Case di riposo, settore a rischio

Case di riposo, settore a rischio
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 Sul fatto che il sistema “case di riposo” debba essere rinnovato, sono entrambi d’accordo. Ad allontanarli è, invece, l’ipotesi di chiudere alcune strutture, che deriva dalla constatazione che sì, le case di riposo nel Biellese sono troppe, soprattutto in relazione alle spese per il loro mantenimento.

Abbiamo chiesto a loro, impegnati come portavoce delle case di riposo biellesi sul tavolo della Regione e non solo, di delineare dall’interno questo sistema. Rodolfo Caridi, presidente del Grab (Gruppo Residenze Assistenziali Biellesi), e Stefano Morenghi, rappresentante del Ccrb (Coordinamento Case di Riposo del Biellese), seguono rispettivamente 11 e 16 strutture, sparse nella provincia. Sulle difficoltà di bilancio Stefano Morenghi è netto: «Le strutture che stanno male, oggi, pagano i frutti del passato: in particolare, penso a quelle legate a doppio filo con i Comuni e ad avvicendamenti, nella gestione, di sfondo politico». Quanto alle cause dell’instabilità di alcune residenze assistenziali, Rodolfo Caridi elenca i rigorosi standard richiesti dalla Regione in termini di qualità del servizio, che è stato portato a un rilievo di tipo sanitario. Segue la messa a norma degli edifici; un grattacapo, se chi vi ha investito teme di non poter far fronte al mutuo: «Tanto che due case di riposo su tre frenano sull’investimento», secondo Morenghi. Non mancano le spese quotidiane: il Ccrb sta cercando di mettere in atto un progetto di risparmio, attraverso il “Consorzio per l’acquisto e la condivisione dei servizi comuni”.

L’eccesso biellese: si deve chiudere? Per il presidente del Grab, l’esubero di 300 posti letto nel Biellese, rispetto all’indice consentito, trova una sola soluzione: «Ci sono, nello stesso tempo, molti letti non occupati. Occorre chiudere le case di riposo semivuote o non a norma». Non ne è del tutto convinto il coordinatore del Ccrb: «È un grosso onere economico, è vero. Però va tenuto conto della conformazione del Biellese. Non è giusto privare l’anziano di una struttura nel suo centro. Si impoverirebbero le vallate». Si può, tuttavia, ragionare per plessi, propone Caridi: «Uno per la Valle Mosso, uno per la Valle Elvo e uno per Biella e vicinanze».
Non più case di riposo per tutti. Il futuro - dicono - è fatto di sinergia fra le strutture e dall’assistenza domiciliare. Prospetta Morenghi: «Ogni struttura dovrebbe specializzarsi. Inoltre, si va verso un servizio a domicilio, per i casi meno gravi. Nel Nord Europa, già funziona così: le vecchie case di riposo funzionano da centrali operative, dalle quali partono gli infermieri o i pasti del giorno, e monitorano movimenti e bisogni degli anziani».

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