Ancora storie di violenza sfociate in tribunale che hanno come vittime designate dei ragazzini. Quella dell’amico di famiglia che se ne approfitta per coinvolgere nei suoi giochi erotici e nelle sue frustrazioni sessuali un adolescente. E quella della ragazza che accusa di violenza il padre adottivoDi nessuna delle due vicende indicheremo nomi o località per impedire che i minori vengano identificati.
Nel primo caso, l’amico di famiglia è un marocchino di 37 anni che abita a Biella e che è stato rinviato a giudizio dal giudice dell’udienza preliminare, Claudio Passerini, per il prossimo 18 giugno. Ha preferito disertare l’aula in quella che - stando agli atti in mano alla pubblica accusa - appariva come una formalità, così come scontata appariva la decisione del giudice: solo un processo consentirà di stabilire se le accuse, pesantissime, di abusi sessuali, corruzione di minorenne e detenzione di materiale pornografico, hanno delle solide fondamenta di verità oppure sono destinate a franare come castello di carte. L’imputato (che è difeso dagli avvocati Carlo Boggio Marzet e Domenico Monteleone) ha preferito evitare di incrociare lo sguardo del ragazzo che non ha ancora compiuto 16 anni e che, invece, era presente all’udienza preliminare, accompagnato dal padre.
L’adolescente, per quasi due anni, dal mese di settembre del 2005 al mese di giugno del 2007, sarebbe stato al centro delle attenzioni sessuali di quel’uomo che frequentava la sua casa approfittando della piena fiducia che gli era stata concessa dal padre, del tutto ignaro. E’ stato lo stesso ragazzino, da tempo irrequieto, con una condotta definita dagli assistenti sociali “problematica”, a puntare il dito contro l’amico di famiglia. Durante quella che in gergo viene definita “udienza protetta”, a quasi 14 anni, l’adolescente ha raccontato di quelle carezze rubate, di contatti morbosi, di richieste di pose erotiche, di toccamenti contro natura o di film pornografici che l’adulto gli mostrava per poi masturbarsi davanti alle scene più spinte.
Tutto sarebbe cominciato quando il ragazzino non aveva neppure compiuto 13 anni. Un contributo importante al degrado, all’inserimento di prepotenza di quell’individuo nella vita del giovane, l’ha sicuramente dato il contesto di instabilità familiare in cui viveva l’adolescente, con genitori separati, lui dato in affidamento al padre e la sorella alla madre. Il pressante interessamento alle condizioni di quel ragazzo da parte degli assistenti sociali, ha poi consentito di portare alla luce l’ennesima brutta storia.
v.ca.
16 marzo 2009
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