La legge parla chiaro, se si supera un determinato reddito non si ha più il diritto di poter abitare nelle case popolari. Poco importa l’età o se si vive lì da più di trent’anni. Così, dopo i controlli a campione effettuati dalla commissione apposita, sette famiglie abitanti a Biella si sono viste recapitare a casa una lettera in cui venivano informate che l’iter per la decadenza era stato avviato. Per due di loro, addirittura, l’avviso di dover lasciare l’appartamento entro 180 giorni è già arrivato. Ma cosa è successo? Semplice. Gli intestatari dell’alloggio hanno ricevuto in eredità da parenti o amici una proprietà. Magari neppure tutta, qualche dodicesimo di una casa in Calabria, in Sardegna o in Campania. E il valore della rendita catastale di questi immobili ha fatto schizzare verso l’alto il reddito degli intestatari, facendo loro perdere il diritto alla casa popolare.
C’è ad esempio il caso di una signora, tra l’altro invalida, che da 32 anni vive nella stessa casa e che ora dovrebbe lasciarla perché ha ereditato una porzione di una casa di tre vani al Sud che, tra l’altro, è pure stata messa in vendita immediatamente. O un’altra donna che da più di trent’anni abita in una casa popolare, ci ha investito dei soldi per rifare pavimenti e cambiare infissi ormai obsoleti e che ora, a causa di una proprietà in Sardegna ristrutturata dai figli non rientra più nei canoni previsti dalla legge.
Sette, in tutto, le situazioni di famiglie che, pur avendo sempre pagato tutti i mesi gli affitti, hanno ricevuto o riceveranno la decadenza.
La vicenda, ricaduta dall’Atc al Comune di Biella, ha attirato immediatamente l’attenzione del sindaco Vittorio Barazzotto e del settore dei servizi sociali. «La legge parla chiaro - dice il primo cittadino - ma io non voglio mettere nessuno in mezzo alla strada». Così, attraverso l’intervento degli appositi uffici, si è cercata una soluzione per sanare questo problema. «Per risolvere i contenziosi - sottolinea ancora il sindaco - è necessario che si conoscano e si valutino le situazioni personali di queste famiglie. Se, però, non si rivolgono ai nostri uffici dei servizi sociali, è difficile ricostruire quanto avvenuto».
E da qui potrebbe arrivare la soluzione ai problemi, senza ricorsi al Tar o polemiche. Le sette famiglie coinvolte in questa vicenda dovranno recarsi allo sportello politiche abitative di via Tripoli per aprire una pratica a loro nome. «Valuteremo le singole situazioni - conclude il sindaco - e potremo ricorrere allo strumento dell’emergenza abitativa per riassegnare loro lo stesso appartamento per un periodo di tempo necessario per compiere le varie verifiche sullo stato famigliare dei soggetti interessati. Se si metteranno in regola, e quindi rientreranno nuovamente nei canoni previsti dalla legge, la loro posizione verrà ripristinata».
Sulla vicenda il presidente dell’Atc, Riccardo Valz Gris, dice: « L’idea di procedere in emergenza abitativa riassegnando il medesimo alloggio è a mio avviso una forzatura perché la legge impedisce sempre di concedere alloggi a chi è decaduto. Si tenga conto che in provincia ci saranno circa 500 famiglie in graduatoria in attesa dell’alloggio, in condizioni anche peggiori di quelle sopra descritte».
31 marzo 2009
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