Botte e terrore tra le mura di casa

Botte e terrore tra le mura di casa
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Altre tre terribili storie di maltrattamenti sono sfociate nei giorni scorsi davanti al giudice dell’udienza preliminare, Anna Ferretti. Un caso al giorno di violenza in seno alla famiglia oppure di stalking. Domeniche comprese. E’ il pesantissimo carico sul groppone ogni anno della Procura biellese. Sono dati che mettono i brividi. Ogni singolo e freddo numero corrisponde in realtà a una vita sconvolta, a un’esistenza segnata, a terrore, paura, a ferite reali, che lasciano il segno sulla pelle. A umiliazioni inenarrabili, sistematiche: ferite nell’anima, quelle ancor più profonde e altrettanto perenni.Anche per gli ultimi tre casi, le accuse parlano di mariti violenti nei confronti delle mogli e talvolta dei figli, sottoposti a umiliazioni d’ogni genere, «tali – scrive un Pubblico ministero – da rendere abitualmente dolorosa, mortificante, penosa e intollerabile, la convivenza familiare». Fuori un’apparente quiete, un velo di presunta rispettabilità. Dietro alle mura di taluni case, invece, si nascondono il terrore, drammi umani difficili da raccontare.E’ per la tutela delle parti offese - i figli piccoli in primis - che, nella descrizione dei fatti, non utilizzeremo neppure le iniziali dei coinvolti. Il rinvio a giudizio non corrisponde ovviamente a  condanna: la colpevolezza o meno degli imputati la si conoscerà solo al termine del processo.Terrore in casa. Nel primo caso, il marito, 33 anni, di Cavaglià, è accusato d’aver continuamente minacciato in modo pesante la consorte dal 2009 al 2015. In una circostanza – stando al capo d’imputazione - la donna sarebbe stata costretta a sopportare un pugno in faccia. Un giorno di due anni fa, l’imputato avrebbe girato con forza il dito medio della mano sinistra della moglie sino a fratturarlo. L’uomo è stato rinviato a giudizio per l’udienza dell’11 ottobre del prossimo anno.Anni d’inferno. Il solito copione fatto di atti di violenza, non muta neppure nella descrizione del secondo caso di maltrattamenti in famiglia con insulti, espressioni mortificanti, botte e minacce sia alla moglie sia ai figli. Per sei interminabili anni. Imputato è un uomo di 53 anni che abita a Biella (avvocato Andrea Bodo) che è stato rinviato a giudizio sempre per l’udienzadel prossimo 11 ottobre quando comincerà il processo.Padre padrone. Nel terzo caso, la descrizione delle lesioni provocate dall’imputato (43 anni, di Pralungo) alla moglie in anni di violenze - stando quantomeno al capo d’imputazione - rende molto bene l’idea di ciò che una donna si trova costretta a sopportare prima che - come in questo caso -, disperata e sconvolta, con segni evidenti sul corpo a conferma delle violenze subìte, si decida a denunciare il suo aguzzino. Il capo d’accusa parla di almeno sette circostanze accertate con un referto medico al termine di discussioni o litigi. La donna, per paura delle ritorsioni violente del marito, avrebbe ogni volta attribuito i segni evidenti sul suo corpo a cadute accidentali. Tutte quelle botte avrebbero provocato alla donna «traumi all’emicostato e alla spina dorsale, probabile frattura di un gomito, ferita lacero contusa al volto e trauma cranico, trauma frontale e all’orbita sinistra, distorsione della spalla destra, costole incrinate a calci. In questo caso, inoltre, l’imputato dovrà rispondere anche d’aver adottato un atteggiamento da padre padrone nei confronti dei figli, più volte insultati e picchiati sempre senza motivo. L’inizio del processo, anche in questo caso, il giudice Anna Ferretti lo a fissato per lo stesso giorno di ottobre del prossimo anno.
Valetr Caneparo

Altre tre terribili storie di maltrattamenti sono sfociate nei giorni scorsi davanti al giudice dell’udienza preliminare, Anna Ferretti. Un caso al giorno di violenza in seno alla famiglia oppure di stalking. Domeniche comprese. E’ il pesantissimo carico sul groppone ogni anno della Procura biellese. Sono dati che mettono i brividi. Ogni singolo e freddo numero corrisponde in realtà a una vita sconvolta, a un’esistenza segnata, a terrore, paura, a ferite reali, che lasciano il segno sulla pelle. A umiliazioni inenarrabili, sistematiche: ferite nell’anima, quelle ancor più profonde e altrettanto perenni.Anche per gli ultimi tre casi, le accuse parlano di mariti violenti nei confronti delle mogli e talvolta dei figli, sottoposti a umiliazioni d’ogni genere, «tali – scrive un Pubblico ministero – da rendere abitualmente dolorosa, mortificante, penosa e intollerabile, la convivenza familiare». Fuori un’apparente quiete, un velo di presunta rispettabilità. Dietro alle mura di taluni case, invece, si nascondono il terrore, drammi umani difficili da raccontare.E’ per la tutela delle parti offese - i figli piccoli in primis - che, nella descrizione dei fatti, non utilizzeremo neppure le iniziali dei coinvolti. Il rinvio a giudizio non corrisponde ovviamente a  condanna: la colpevolezza o meno degli imputati la si conoscerà solo al termine del processo.Terrore in casa. Nel primo caso, il marito, 33 anni, di Cavaglià, è accusato d’aver continuamente minacciato in modo pesante la consorte dal 2009 al 2015. In una circostanza – stando al capo d’imputazione - la donna sarebbe stata costretta a sopportare un pugno in faccia. Un giorno di due anni fa, l’imputato avrebbe girato con forza il dito medio della mano sinistra della moglie sino a fratturarlo. L’uomo è stato rinviato a giudizio per l’udienza dell’11 ottobre del prossimo anno.Anni d’inferno. Il solito copione fatto di atti di violenza, non muta neppure nella descrizione del secondo caso di maltrattamenti in famiglia con insulti, espressioni mortificanti, botte e minacce sia alla moglie sia ai figli. Per sei interminabili anni. Imputato è un uomo di 53 anni che abita a Biella (avvocato Andrea Bodo) che è stato rinviato a giudizio sempre per l’udienzadel prossimo 11 ottobre quando comincerà il processo.Padre padrone. Nel terzo caso, la descrizione delle lesioni provocate dall’imputato (43 anni, di Pralungo) alla moglie in anni di violenze - stando quantomeno al capo d’imputazione - rende molto bene l’idea di ciò che una donna si trova costretta a sopportare prima che - come in questo caso -, disperata e sconvolta, con segni evidenti sul corpo a conferma delle violenze subìte, si decida a denunciare il suo aguzzino. Il capo d’accusa parla di almeno sette circostanze accertate con un referto medico al termine di discussioni o litigi. La donna, per paura delle ritorsioni violente del marito, avrebbe ogni volta attribuito i segni evidenti sul suo corpo a cadute accidentali. Tutte quelle botte avrebbero provocato alla donna «traumi all’emicostato e alla spina dorsale, probabile frattura di un gomito, ferita lacero contusa al volto e trauma cranico, trauma frontale e all’orbita sinistra, distorsione della spalla destra, costole incrinate a calci. In questo caso, inoltre, l’imputato dovrà rispondere anche d’aver adottato un atteggiamento da padre padrone nei confronti dei figli, più volte insultati e picchiati sempre senza motivo. L’inizio del processo, anche in questo caso, il giudice Anna Ferretti lo a fissato per lo stesso giorno di ottobre del prossimo anno.
Valetr Caneparo

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