«Sono io l’assassino di Erika»

«Sono io l’assassino di  Erika»
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Non erano nemmeno scoccate le 17 e 30 di sabato quando Dimitri Fricano, accompagnato dai genitori, è arrivato a piedi davanti a Palazzo di giustizia di Biella dove, ad aspettarlo, al piedi della scalinata, c’era il maresciallo Tindaro Gullo, comandante dell’aliquota carabinieri della Sezione di polizia giudiziaria. Il giovane, 30 anni, commesso in un negozio di scarpe, unico indagato per l’omicidio della sua compagna di una vita, Erika Preti, 28 anni, appariva molto provato, tremante, con gli occhi lucidi. Poco dopo sono arrivati il difensore, avvocato Alessandra Guarini, e l’investigatore privato Nicola Santimone, ex maresciallo dell’Arma, che negli ultimi giorni è rimasto accanto a Dimitri in tutti i suoi spostamenti. Al terzo piano, nell’ufficio dei carabinieri, alla presenza del procuratore capo, Teresa Angela Camelio, degli altri due marescialli e dell’appuntato che compongono una squadra molto affiatata, in grado negli anni di risolvere decine e decine di casi tra i più difficili, Dimitri ha confessato. Ha ripetuto, davanti alla piccola telecamera che per un’ora e mezza ha registrato ogni sua parola, ogni sua espressione, ogni sua lacrima, ciò che fino a mezz’ora prima aveva ricordato nell’ufficio del suo difensore. «Sono stato io, ho ucciso io Erika. Non volevo farlo, l’amavo tantissimo...», ha esordito.

La smentita. Quel giovane che tutti descrivono come molto riservato, mite e a tratti remissivo, ha smentito se stesso, la sua prima versione del fantomatico rapinatore dalla carnagione olivastra e i capelli rasati che aveva ucciso la sua fidanzata e stordito lui con una grossa pietra pomice trovata in casa, per rubare un portafogli con 500 euro e un orologio Rolex. A 40 giorni esatti da quella domenica mattina,11 giugno, Dimitri ha spiegato come e perché si è trasformato in uno spietato omicida, capace di sgozzare con due tremendi fendenti la donna che diceva di amare più di ogni altra cosa al mondo. Tra pianti liberatori e ripetuti «non volevo», il commesso del Vandorno ha risposto a tutte le domande degli investigatori e del Procuratore, ricostruendo nel dettaglio tutte le fasi del delitto avvenuto nella villetta di amici a San Teodoro, in Sardegna, dove la coppia stava trascorrendo un breve periodo di vacanza.

Il racconto. «Da due anni e mezzo, Erika non perdeva occasione per rimproverarmi e insultarmi», ha spiegato il giovane. Il loro rapporto si era ormai incrinato. Ma nessuno dei due se la sentiva di interrompere la relazione. Stando al racconto del giovane, quella domenica mattina era stato lui a preparare i panini per la gita in gommone. «Non volevo che si stancasse, desideravo solo che si godesse le ferie - ha puntualizzato Dimitri -. Ma qualunque cosa facessi, per lei c’era sempre qualcosa di sbagliato...».
Valter Caneparo

Leggi di più sull'Eco di Biella di lunedì 24 luglio 2017 

Non erano nemmeno scoccate le 17 e 30 di sabato quando Dimitri Fricano, accompagnato dai genitori, è arrivato a piedi davanti a Palazzo di giustizia di Biella dove, ad aspettarlo, al piedi della scalinata, c’era il maresciallo Tindaro Gullo, comandante dell’aliquota carabinieri della Sezione di polizia giudiziaria. Il giovane, 30 anni, commesso in un negozio di scarpe, unico indagato per l’omicidio della sua compagna di una vita, Erika Preti, 28 anni, appariva molto provato, tremante, con gli occhi lucidi. Poco dopo sono arrivati il difensore, avvocato Alessandra Guarini, e l’investigatore privato Nicola Santimone, ex maresciallo dell’Arma, che negli ultimi giorni è rimasto accanto a Dimitri in tutti i suoi spostamenti. Al terzo piano, nell’ufficio dei carabinieri, alla presenza del procuratore capo, Teresa Angela Camelio, degli altri due marescialli e dell’appuntato che compongono una squadra molto affiatata, in grado negli anni di risolvere decine e decine di casi tra i più difficili, Dimitri ha confessato. Ha ripetuto, davanti alla piccola telecamera che per un’ora e mezza ha registrato ogni sua parola, ogni sua espressione, ogni sua lacrima, ciò che fino a mezz’ora prima aveva ricordato nell’ufficio del suo difensore. «Sono stato io, ho ucciso io Erika. Non volevo farlo, l’amavo tantissimo...», ha esordito.

La smentita. Quel giovane che tutti descrivono come molto riservato, mite e a tratti remissivo, ha smentito se stesso, la sua prima versione del fantomatico rapinatore dalla carnagione olivastra e i capelli rasati che aveva ucciso la sua fidanzata e stordito lui con una grossa pietra pomice trovata in casa, per rubare un portafogli con 500 euro e un orologio Rolex. A 40 giorni esatti da quella domenica mattina,11 giugno, Dimitri ha spiegato come e perché si è trasformato in uno spietato omicida, capace di sgozzare con due tremendi fendenti la donna che diceva di amare più di ogni altra cosa al mondo. Tra pianti liberatori e ripetuti «non volevo», il commesso del Vandorno ha risposto a tutte le domande degli investigatori e del Procuratore, ricostruendo nel dettaglio tutte le fasi del delitto avvenuto nella villetta di amici a San Teodoro, in Sardegna, dove la coppia stava trascorrendo un breve periodo di vacanza.

Il racconto. «Da due anni e mezzo, Erika non perdeva occasione per rimproverarmi e insultarmi», ha spiegato il giovane. Il loro rapporto si era ormai incrinato. Ma nessuno dei due se la sentiva di interrompere la relazione. Stando al racconto del giovane, quella domenica mattina era stato lui a preparare i panini per la gita in gommone. «Non volevo che si stancasse, desideravo solo che si godesse le ferie - ha puntualizzato Dimitri -. Ma qualunque cosa facessi, per lei c’era sempre qualcosa di sbagliato...».
Valter Caneparo

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