«Contro i cinghiali servono fatti»

«Contro i cinghiali servono fatti»
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BIELLA - Inorridisce, il presidente provinciale Emanuele Ramella Pralungo, davanti alle critiche che gli piovono sulla testa da otto associazioni ambientaliste del territorio. Unite sotto l’egida di Legambiente, Aspa Animali solo per amore onlus, Nata Libera Onlus, Lipu, Rifugio Degli Asinelli onlus, Leal, Meta onlus e Associazione Istanza popolare  Biella hanno scelto la strada della lettera, inviata per conoscenza a tutti gli organi di stampa, per prendere pubblicamente posizione contro le linee che l’ente di via Quintino Sella sarebbe in procinto di attuare per affrontare l’emergenza cinghiali. E la posizione, in particolare nei confronti delle scelte di Ramella Pralungo, non è delle più morbide. Il presidente, coadiuvato dai tecnici e dal consiglio provinciale, è in questi giorni al lavoro per rivedere il piano di abbattimento dei porcastri, di durata triennale e ormai in via di scadenza. Ed è proprio questo a non piacere agli ambientalisti, i quali accusano Ramella di non «coinvolgere effettivamente chi si occupa di ambiente e salvaguardia del territorio, ma sempre discutendo esclusivamente con chi ha un interesse diretto ma improprio, ovvero i cacciatori», che secondo le associazioni rappresenterebbero per il presidente «un buon bacino di voti». «Il nuovo programma d’intervento  - e qui starebbe il succo dell’eccezione sollevata dagli ambientalisti -  si limita al mero aggiornamento delle linee guida che hanno istruito le precedenti e fallimentari azioni di contenimento. Il Presidente della Provincia paventa esclusivamente l'incremento delle azioni di caccia, autorizzando, se necessario, anche l'operatività di squadre di cacciatori provenienti da fuori provincia, ritenendo, purtroppo, che  lo sterminio totale degli ungulati  sia l’unica e più efficace strada per risolvere il problema, ignorando le esperienze intraprese in altri territori, i risultati (fallimentari) ottenuti con i piani di abbattimento e senza prendere in considerazione le possibili tecniche “alternative” per il contenimento della fauna». Una valutazione cui le associazioni affiancano, al termine di una lunga disamina dei rischi che deriverebbero dalla pratica della caccia, la proposta di affrontare il problema «con serie analisi naturalistiche e faunistiche, nonché invitando ed ascoltando le associazioni che hanno a cuore, ed anche competenza, nel campo della tutela dell’ambiente , del territorio e della fauna selvatica».Ramella Pralungo, però, rimanda con decisione l’accusa al mittente. «Questa è pura follia - afferma -. Tralasciando il fatto che gli ambientalisti hanno forse sbagliato destinatario della lettera, dal momento che sferrano una critica alla caccia, sulla quale la Provincia non ha alcun potere decisionale, credo che si sia letteralmente perso il senso della realtà. Qui siamo di fronte a un problema serio e molto grave, che mi è stato fatto presente ufficialmente da trenta sindaci. Non solo. Siamo davanti anche ai più drammatici dati mai registrati sul territorio: oltre 20 sinistri stradali in meno di un anno certificati dalla Provincia, contro una media di 5. Senza calcolare che quelli effettivi, nei quali non interveniamo, sono molti di più. E ancora, tentativi di aggressione nei boschi, porcastri pericolosamente vicini alle case, coltivazioni devastate. Tutte queste non sono invenzioni». Il quadro, così preoccupante, richiederebbe per il Presidente armi che vadano oltre le semplici analisi scientifiche: «Qui servono fatti. Serve un piano di abbattimento serio, studiato e ragionato, che possa consentirci di affrontare l’emergenza e di risolverla in modo deciso. Senza fare gli interessi di nessuno: certamente non queli dei cacciatori, considerato anche che non sono miei elettori, essendo io eletto in modo indiretto, e considerato che a priori non nutro tutta questa simpatia verso la pratica venatoria». Ramella Pralungo, tuttavia, al di là delle preferenze personali è certo che il problema a questo punto debba essere affrontato con empirismo. «Le linee guida saranno due: il contenimento e il controllo anti-immissioni - afferma -. Perché sappiamo benissimo che qui ci sono persone che si divertono a reintrodurre i porcastri per poi dedicarsi alla loro passione. E’ questo il motivo per cui, anche in sede regionale, è stato fermamente osteggiata la proposta dei cacciatori di ampliare il periodo di caccia: quello della necessità di contenimento non deve essere l’alibi per un “ricattino”». Nei giorni scorsi Ramella Pralungo ha già avuto modo di consultarsi con le associazioni venatorie, recependo le loro osservazioni in merito al nuovo piano. «Io sono disponibile ad ascoltare le ragioni di tutte le parti in causa - spiega il presidente -, compresi gli ambientalisti. Eppure qui mi pare che le posizioni delle associazioni siano arrivate innanzitutto alla stampa, ancor prima che ci fosse la possibilità di dialogare».Veronica Balocco

BIELLA - Inorridisce, il presidente provinciale Emanuele Ramella Pralungo, davanti alle critiche che gli piovono sulla testa da otto associazioni ambientaliste del territorio. Unite sotto l’egida di Legambiente, Aspa Animali solo per amore onlus, Nata Libera Onlus, Lipu, Rifugio Degli Asinelli onlus, Leal, Meta onlus e Associazione Istanza popolare  Biella hanno scelto la strada della lettera, inviata per conoscenza a tutti gli organi di stampa, per prendere pubblicamente posizione contro le linee che l’ente di via Quintino Sella sarebbe in procinto di attuare per affrontare l’emergenza cinghiali. E la posizione, in particolare nei confronti delle scelte di Ramella Pralungo, non è delle più morbide. Il presidente, coadiuvato dai tecnici e dal consiglio provinciale, è in questi giorni al lavoro per rivedere il piano di abbattimento dei porcastri, di durata triennale e ormai in via di scadenza. Ed è proprio questo a non piacere agli ambientalisti, i quali accusano Ramella di non «coinvolgere effettivamente chi si occupa di ambiente e salvaguardia del territorio, ma sempre discutendo esclusivamente con chi ha un interesse diretto ma improprio, ovvero i cacciatori», che secondo le associazioni rappresenterebbero per il presidente «un buon bacino di voti». «Il nuovo programma d’intervento  - e qui starebbe il succo dell’eccezione sollevata dagli ambientalisti -  si limita al mero aggiornamento delle linee guida che hanno istruito le precedenti e fallimentari azioni di contenimento. Il Presidente della Provincia paventa esclusivamente l'incremento delle azioni di caccia, autorizzando, se necessario, anche l'operatività di squadre di cacciatori provenienti da fuori provincia, ritenendo, purtroppo, che  lo sterminio totale degli ungulati  sia l’unica e più efficace strada per risolvere il problema, ignorando le esperienze intraprese in altri territori, i risultati (fallimentari) ottenuti con i piani di abbattimento e senza prendere in considerazione le possibili tecniche “alternative” per il contenimento della fauna». Una valutazione cui le associazioni affiancano, al termine di una lunga disamina dei rischi che deriverebbero dalla pratica della caccia, la proposta di affrontare il problema «con serie analisi naturalistiche e faunistiche, nonché invitando ed ascoltando le associazioni che hanno a cuore, ed anche competenza, nel campo della tutela dell’ambiente , del territorio e della fauna selvatica».

Ramella Pralungo, però, rimanda con decisione l’accusa al mittente. «Questa è pura follia - afferma -. Tralasciando il fatto che gli ambientalisti hanno forse sbagliato destinatario della lettera, dal momento che sferrano una critica alla caccia, sulla quale la Provincia non ha alcun potere decisionale, credo che si sia letteralmente perso il senso della realtà. Qui siamo di fronte a un problema serio e molto grave, che mi è stato fatto presente ufficialmente da trenta sindaci. Non solo. Siamo davanti anche ai più drammatici dati mai registrati sul territorio: oltre 20 sinistri stradali in meno di un anno certificati dalla Provincia, contro una media di 5. Senza calcolare che quelli effettivi, nei quali non interveniamo, sono molti di più. E ancora, tentativi di aggressione nei boschi, porcastri pericolosamente vicini alle case, coltivazioni devastate. Tutte queste non sono invenzioni». Il quadro, così preoccupante, richiederebbe per il Presidente armi che vadano oltre le semplici analisi scientifiche: «Qui servono fatti. Serve un piano di abbattimento serio, studiato e ragionato, che possa consentirci di affrontare l’emergenza e di risolverla in modo deciso. Senza fare gli interessi di nessuno: certamente non queli dei cacciatori, considerato anche che non sono miei elettori, essendo io eletto in modo indiretto, e considerato che a priori non nutro tutta questa simpatia verso la pratica venatoria». Ramella Pralungo, tuttavia, al di là delle preferenze personali è certo che il problema a questo punto debba essere affrontato con empirismo. «Le linee guida saranno due: il contenimento e il controllo anti-immissioni - afferma -. Perché sappiamo benissimo che qui ci sono persone che si divertono a reintrodurre i porcastri per poi dedicarsi alla loro passione. E’ questo il motivo per cui, anche in sede regionale, è stato fermamente osteggiata la proposta dei cacciatori di ampliare il periodo di caccia: quello della necessità di contenimento non deve essere l’alibi per un “ricattino”». Nei giorni scorsi Ramella Pralungo ha già avuto modo di consultarsi con le associazioni venatorie, recependo le loro osservazioni in merito al nuovo piano. «Io sono disponibile ad ascoltare le ragioni di tutte le parti in causa - spiega il presidente -, compresi gli ambientalisti. Eppure qui mi pare che le posizioni delle associazioni siano arrivate innanzitutto alla stampa, ancor prima che ci fosse la possibilità di dialogare».

Veronica Balocco

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