DALLA SVEZIA: PATRIZIA GARZENA

DALLA SVEZIA: PATRIZIA GARZENA
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Katrineholm. L’anno accademico sta finendo. Così com’era partita in anticipo rispetto al calendario italiano, la scuola svedese di ogni ordine e grado si avvia alla chiusura delle lezioni entro la fine di maggio. Andare all’università in Svezia è molto diverso rispetto a quello che ricordavo della mia esperienza in Italia.

L’approccio didattico, i tempi e l’organizzazione sono stati, per molti aspetti, una vera sorpresa. Intanto, a differenza dell’Italia, si segue un corso alla volta che dura circa tre-quattro settimane e che termina con l’esame. Questo aiuta molto a concentrarsi sulla materia che si sta seguendo e a non perdersi, come a me succedeva, quando dovevo seguire lezioni su argomenti diversi nello stesso periodo. La sequenza dei corsi ha una logica molto chiara, tanto che è facile e rassicurante individuare il “filo rosso” che li lega e verificare, da soli al di là del risultato dell’esame, che si sta assimilando nuova conoscenza. La differenza più importante però è che si è praticamente obbligati a studiare in gruppo. Ogni classe viene divisa in un certo numero di “gruppi di base” che, il primo giorno di lezione, si organizzano con una sorta di “contratto interno” per lavorare insieme. L’attività principale dei gruppi sono i seminari nei quali ci si incontra e si discutono i testi attinenti ai vari corsi. Ogni esame finale consiste in due o tre relazioni di questi seminari, scritte collettivamente, in uno studio sul campo realizzato individualmente e che di solito è seguito da una presentazione alla classe. A volte si aggiunge uno scritto, anche questo individuale, che si fa a casa e viene poi spedito al docente. 

Patrizia Garzena

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