Il vescovo pellegrino è a Quaregna dove ieri alla messa delle 9 incontra un centinaio di fedeli nella bella chiesa di San Martino, una bomboniera sobria nello stile di monsignor Gabriele Mana che saluta ad uno ad uno le persone che hanno partecipato alla funzione che si chiude con un invito «a glorificare Dio con la nostra vita».
Il capo della Diocesi sveste i panni del concelebrante in sagrestia (con lui il parroco don Mario Marchiori) e, prima di dirigersi verso San Defendente a Ronco di Cossato per la nuova tappa del viaggio che lo sta portando a toccare tutte le parrocchie del Biellese, risponde ad alcune domande su temi che in questi giorni risvegliano le coscienze, tutti accompagnati da provvedimenti di Governo che fanno molto discutere: Eluana Englaro da 17 anni in stato vegetativo, i nuovi limiti verso gli immigrati, la crisi economica e gli aiuti per agevolare i consumi ma solo verso i settori auto e mobili, “dimenticando” il tessile a forte rischio, segmento produttivo a cui è ancora legato a filo doppio il Distretto biellese.
Il “caso Englaro” ha fatto scoppiare un incidente istituzionale. I sentimenti che circondano la vicenda sono tanti: sconcerto, pietà, timore, preghiera... Non sarebbe meglio il silenzio?
«Temo che il silenzio sarebbe scambiato per mera connivenza. Del resto la parola urlata è sinonimo di mancanza di rispetto. Al pensiero debole, che è in linea con il relativismo, si impone un pensiero forte, quello che ci insegna il Vangelo. Nè silenzio, nè parola urlata dunque, ma una proposta di verità».
La natura faccia il suo corso, commenta qualcuno, ed altri si oppongono a quello che considerano accanimento terapeutico: quale via indica monsignor Mana?
«Nè accanimento terapeutico, nè eutanasia. In questo caso specifico, al di là e oltre la mediaticità, non si tratta di accanimento terapeutico, ma di garantire acqua e cibo ad una persona fragile. E’ come se si avesse a che fare con un bimbo appena nato. Nei giorni scorsi abbiamo celebrato la giornata mondiale dei diritti umani. Ecco, ci sono diritti che superano lo Stato e che vanno tutelati: quello alla vita è fondamentale».
Lei si è sempre occupato di immigrati incitando a favorire l’accoglienza: cosa dice del nuovo decreto che riguarda anche gli immigrati?
«E’ necessaria un’accoglienza dignitosa. Ma sui decreti la Chiesa ha poco da dire: è questione politica. Bisogna tuttavia saper coniugare i valori dell’accoglienza e dignità della persona e quelli della sicurezza. E l’accoglienza senza garanzie di una vita dignitosa non vale nulla».
L’emergenza-lavoro, il rischio di un Distretto dimenticato a forte rischio di crollo: nel suo pellegrinaggio per le parrocchie cosa invoca?
«Fra i nodi dell’attualità il lavoro ha la precedenza su tutti come ci ha insegnato la dottrina sociale della chiesa nel recente passato. Oggi, il risultato sotto i nostri occhi è quello di una società che fa del progresso e del possesso un idolo che travalica la verità. C’è una spinta a consumare il doppio del necessario. Ma la crisi è anche un’opportunità per una vita più sobria. Una vita che non dev’essere negazione dello sviluppo, ma che può favorire uno sviluppo compatibile. La strada è quella della solidarietà che ci fa camminare insieme. E invece osserviamo una forbice sempre più ampia tra chi, per un lavoro sia pur specializzato, guadagna cifre enormi e chi, con tanta fatica, sbarca il lunario. Questa forbice va ridotta».
r.a.
9 febbraio 2009
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