«Sono rinato grazie alla Juve»

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«Sono rinato
grazie alla Juve»
Nel 1997 l'incidente e il coma, ora torna a vivere

(18 mag) Ha un sogno nel cuore, Massimiliano. Lo racconta con l’aria dolce e convinta di chi alle favole ci crede davvero. Quando in televisione gli capita di veder passare quel “Tram dei desideri” al quale in tanti si sono aggrappati per ritrovare un sorriso, lui inizia a fantasticare. E pensa a come sarebbe bello se, grazie alla tv, potesse incontrare in un solo momento tutti i giocatori della Juve che dodici anni fa lo aiutarono a rinascere. Conte, Pessotto, Di Livio, Inzaghi, Ferrara, Tacchinardi, Del Piero: furono loro a lasciare sul nastro di un mangiacassette le voci che avrebbero accompagnato Massimiliano nei quaranta giorni di coma che seguirono quella tremenda notte tra Natale e Santo Stefano del 1997, quando la  sua vita si era fermata contro un palo.

«Sono rinato
grazie alla Juve»
Nel 1997 l'incidente e il coma, ora torna a vivere

Ha un sogno nel cuore, Massimiliano. Lo racconta con l’aria dolce e convinta di chi alle favole ci crede davvero. Quando in televisione gli capita di veder passare quel “Tram dei desideri” al quale in tanti si sono aggrappati per ritrovare un sorriso, lui inizia a fantasticare. E pensa a come sarebbe bello se, grazie alla tv, potesse incontrare in un solo momento tutti i giocatori della Juve che dodici anni fa lo aiutarono a rinascere. Conte, Pessotto, Di Livio, Inzaghi, Ferrara, Tacchinardi, Del Piero: furono loro a lasciare sul nastro di un mangiacassette le voci che avrebbero accompagnato Massimiliano nei quaranta giorni di coma che seguirono quella tremenda notte tra Natale e Santo Stefano del 1997, quando la  sua vita si era fermata contro un palo. Un primo generoso sorso di quel sogno ancora tutto da costruire Massimiliano Bono, 38 anni, cossatese, l’ha assaporato solo mercoledì. Da quando la vita è tornata, dopo quei quaranta giorni di buio dopo lo schianto a San Giacomo di Masserano, lui i ragazzi della Juve li ha incontrati davvero.  Ma non tutti, e non tutti insieme. «Prima Del Piero, nel 1999 - spiega -, durante una cena a Gattinara». Il bomber era in un locale affollato di fan desiderosi di avvicinarsi, ma fu Massimiliano ad avere l’onore di sedersi accanto a lui. Invitato personalmente dal suo idolo. «Il secondo giocatore l’ho incontrato lo scorso anno, a Pray - continua Massimiliano -. Era Pessotto. Si ricordò di me, della mia storia, della cassetta che aveva registrato. E mi fece una promessa: mi avrebbe permesso di assistere agli allenamenti della Juve a Vinovo. Disse che avrebbe pensato lui a organizzare tutto». Per un anno, la parola è rimasta sospesa nell’aria, forse intrappolata nell’agenda di quella Champions League che dall’estate aveva indaffarato la Vecchia Signora più del previsto. Poi, lasciati in sogni di gloria in mano al Chelsea, Pessotto deve aver ripensato a quel giovane biellese cui il destino aveva consegnato una storia vicina alla sua, e ha mantenuto i patti.
La telefonata dagli uffici dello Juventus Center è arrivata solo pochi giorni fa. «Dicevano che mi sarei dovuto trovare a Vinovo mercoledì alle 15», racconta Massimiliano ripensando al suo sogno. E così è andata. Una macchinata con papà Bruno e un paio di amici, un pass rosso al collo, e le porte del campo si sono aperte come per magia. Nedved, Iaquinta, Camoranesi, Del Piero... per ore tutti hanno coperto gli spazi del prato provando e riprovando gesti e combinazioni. Sino al ritiro negli spogliatoi, «quando me ne sono andato felice verso la mia macchina - dice Massimiliano -, convinto di potermene andare a casa», ma senza sapere, in realtà, che Pessotto aveva pensato per lui ad un saluto particolare. Personale e sincero. «Mi ha parlato per almeno un quarto d’ora - racconta ancora Massimiliano - e gli ho raccontato del mi sogno di riunire tutti i giocatori della cassetta. Mi ha detto che non è facile, ma io vorrei provarci ugualmente».
Ci crede, Massimiliano. Quella cassetta che il reparto di rianimazione dell’ospedale di Biella accendeva regolarmente non l’ha più abbandonata. Insieme con i suoni delle macchine da rally che lui da dilettante amava, con l’abbaiare dei suoi cani, con la voce di mamma Alfonsina, era stato quel piccolo nastro a ridargli la vita. «Anche se non ricordo nulla di tutti quei giorni, anche se dalla sera dell’incidente, dalla sosta al pub di Gattinara al mio risveglio, non ho più alcuna memoria», è come se i giocatori bianconeri lo avessero accompagnato nel percorso più difficile della sua vita. «Avevo sette traumi cranici, tutte le costole rotte, danni agli organi interni - racconta ancora - però sono tornato. E fin da subito, da quando pian piano ho ricominciato ad aprire gli occhi, ho sorriso». A dodici anni di distanza, e con una vita davanti, vale ancora la pena di sognare.

18 maggio 2009

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