Credito: Confidi alla stretta

Credito: Confidi alla stretta
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Sempre più difficile per le Pmi accedere ai finanziamenti bancari. Lo confermano i dati 2011 di Confidi Lombardia: l’ente, che raggruppa  i confidi di 9 province lombarde e di una porzione del territorio piemontese coperto da Fidindustria (Biella, Vercelli e Ivrea), ha visto calare, lo scorso anno, la propria operatività di circa il 30%. In particolare, nell’area piemontese (1545 soci e un’operatività del 16% su quella totale), l’anno scorso si è assistito ad un calo numerico  del 36% dei finanziamenti deliberati e del 16% di quelli erogati. Segnatamente, a diminuire è stato l’importo dei medesimi: del 42% quello dei deliberati e del 26% di quello degli erogati.
«Cali importanti - commenta Marilena Bolli, presidente degli industriali biellesi e vicepresidente di Confidi Lombardia -, ma anche cali che non dipendono dalla volontà dei confidi di non garantire il credito quanto dalla difficoltà delle aziende di accedere ai finanziamenti bancari. Per le imprese, il problema principale continua a essere cioè quello della disponibilità di liquidità e a soffrire di più, in questa partita, sono poi le aziende più piccole, meno capitalizzate, e quelle meno export oriented, più polarizzate sul mercato domestico».

Difficoltà. In questo contesto di difficoltà, i confidi hanno sempre giocato, soprattutto dopo la crisi del 2008, un ruolo centrale. «Senza il loro intervento - continua Marilena Bolli - molte aziende del territorio avrebbero cessato l’attività. Dal 2010, invece, essi hanno dovuto far fronte ad un aumento impensabile di sofferenze che hanno generato perdite ed erosioni di patrimonio che li hanno messi a rischio sopravvivenza. Essi sono ancora strumenti indispensabili di politica  economica ma le stesse associazioni di categoria di cui i confidi sono emanazione devono farsi portavoce verso Il governo per sostenerli. In particolare, i decisori pubblici devono mettere a disposizione adeguate risorse che, con l’effetto moltiplicatore degli enti di garanzia, potranno avere ricadute importanti sull’economia».

Modello nuovo. Tuttavia, al di là delle necessità contingenti, un messaggio esce prepotentemente dall’attuale stretta al credito da parte delle banche: è quello di ricercare un nuovo modello di rapporto tra istituti bancari, prestatori di garanzia e imprese. «Da un lato, occorre andare oltre la pura ed asettica valutazione di bilanci e numeri - dice Marilena Bolli -. La situazione è, infatti, ancora difficile ma imprese e banche possono uscirne solo insieme. In questo senso, il ruolo dei confidi, di concerto con le diverse unioni industriali, può essere significativo non solo come agevolatori del credito ma anche come soggetti  in grado di accompagnare le Pmi verso una cultura finanziaria indispensabile per competere e crescere. Però attenzione: se certo occorre acquisire da parte delle imprese una visone che superi l’accesso al credito come qualcosa di esclusivamente riconducibile alle banche, è pure vero che esiste un problema di credit crunch che va risolto a breve. In quest’ottica, è pertanto necessario che gli istituti di credito recuperino al più presto la loro funzione precipua, mettendo finalmente a disposizione delle aziende, a tassi sostenibili, parte della dote recentemente ricevuta dalla Bce proprio allo scopo di riavviare il motore dell’economia reale, quel manifatturiero che, per citare Einaudi, continua a costituire la spina dorsale del Pil italiano».  

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