza a don Bertola»

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COSSATO - Al sindaco e alla giunta comunale è pervenuta in questi giorni la proposta di intitolare al compianto don Felice Bertola una piazza o una via (esempio via o piazza Chiesa) ad un secolo dalla sua nascita. Il sacerdote era stato vicario foraneo di Cossato dal 1955 al 1970, lasciando un indelebile ricordo e tanta riconoscenza in quanti l’hanno conosciuto: una persona che ha curato i suoi figli spirituali con l’attenzione gratuita che un padre dovrebbe sempre avere e non solo per le necessità spirituali.Negli anni ’50 e ’60 per venire incontro a tante mamme lavoratrici, in difficoltà per l’assenza di un asilo, dove affidare i propri bambini, don Felice non esitò a rivolgersi alle famiglie industriali del paese e, nell’arco di pochi anni, riuscì  ad aprire un asilo nido accanto all’asilo del centro, già esistente, un asilo a Castellazzo e un altro ancora al Vallone.Ma don Felice pensò anche agli anziani: la piccola casa di riposo attigua alla chiesa dell’Assunta, non bastava più. Tra i suoi tanti impegni pastorali, si adoperò con affanno e anche la casa di riposo divenne una realtà, accanto all’asilo del Vallone, con una sua chiesa a servizio della comunità locale, guidata in modo superbo da tre suore dell’Ordine di San Gaetano. Il compianto vicario fece ristrutturare la ‘’Casa della gioventù’’, che, oltre all’oratorio, fu anche di notevole supporto alla scuola pubblica.Il vicario pensò di invitare, in un paese in continua crescita, dei religiosi che lo potessero affiancare nell’apostolato cristiano e si avvalse di un’altra opera: la nuova chiesa della Spolina, donando la restante parte di terreno alla Provincia dei Padri Cappuccini, per erigere il convento, che fu inaugurato nel 1966.Nei primi anni ’60, venne avviata la costruzione di un condominio, all’angolo fra piazza chiesa e via Mazzini, l’esperienza più faticosa e, allo stesso tempo, più dolorosa perché non venne capita. Le intenzioni di don Felice erano premurose: sapeva che tutte le opere prodotte, in quegli anni, dovevano essere finanziate in qualche modo; pensava non solo ai suoi figli, ma anche ai figli dei suoi figli, come amministratore saggio e previdente. Ma la gente definì quell’opera  come il ‘’Condominio del prete’’ e il sacerdote ne soffrì molto.Dopo tre lustri di indefesso lavoro, a 54 anni, don Felice, colpito da una flebite, chiese e ottenne dal vescovo Rossi di raggiungere il Santuario di Oropa, dove rimase per 30 anni, come canonico, senza però mai ostentarne il titolo, nonché come vicerettore.Franco Graziola

COSSATO - Al sindaco e alla giunta comunale è pervenuta in questi giorni la proposta di intitolare al compianto don Felice Bertola una piazza o una via (esempio via o piazza Chiesa) ad un secolo dalla sua nascita. Il sacerdote era stato vicario foraneo di Cossato dal 1955 al 1970, lasciando un indelebile ricordo e tanta riconoscenza in quanti l’hanno conosciuto: una persona che ha curato i suoi figli spirituali con l’attenzione gratuita che un padre dovrebbe sempre avere e non solo per le necessità spirituali.Negli anni ’50 e ’60 per venire incontro a tante mamme lavoratrici, in difficoltà per l’assenza di un asilo, dove affidare i propri bambini, don Felice non esitò a rivolgersi alle famiglie industriali del paese e, nell’arco di pochi anni, riuscì  ad aprire un asilo nido accanto all’asilo del centro, già esistente, un asilo a Castellazzo e un altro ancora al Vallone.Ma don Felice pensò anche agli anziani: la piccola casa di riposo attigua alla chiesa dell’Assunta, non bastava più. Tra i suoi tanti impegni pastorali, si adoperò con affanno e anche la casa di riposo divenne una realtà, accanto all’asilo del Vallone, con una sua chiesa a servizio della comunità locale, guidata in modo superbo da tre suore dell’Ordine di San Gaetano. Il compianto vicario fece ristrutturare la ‘’Casa della gioventù’’, che, oltre all’oratorio, fu anche di notevole supporto alla scuola pubblica.Il vicario pensò di invitare, in un paese in continua crescita, dei religiosi che lo potessero affiancare nell’apostolato cristiano e si avvalse di un’altra opera: la nuova chiesa della Spolina, donando la restante parte di terreno alla Provincia dei Padri Cappuccini, per erigere il convento, che fu inaugurato nel 1966.Nei primi anni ’60, venne avviata la costruzione di un condominio, all’angolo fra piazza chiesa e via Mazzini, l’esperienza più faticosa e, allo stesso tempo, più dolorosa perché non venne capita. Le intenzioni di don Felice erano premurose: sapeva che tutte le opere prodotte, in quegli anni, dovevano essere finanziate in qualche modo; pensava non solo ai suoi figli, ma anche ai figli dei suoi figli, come amministratore saggio e previdente. Ma la gente definì quell’opera  come il ‘’Condominio del prete’’ e il sacerdote ne soffrì molto.Dopo tre lustri di indefesso lavoro, a 54 anni, don Felice, colpito da una flebite, chiese e ottenne dal vescovo Rossi di raggiungere il Santuario di Oropa, dove rimase per 30 anni, come canonico, senza però mai ostentarne il titolo, nonché come vicerettore.Franco Graziola

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