Clandestini e in nero: sanatoria per 81
Sono 81 le domande di emersione di lavoratori stranieri extracomunitari presenti da clandestini in Italia a partire almeno dal 31 dicembre dello scorso anno. Toccherà ora a un apposito organismo coordinato dal vice prefetto aggiunto, Cristina Lanini (del quale fanno parte anche un funzionario della Questura e uno dell’Ufficio del lavoro), valutare la regolarità e la completezza delle domande e decidere se possono essere o meno accolte.
I dati. Delle 81 richieste - stando ai dati elaborati dallo Sportello unico per l’immigrazione della Prefettura di Biella - 78 si riferiscono al lavoro domestico, con 52 domestici e 25 badanti. Le ultime quattro domande sono state presentate per lavoro subordinato con un operaio generico nel settore agricolo floro vivaistico, un tuttofare di alberghi e ristoranti, due addetti alle pulizie. Le domande di regolarizzazione riguardano 45 donne e 32 uomini.
Il sommerso. La difficoltà riscontrata nella compilazione delle domande soprattutto in alcuni punti, hanno costretto il Ministero a chiedere l’intervento dell’Avvocatura dello Stato per districare i nodi interpretativi. Ciò lascia supporre che i lavoratori in nero clandestini potrebbero essere molti di più rispetto a quelli che hanno chiesto di essere regolarizzati attraverso i loro datori di lavoro e che quindi, nonostante la sanatoria, il sommerso possa risultare ancora consistente. In questo caso i datori di lavoro che verranno trovati nel corso di appositi controlli con in forza dei lavoratori clandestini, potranno essere sanzionati in modo molto più pesante rispetto al passato proprio in virtù del decreto legislativo che da una parte ha concesso l’oppurtunità della sanatoria e dall’altra ha inasprito le sanzioni.
Le domande. L’ostacolo maggiore riscontrato dai datori di lavoro nell’arco del mese concesso per la sanatoria (dal 15 settembre al 15 ottobre) ha riguardato la cosiddetta prova della permanenza in Italia del clandestino per un certo periodo di tempo, rilasciata da un soggetto pubblico. Alla fine, partendo dal presupposto che la ratio della legge era sostanzialmente quella di far emergere il più possibile i lavoratori in nero, l’Avvocatura dello Stato ha sancito che la norma poteva essere interpretata nel modo più ampio possibile, includendo tra i soggetti pubblici o municipalizzati quei privati o gli enti municipalizzati che istituzionalmente o per delega svolgono funzioni di attribuzione pubblica o un servizio pubblico.
Tra le “prove” sono pertanto stati inseriti i certificati medici, di iscrizione scolastica dei figli, le tessere nominative dei mezzi pubblici, le contravvenzioni stradali, le schede telefoniche di compagnie italiane, la documentazione rilasciata da centri di accoglienza o di ricovero autorizzati o religiosi (come ad esempio il dormitorio pubblico o la Caritas). Comprese, ovviamente, anche le documentazioni rilasciate da rappresentanze consolari in Italia.
Mille euro. La dichiarazione di emersione poteva essere presentata dai datori di lavoro che al 9 agosto occupavano in modo irregolare da almeno tre mesi dei clandestini arrivati in Italia prima del 31 dicembre scorso. Gli stessi datori di lavoro hanno dovuto versare a titolo di contributo forfettario mille euro per ogni lavoratore dichiarato.