Cinghiali, emergenza fuori controllo

Cinghiali, emergenza fuori controllo
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Il problema, come spesso accade nelle vicende umane, nasce quando gli interessi non si incrociano. Esigenze diverse, di parti spesso opposte, difficili da conciliare. Soprattutto quando le volontà restano lontane. Ma si sa, questo è il mondo. E quando cacciatori sparano e agricoltori raccolgono resta arduo, molte volte, creare l’idillio. Eppure, in gioco c’è una posta alta. Ed è questo il motivo per cui la partita torna di attualità: sull’emergenza cinghiali, realmente mai sopita e costantemente denunciata, si snoda anche il filo di un intero comparto. L’agricoltura. L’allevamento. Che oggi lancia il suo ennesimo grido di dolore davanti al nuovo, complicato tassello di una vicenda senza fine.

Se quello della presenza dei porcastri sul territorio biellese è un fatto di notorietà ormai assodata, quello che forse pochi sanno è che da quest’anno il controllo numerico della specie, fatta eccezione per il periodo venatorio, è praticamente ridotto a zero. «Già. Proprio così - spiega il segretario dell’associazione Contadini Cia di Biella, Gianfranco Fasanino -. Da quest’anno la burocrazia ha reso impossibile l’attività dei selettori, un’ottantina abilitati in tutta la provincia, che fino all’anno scorso, organizzati in squadre, mantenevano un certo controllo sulla presenza dei cinghiali sul territorio». Non era certo la panacea dei mali, considerato che i cinghiali coprono in poche ore distanze enormi e provocano danni incalcolabili a prati e terreni, ma certo rappresentava una forma di tutela. «Soprattutto per gli agricoltori - afferma Fasanino -, che in questo modo potevano contare su una forma di tranquillità psicologica data dal fatto di poter chiedere l’intervento della squadra, capace comunque di allontanare l’animale anche quando non riuscisse ad ucciderlo, in caso di danni». 

Veronica Balocco

Leggi di più sull’Eco di Biella di lunedì 22 giugno 2015 

Il problema, come spesso accade nelle vicende umane, nasce quando gli interessi non si incrociano. Esigenze diverse, di parti spesso opposte, difficili da conciliare. Soprattutto quando le volontà restano lontane. Ma si sa, questo è il mondo. E quando cacciatori sparano e agricoltori raccolgono resta arduo, molte volte, creare l’idillio. Eppure, in gioco c’è una posta alta. Ed è questo il motivo per cui la partita torna di attualità: sull’emergenza cinghiali, realmente mai sopita e costantemente denunciata, si snoda anche il filo di un intero comparto. L’agricoltura. L’allevamento. Che oggi lancia il suo ennesimo grido di dolore davanti al nuovo, complicato tassello di una vicenda senza fine.

Se quello della presenza dei porcastri sul territorio biellese è un fatto di notorietà ormai assodata, quello che forse pochi sanno è che da quest’anno il controllo numerico della specie, fatta eccezione per il periodo venatorio, è praticamente ridotto a zero. «Già. Proprio così - spiega il segretario dell’associazione Contadini Cia di Biella, Gianfranco Fasanino -. Da quest’anno la burocrazia ha reso impossibile l’attività dei selettori, un’ottantina abilitati in tutta la provincia, che fino all’anno scorso, organizzati in squadre, mantenevano un certo controllo sulla presenza dei cinghiali sul territorio». Non era certo la panacea dei mali, considerato che i cinghiali coprono in poche ore distanze enormi e provocano danni incalcolabili a prati e terreni, ma certo rappresentava una forma di tutela. «Soprattutto per gli agricoltori - afferma Fasanino -, che in questo modo potevano contare su una forma di tranquillità psicologica data dal fatto di poter chiedere l’intervento della squadra, capace comunque di allontanare l’animale anche quando non riuscisse ad ucciderlo, in caso di danni». 

Veronica Balocco

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