Edilizia: è allarme 2013

Edilizia: è allarme 2013
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Da gennaio 2013, con l’applicazione del patto di stabilità a pressoché tutti i Comuni l’attività edilizia, anche quella  minima, rischia di collassare definitivamente. «Ciò significa che anche i piccoli comuni con i conti a posto non potranno più spendere. Sappiamo già di realtà che avevano programmato lavori finanziariamente coperti che resteranno chiusi in un cassetto.

E un progetto bloccato è un cantiere che non aprirà, sono operai che non lavoreranno, è meno capacità di spesa che si rifletterà a cascata su tutto il sistema economico». E’ un grido di allarme potente quello del Collegio dei Costruttori Edili di Biella che, con una lettera inviata lunedì alle rappresentanze regionali e nazionali ed agli interlocutori politici, in primis la Regione Piemonte («stanzi un plafond per sostenere gli anticipi dei Comuni»), ha il sapore dell’ultima chiamata prima «del ricorso in massa alla cassa integrazione».

La situazione.  «Veniamo ormai  da un lustro di profonda crisi: anno dopo anno le nostre imprese hanno visto assottigliarsi i margini, conseguentemente è diminuita l’occupazione. Molte imprese hanno addirittura gettato la spugna. La domanda nel settore dell’edilizia privata ormai è quasi azzerata, l’Imu ha spaventato anche chi avrebbe potuto e voluto investire nel mattone, stessa sorte sta toccando all’edilizia pubblica», dichiara preoccupato il presidente del Collegio Angelo Forgnone.  Sono i numeri a spiegare meglio di ogni altra cosa la situazione. Da gennaio a settembre di quest’anno le 405 imprese  attive in Cassa edile con 1.120 addetti hanno lavorato per 1.259.764 ore con un ricorso complessivo alla cassa integrazione di 199.833 ore. Lo scorso anno, stesso periodo, crisi già avanzata, le imprese erano 441 (36 in più), gli addetti 1.314  (196 in più), le ore lavorate 1.460.152 (oltre 200mila in più) e le ore di cassa integrazione 118.184 (oltre 80mila in meno).

Il  settore pubblico.   «Proprio il settore pubblico ci preoccupa maggiormente in questa fase - dice Forgnone -. Grazie a questo settore, pur tra mille difficoltà, vedasi la dilazione dei pagamenti, alcune imprese sono riuscite a sopravvivere: fermo il privato, i Comuni hanno pur sempre necessità di svolgere opere di manutenzione al patrimonio pubblico». Già ora lavori effettuati da imprese iscritte al Collegio però sono stati quasi in perdita: «Quando si viene pagati con più di un anno di distanza dalla chiusura di un cantiere - aggiunge Forgnone - significa che tutto il margine di guadagno è stato divorato dagli interessi su mutui che le nostre aziende si vedono costrette ad aprire per pagare i fornitori, i dipendenti e le tasse che lo Stato pretende subito ma quando tocca a lui saldare i conti ritarda anni».
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