La difesa del luccio italico come nel Rapporto Pelikan

La difesa del luccio italico come nel Rapporto Pelikan
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Ogni volta che penso al lago della diga di Masserano e a ciò che ha in mente chi si è aggiudicato l’appalto per la gestione voluto dal Consorio della Baraggia, mi pervade un senso di orgoglio per essere nato a due passi da un luogo che si è ormai trasformato in un’oasi unica in Italia sia per la pesca in generale sia per la tutela di un pesce incredibile e stupendo come il luccio italico (Esox Flaviae) che in quelle acque ha trovato un habitat perfetto. Il regolamento per pescare in quel bacino è comparso su internet, in vari punti intorno alla diga e in tutte le piazzole utilizzate per il carp fishing (pesca alla carpa anche di notte con particolare cura per il pesce e immediato rilascio degli esemplari che vengono adagiati su un materassino e disinfettati). La diatriba burocratica che coinvolge il Lago delle Piane, mi fa venire in mente uno dei miei romanzi thriller e film preferiti: “Il rapporto Pelikan”, scritto dal grande John Grisham. Intorno al “giallo” (in attesa che tutta le vicenda si chiarisca e che prevalga il buonsenso da parte di tutte le parti in causa) del bacino di Masserano, non s’annidano per fortuna omicidi o chissà mai quali complotti. Il rapporto della protagonista del romanzo, fa però riferimento a un luogo abitato dai pellicani che interessa per scopi industriali e anti-ecologici. Alla fine, grazie alla ragazza (aspirante avvocato) e a un suo amico giornalista, l’oasi naturale verrà salvata. Questi giorni di autunno inoltrato, corrispondono a uno dei periodi migliori per la pesca al luccio. Un drappello di agguerriti amanti dello spinning (pescatori capaci di animare esche artificiali che hanno aiutato il gestore, Andrea Cerreia Varale, a stilare il primo regolamento ittico) hanno catturato e subito rilasciato con tutte le cure possibili decine di lucci italici (nella foto uno di loro, il grande appassionato Marco Oliaro, con uno spendido esemplare di esox flaviae), tutti della stessa specie, del peso di vari chili oppure di pochi etti, segno che la riproduzione c’è stata e pure abbondante. Di lucci europei non se ne sono visti. E’ una notizia storica. Così come è storico che nel lago si possa addirittura pescare in determinati giorni con il belly boat (un “ciambellone” gonfiabile in cui il pescatore si siede e che si sposta con l’utilizzo di pinne). D’ora in poi in diga nessuno potrà più utilizzare le esche vive per pescare il magnifico predatore d’acqua dolce. E neppure si potranno prelevare esemplari di Esox Flaviae. Chi avrà lo stesso la sfacciataggine di farlo, non solo si ritroverà a pagare fior fior di quattrini in sanzioni, ma rischierà pure una denuncia penale.
Valter Caneparo

Ogni volta che penso al lago della diga di Masserano e a ciò che ha in mente chi si è aggiudicato l’appalto per la gestione voluto dal Consorio della Baraggia, mi pervade un senso di orgoglio per essere nato a due passi da un luogo che si è ormai trasformato in un’oasi unica in Italia sia per la pesca in generale sia per la tutela di un pesce incredibile e stupendo come il luccio italico (Esox Flaviae) che in quelle acque ha trovato un habitat perfetto. Il regolamento per pescare in quel bacino è comparso su internet, in vari punti intorno alla diga e in tutte le piazzole utilizzate per il carp fishing (pesca alla carpa anche di notte con particolare cura per il pesce e immediato rilascio degli esemplari che vengono adagiati su un materassino e disinfettati). La diatriba burocratica che coinvolge il Lago delle Piane, mi fa venire in mente uno dei miei romanzi thriller e film preferiti: “Il rapporto Pelikan”, scritto dal grande John Grisham. Intorno al “giallo” (in attesa che tutta le vicenda si chiarisca e che prevalga il buonsenso da parte di tutte le parti in causa) del bacino di Masserano, non s’annidano per fortuna omicidi o chissà mai quali complotti. Il rapporto della protagonista del romanzo, fa però riferimento a un luogo abitato dai pellicani che interessa per scopi industriali e anti-ecologici. Alla fine, grazie alla ragazza (aspirante avvocato) e a un suo amico giornalista, l’oasi naturale verrà salvata. Questi giorni di autunno inoltrato, corrispondono a uno dei periodi migliori per la pesca al luccio. Un drappello di agguerriti amanti dello spinning (pescatori capaci di animare esche artificiali che hanno aiutato il gestore, Andrea Cerreia Varale, a stilare il primo regolamento ittico) hanno catturato e subito rilasciato con tutte le cure possibili decine di lucci italici (nella foto uno di loro, il grande appassionato Marco Oliaro, con uno spendido esemplare di esox flaviae), tutti della stessa specie, del peso di vari chili oppure di pochi etti, segno che la riproduzione c’è stata e pure abbondante. Di lucci europei non se ne sono visti. E’ una notizia storica. Così come è storico che nel lago si possa addirittura pescare in determinati giorni con il belly boat (un “ciambellone” gonfiabile in cui il pescatore si siede e che si sposta con l’utilizzo di pinne). D’ora in poi in diga nessuno potrà più utilizzare le esche vive per pescare il magnifico predatore d’acqua dolce. E neppure si potranno prelevare esemplari di Esox Flaviae. Chi avrà lo stesso la sfacciataggine di farlo, non solo si ritroverà a pagare fior fior di quattrini in sanzioni, ma rischierà pure una denuncia penale.
Valter Caneparo

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