Avvocati in sciopero: «Ecco il perché»

Avvocati in sciopero: «Ecco il perché»
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BIELLA - L’Unione delle Camere Penali Italiane ha proclamato un’astensione collettiva dell’attività giudiziaria degli avvocati per i giorni 24, 25 e 26 maggio 2016. L’avvocato Giorgio Triban, in qualità di presidente di Biella della Camera, spiega le motivazioni che hanno spinto i legali allo “sciopero”. «Siamo in presenza - spiega Triban - di un inaccettabile disegno governativo di riforma del processo penale, asistematico e condizionato da una perdurante campagna di disinformazione su quelli che sono i veri problemi del processo, con uffici giudiziari ormai alla canna del gas ed in gravissima carenza di personale amministrativo e di mezzi finanziari e materiali per garantire un servizio decente». 

«La riforma della prescrizione sull’onda dello slogan “prescrizione più lunga e processi più corti” rappresenta una contraddizione in termini: più la prescrizione si allunga, più i processi saranno, ovviamente, destinati ad allungarsi, secondo una evidenza inconfutabile della quale vasti settori della politica e dell’informazione non si avvedono o fingono di non avvedersi, celando la realtà, che ci dice che oltre la metà dei processi si prescrive nel corso delle indagini preliminari, prima ancora di iniziare e senza che gli avvocati (falsamente additati come primi responsabili della prescrizione, grazie a strategie dilatorie e strumentali che farebbero allungare i tempi dei processi) possano avere alcuna voce in capitolo sulla gestione dei procedimenti. Una prescrizione più lunga, inoltre, vìola la presunzione di innocenza, il diritto alla vita degli imputati (ma anche delle persone offese) e mostra totale mancanza di considerazione per la collettività e del suo interesse a conoscere nei tempi più brevi se un imputato (almeno processualmente) è colpevole o meno». 

«L’attuale normativa in tema di intercettazioni è del tutto insufficiente a garantire la riservatezza delle comunicazioni di chi, occasionalmente (o indirettamente), venga intercettato. Ciò vale anche per i difensori, le cui comunicazioni con gli assistiti devono essere garantite come “non conoscibili” in radice. Va anche assicurata la distruzione delle intercettazioni irrilevanti ai fini della prova del reato, per evitare che vengano date in pasto ai media, spesso in modo illegittimo».

«E’ necessario impedire ogni ulteriore estensione del “processo a distanza” a processi che non riguardino detenuti di criminalità organizzata, al fine di garantire i principi costituzionali e convenzionali del giusto ed equo processo».

«Occorre dire no all’eccezionale invasività dei “captatori informatici” all’interno di “dispositivi elettronici portatili”, come ad esempio pc, tablet, smartphone, eccetera, con l’angosciante scenario di una collettività che, nel segno della lotta alla criminalità, possa essere sottoposta, senza limite e senza filtro alcuno, ad un controllo tecnologico del privato, in totale violazione di ogni garanzia e di ogni diritto individuale».

«Da ultimo, appare inaccettabile l’attuale conflitto, aperto da alcuni settori della Magistratura associata contro la politica, la quale ultima, invece, dovrebbe ribadire con forza non solo la propria indipendenza da ogni forma di possibile condizionamento, ma anche preservare i principi costituzionali del contraddittorio, dell’immediatezza e della ragionevole durata del giusto processo a tutela dei diritti dei cittadini».

V.Ca.

BIELLA - L’Unione delle Camere Penali Italiane ha proclamato un’astensione collettiva dell’attività giudiziaria degli avvocati per i giorni 24, 25 e 26 maggio 2016. L’avvocato Giorgio Triban, in qualità di presidente di Biella della Camera, spiega le motivazioni che hanno spinto i legali allo “sciopero”. «Siamo in presenza - spiega Triban - di un inaccettabile disegno governativo di riforma del processo penale, asistematico e condizionato da una perdurante campagna di disinformazione su quelli che sono i veri problemi del processo, con uffici giudiziari ormai alla canna del gas ed in gravissima carenza di personale amministrativo e di mezzi finanziari e materiali per garantire un servizio decente». 

«La riforma della prescrizione sull’onda dello slogan “prescrizione più lunga e processi più corti” rappresenta una contraddizione in termini: più la prescrizione si allunga, più i processi saranno, ovviamente, destinati ad allungarsi, secondo una evidenza inconfutabile della quale vasti settori della politica e dell’informazione non si avvedono o fingono di non avvedersi, celando la realtà, che ci dice che oltre la metà dei processi si prescrive nel corso delle indagini preliminari, prima ancora di iniziare e senza che gli avvocati (falsamente additati come primi responsabili della prescrizione, grazie a strategie dilatorie e strumentali che farebbero allungare i tempi dei processi) possano avere alcuna voce in capitolo sulla gestione dei procedimenti. Una prescrizione più lunga, inoltre, vìola la presunzione di innocenza, il diritto alla vita degli imputati (ma anche delle persone offese) e mostra totale mancanza di considerazione per la collettività e del suo interesse a conoscere nei tempi più brevi se un imputato (almeno processualmente) è colpevole o meno». 

«L’attuale normativa in tema di intercettazioni è del tutto insufficiente a garantire la riservatezza delle comunicazioni di chi, occasionalmente (o indirettamente), venga intercettato. Ciò vale anche per i difensori, le cui comunicazioni con gli assistiti devono essere garantite come “non conoscibili” in radice. Va anche assicurata la distruzione delle intercettazioni irrilevanti ai fini della prova del reato, per evitare che vengano date in pasto ai media, spesso in modo illegittimo».

«E’ necessario impedire ogni ulteriore estensione del “processo a distanza” a processi che non riguardino detenuti di criminalità organizzata, al fine di garantire i principi costituzionali e convenzionali del giusto ed equo processo».

«Occorre dire no all’eccezionale invasività dei “captatori informatici” all’interno di “dispositivi elettronici portatili”, come ad esempio pc, tablet, smartphone, eccetera, con l’angosciante scenario di una collettività che, nel segno della lotta alla criminalità, possa essere sottoposta, senza limite e senza filtro alcuno, ad un controllo tecnologico del privato, in totale violazione di ogni garanzia e di ogni diritto individuale».

«Da ultimo, appare inaccettabile l’attuale conflitto, aperto da alcuni settori della Magistratura associata contro la politica, la quale ultima, invece, dovrebbe ribadire con forza non solo la propria indipendenza da ogni forma di possibile condizionamento, ma anche preservare i principi costituzionali del contraddittorio, dell’immediatezza e della ragionevole durata del giusto processo a tutela dei diritti dei cittadini».

V.Ca.

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