Jurak, Spartacus dell'Angelico

Jurak, Spartacus dell'Angelico
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Spartacus,  lo schiavo ribelle che combatte nelle arene ha il volto spigoloso di Kirk Douglas. Lui combatte contro le belve feroci  senza paura ed esitazione e la folla lo ama e tifa per lui. E così è anche Goran Jurak, lungo sloveno (classe 1977, ndr), grande coraggio e forza nel gioco ed un rapporto speciale con i propri sostenitori. I suoi lineamenti sono molto più morbidi, stile attore americano e la sua “arena” è il campo di basket.

«Io gioco per me stesso – esordisce Jurak – e per i fans e loro mi danno molta carica supportandomi moltissimo. Quando la situazione lo richiede mi rivolgo a loro e l’atmosfera si riscalda».

La sua filosofia di vita. Lo vedi giocare in campo molto deciso e pensi che sia un duro anche fuori, invece rimani sorpreso dalla  delicatezza dei suoi modi, mista ad uno sfondo di dolcezza.
«Uno dei miei punti deboli è che sono troppo buono con tutti ed alcuni se ne approfittano. Ma in realtà questo è anche uno dei miei punti di forza…». Lo dice senza enfasi e con un sorriso schivo.
Se gli si chiede di descriversi risponde un pochino imbarazzato: «E’ molto difficile farlo, ma quello che posso dire è che vorrei che la gente parlasse bene di me e quando succede il contrario rimango ferito. Sa che cosa diceva sempre mio padre? Cerca di volgere le cose da brutte in belle!!».

Il rapporto con Biella.  Sta molto bene in questa città e si sente a suo agio con la pallacanestro Biella. Ha militato nell’Olimpija Lubiana vincendo la coppa nazionale, nell’Olympiacos Pireo ed in Italia è stato a Jesi, Cantù, Bologna, Teramo ed ovviamente a Biella. Da ricordare anche l’esperienza fatta in Lituania con lo Zalgiris Kaunas: «Per me è molto importante essere qui e potere vincere allo stesso tempo. Ho cambiato tante squadre,  girato per  circa 9 anni e solamente ora mi rendo conto di avere sbagliato. Ma quando sei giovane pensi al tuo futuro, che significa quindi spostarsi, andare in club di prestigio e con budget di alto livello. Solamente ora comprendo quanto sia invece bella una vita più tranquilla in uno specifico posto come questo. Biella come società è cambiata molto, è cresciuta negli anni e questo lo ho apprezzato molto: sono ritornato perché ho ottime relazioni con tanta gente». Jurak è spesso impegnato in campo in marcature arcigne, o spendendo falli per aiutare i propri compagni in ruoli a volte oscuri: «Faccio quello che il team mi chiede anche se questo significa sacrificarsi: io dò sempre tutto me stesso quando gioco».

La sua famiglia. Costituiscono la parte più importante della vita di Jurak. Ora sua figlia Lin ha 7 anni e frequenta il primo anno alla scuola elementare Santa Caterina: «Lei è brava, parla bene l’italiano e questo mi dà gioia. Lei e mia moglie sono il mio mondo e quando stanno bene loro anche io sono più tranquillo. Ora Valentina (sua moglie, ndr) si sente un po’ più sola perché Lin va a scuola, ed ovviamente è stanca di tutto il girovagare di questi anni: lei vorrebbe tornare in Slovenia dove ci sono i nostri parenti, ma decideremo insieme  che cosa fare». Per quanto riguarda il suo futuro non vuole pensarci e non sa neppure quanti anni giocherà ancora a basket. «Non intendo pianificare nulla adesso: ogni giorno io lavoro con grande energia ed è giusto così, poi si vedrà».

La Slovenia e la guerra nelle aree limitrofe. La sua Nazione, la Slovenia, non è stata coinvolta direttamente nelle guerre dell’ex Yugoslavia, ma di certo la popolazione ha vissuto la tensione di essere vicina ai luoghi di tanti sanguinosi e devastanti combattimenti: «Noi eravamo preoccupati per gli accadimenti in Serbia e Croazia, soprattutto perché da noi ci sono molte famiglie miste: ad esempio la famiglia di mia moglie è serba e questo ci ha procurato grande apprensione. Noi sloveni volevamo separarci dalla Yugoslavia, ma l’esercito ovviamente non era d’accordo e ci ha attaccato dal versante croato: per fortuna che dalla parte italiana e austriaca non ha potuto passare e che l’Europa ci ha protetto».
Jurak nonostante tutto ha uno sguardo sereno nei confronti della realtà che lo circonda: «Quando non vinco mi arrabbio, mentre nella vita lo faccio per le cose ingiuste. Poi trascorre qualche ora e tutto mi passa perché sono una persona positiva: questo atteggiamento deve essere l’unica strada percorribile. Sa che cosa dico sempre? Che dopo il brutto tempo sempre arriva il bel tempo».

Marta Coda Luchina

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