Cibo, l'Ue scopre il "Quadrante"

Cibo, l'Ue scopre il "Quadrante"
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E’ un mondo che scopre, sempre di più , l’alimentare made in Biella, made in Novara, made in Vercelli o made in Verbano. Se le realtà novarese e vercellese sono connotate da numeri ben più forti in senso assoluto, guardato sotto il profilo delle dinamiche di crescita in percentuale, l’export di realtà più piccole come Biella o il Vco rivela tuttavia una reattività a doppia cifra.

Dati. Su base tendenziale, nel primo semestre 2012, misurato in valore l’export di settore nel Quadrante ha confermato un trend in crescita verso il resto del mondo e, soprattutto, verso la Ue a 27 Paesi.  Infatti, dalla elaborazione dei dati ricavati dal sito Istat, nel periodo considerato, se le esportazioni di alimentare biellese sono complessivamente cresciute del +4,29%, verso la Ue a 27 esse hanno fatto registrare addirittura un +43,6%. Un trend crescente, ma con dimensioni più importanti in senso assoluto, qualifica anche l’export alimentare made in Novara, dove i flussi in valore sono complessivamente aumentati del 10,21% nel periodo considerato (+8,20 verso l’Ue a 27). Vercelli, pur anch’essa con un export di settore qualificato da numeri forti in senso assoluto, percentualmente registra una lieve contrazione, nell’ordine del -2,46%, delle esportazioni del suo comparto alimentare verso il mondo e una crescita del +3,99% verso i Paesi l’area Ue a 27. Vero boom si registra invece nel Vco dove l’export alimentare, con numeri in senso assoluto decisamente  più piccoli rispetto a Novara e Vercelli ma superiori a quelli di Biella, in percentuale è praticamente raddoppiato, crescendo, nel primo semestre di quest’anno rispetto allo scorso anno, del +93,60% a livello complessivo e del +97,42% nell’area Ue a 27. Da un punto di vista di media matematica, una crescita dell’export di Quadrante verso l’Ue, nel primo semestre 2012 rispetto allo stesso periodo 2011, pari quindi a +38,2%.

Comparto. «La dinamica dell’export di comparto - commenta Alessandro Ciccioni, proprietario di “Centovigne” e a capo del Gruppo Food & Beverage dell’Uib - continua ad essere brillante. Nel Biellese, una realtà di numeri piccoli in senso assoluto, ma fatta di trend con crescita accelerata. A tal punto che è oggi difficile sfruttare pienamente tutte le opportunità che il settore offre». Un limite legato soprattutto alla ridotta classe dimensionale delle aziende biellesi del Food and Beverage, nella maggior parte troppo piccole per operazioni massive di penetrazione su mercati nuovi.  «Un limite - afferma però Ciccioni - che potrebbe tuttavia essere superato già nel breve periodo, mostrando  una maggior propensione alle azioni congiunte: si tratta di riuscire a fare massa critica con un’azione di lobby territoriale, andando oltre la visione asfittica che considera il proprio vicino solo un competitor senza invece guardare ad orizzonti più vasti». Un’azione che il Gruppo Food and Beverage Uib, secondo la nuova vision industriale dell’attuale presidenza, vuole favorire mettendo in contatto le imprese del settore con società specializzate nel guidare la penetrazione di prodotti italiani sui mercati emergenti. «Si tratta - conclude Ciccioni - di colossi, in termini di grandezza e diffusione, ma calibrati anche sulla piccola distribuzione: traders importanti con cui imparare a fare i conti».  L’exploit dell’alimentare made in Vco non stupisce il direttore della locale Unione industriali, Mauro Caminito. «Il nostro distretto è polarizzato soprattutto sulle eccellenze delle rubinetterie e del casalingo - spiega Caminito -, tuttavia, al di là del peso specifico meno importante, da noi il food sta rivelando la sua tradizionale dimensione anticiclica grazie, per esempio, a realtà molto strutturate come il Gruppo Barry-Callebaut, l’ex Nestlè di Verbania e Intra, e a realtà più piccole come il Salumificio Nino Galli o Ossola Carni, aziende che costituiscono, tra l’altro, esempi di imprese export oriented. Proprio le nostre recenti indagini congiunturali, del resto, confermano la tenuta e la crescita del settore food che appare come uno dei pochissimi settori che non sollecita oggi il ricorso agli ammortizzatori sociali».

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