L'INCIPIT DEI VOSTRI RACCONTI

L'INCIPIT DEI VOSTRI RACCONTI
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Tirate fuori il vostro racconto dal cassetto! E diventate protagonisti della nuova rubrica "L'incipit dei vostri racconti", che Eco di Biella pubblicherà ogni sabato sull'edizione cartacea nel suo inizio (incipit). Per leggere il resto del racconto, occorrerà collegarsi al sito nel pomeriggio di sabato. Tutti possono partecipare all'inziativa gratuita, in collaborazione con la casa editrice biellese Lineadaria. Inviate i vostri racconti all'indirizzo lineadariaeditore@gmail.com, la selezione verrà effettuata da Federica Ugliengo. Buona lettura e buon esordio a tutti nella pagina, già cult per gli appassionati, L'Eco delle Parole.

 

Il senso della bici

di Bruno Bianco

segue da Eco di Biella in edicola questa mattina 19 gennaio 2013

 

 

 

Quando arrivava alla cima si era già fatto mezzogiorno; allora girava la bici, si faceva la discesa, rientrava in paese e andava al bar dove trovava ancora gli amici che lo aspettavano.

-Com’ è andato il giro, Renzo?-

-Come tutte le volte; una cinquantina di chilometri senz’ accorgermene.-

Renzo se ne andava verso casa convinto che gli avessero creduto; poi aggrappato al tavolo divorava il pranzo della domenica e ingurgitava qualche migliaia di calorie per compensare le venti o trenta che aveva bruciato nella sua pedalata.

Siccome in paese Renzo era l’ unico che aveva questa passione per la bicicletta, tutti gli anni gli amici lo convincevano a iscriversi alla corsa ciclistica che si faceva l’ ultimo giorno delle feste patronali del paese.

-Uno come te che conosce il senso della bici e che la domenica mattina si fa una cinquantina di chilometri senza nemmeno accorgersene, non può non fare la corsa del paese.- gli dicevano con malizia qualche giorno prima della corsa. Renzo borbottava qualche scusa, ma alla fine non riusciva a starsene fuori; così tutti gli anni gli toccava presentarsi alla partenza con la bici verdolina e la maglia della “Carpano”, in mezzo a tutta gente che davvero si faceva cinquanta chilometri senza nemmeno accorgersene.

Il primo anno gli amici andarono ad aspettarlo al traguardo, ma lui alla fine della corsa non ci arrivò.

-Che maleur che ho avuto! Ieri sera devo aver mangiato qualcosa che non ho digerito; sarà stata la peperonata che ha fatto mia moglie. Ho dovuto abbandonare, talmente avevo male allo stomaco.-

L’ anno dopo gli amici andarono ad aspettarlo in cima a un colle a metà percorso; ma anche stavolta non riuscirono a vederlo.

-Che maleur che ho avuto! A un certo punto mi ha attraversato un gatto e sono caduto; è già un miracolo che non mi sia fatto niente.-

L’ anno dopo ancora gli amici si erano piazzati in cima alla prima scalata, una salitella da niente che i ragazzini facevano con la “Graziella”; anche quell’ anno però l’ attesa per Renzo era stata inutile.

-Che maleur che ho avuto! Mi è saltata la catena proprio all’ inizio della salita.-

Allora questa volta gli amici di Renzo avevano davvero deciso di prenderlo in giro.

-Il prossimo anno veniamo a aspettarti all’ inizio della corsa, in pianura, prima che inizi qualunque salita; chissà se è la volta buona che riesci a arrivare fino a noi.-

-Se c’ è una speranza di vederti abbiamo capito che non dobbiamo metterci tanto lontano dalla partenza.-

-Adesso sappiamo anche noi cos’ è per te il senso della bici.-

Renzo era uno di compagnia, pronto alla risata e allo scherzo, ma quando si parlava di bicicletta non tollerava niente che non fosse esageratamente serio; loro ridevano, ma Renzo li aveva freddati con lo sguardo e aveva parlato a mandibole serrate come a reprimere la rabbia.

-Voi fate un po’ quello che volete che so ben io cosa fare.-

Nell’ inverno si erano dimenticati tutti di quella frase, ma quando era arrivata la primavera Renzo aveva davvero cambiato vita. Alle tre di ogni pomeriggio lasciava moglie e figlio in negozio, partiva con la bici, girava per tutte le colline e non rientrava fino a quando il sole non calava; sua moglie si lamentava che lei da sola in negozio non ce la faceva, che quando arrivava qualcuno a chiedere la luna giusta per raccogliere le patate o il concime più adatto alle barbabietole lei non sapeva cosa rispondere, ma Renzo era inflessibile:

-Ti ho già detto che fino ad agosto è così; dopo la corsa ritorna tutto come prima.-

Ma quello che preoccupava di più sua moglie era che lui non mangiava più come una volta.

-Io non so più cosa pensare.- diceva preoccupata alle amiche. -Gli agnolotti non li mangia più; solo pasta in bianco e parmigiano. Niente fritti, niente grassi; io non so più cosa fargli da mangiare.- Quando andava dal macellaio per lei era un sofferenza.

-Signora Rina, il solito pezzo da tre chili per il bollito?-

-Ma quale pezzo da tre chili! Renzo mangia solo più la bistecca ai ferri!-

-Allora si prenda un bel salame crudo stagionato.-

-Ma quale salame crudo! Non mangia più né salame, né pancetta, né lardo; solo bresaola. Una volta manco sapeva cos’ era la bresaola; adesso dice che deve ridurre le proteine e aumentare i carboidrati. Lei che è del mestiere, mi dica un po’, ma dov’è che posso trovare questi carboidrati?-

Finalmente arrivò il giorno della corsa. Gli amici l’ avevano detto e l’ avevano fatto; erano andati ad aspettarlo a tre chilometri dalla partenza, all’ inizio della prima salita. Alla partenza Renzo si era portato in mezzo alle bici e alle maglie multicolore dei corridori; c’ erano tutti i più forti a quella corsa. C’ era Romolo detto il Re per via del nome e per il l’ eleganza regale della sua pedalata. C’ era Gino detto il Soldato per la sua disciplina nell’ entrare in tutte le fughe. C’ era Mario detto il Mostro per la rabbia che metteva negli scatti in salita. E soprattutto c’ era Sergio detto il Veleno per come sapeva sfruttare il lavoro degli altri e poi attaccare senza pietà appena vedeva un loro cedimento.

Pronti via e Renzo fece subito il primo sforzo per non farsi risucchiare dal gruppo e restare con i primi; sgomitando e pedalando riuscì a prendere una buona posizione, tanto che quando passò davanti agli amici, loro si stupirono di vederlo davanti al gruppo.

-Hai visto Renzo? Per me ha dato tutto adesso per farsi vedere da noi; vedrai che si ferma appena un po’ più avanti.-

Così salirono in macchina per seguire il gruppo dei ciclisti e non perdersi la scena del ritiro di Renzo. La prima salita non era difficile, ma era già abbastanza per sgranare il gruppo e staccare i più scarsi; Renzo aveva cambiato un rapporto e sudava come un operaio in fonderia, ma restava attaccato ai primi come una sanguisuga. A meta della salita Mostro urlò che lo sentissero tutti.

-Qui dobbiamo lasciarne dietro qualcuno!-

Romolo il Re si alzò sui pedali, piantò il suo scatto elegante e il gruppo in un momento si sfaldò; Soldato lo seguì, si agganciò a ruota, lo superò e iniziò a pedalare come un forsennato. In cima al bricco il gruppo arrivò dimezzato; Renzo però era ancora lì, rosso in faccia come un pomodoro San Marzano.

-Hai visto Renzo? Sarà la prima volta in vita sua che riesce ad arrivare in cima a una salita.-

Gli amici di Renzo con la macchina si erano lasciati dietro i ritardatari e si erano accodati al gruppo dei primi; passata la discesa avevano già iniziato la seconda salita della corsa.

-Secondo me qui siamo ancora in troppi; cosa ne dici Mostro?-

Mario detto il Mostro non rispose nemmeno a Veleno, diede un accelerazione e in un attimo una quindicina di corridori persero contatto; quando Soldato si mise di nuovo in testa e iniziò il ritmo indiavolato, uno a uno si staccarono quasi tutti. Sulla vetta del colle erano rimasti i soliti nomi: il Re, Mostro, Soldato e Veleno. Insieme a loro la bici verdolina e la maglia della “Carpano”; praticamente Renzo.

-Guarda come va oggi Renzo.-

-Se non gli viene l’ infarto oggi, non gli viene mai più!-

All’ inizio della penultima salita Veleno, saltellando agilmente sui pedali come un clown del circo, si affiancò a Renzo e parlò a voce alta.

-Ma guarda un po’ che abbiamo con noi il grande ciclista Renzo; non vorrei mai che a fare tutta questa fatica dovesse avere qualche problema di salute. Soldato, pensaci tu ad aiutarlo.-

Con la solita faccia seria Soldato aumentò il ritmo; seduto sul sellino accelerava, accelerava, accelerava come se non dovesse più smettere. Il gruppetto si allungò in fila indiana; in coda Renzo, sempre più rosso in faccia, sbuffava, cambiava rapporto, si alzava sui pedali, si risedeva sul sellino, cambiava ancora rapporto, risbuffava, ma era sempre lì, attaccato alla ruota di quello che gli stava davanti. A metà del salita Soldato inizio a rallentare la velocità delle pedalate, di poco, ma di quel tanto che bastò a Veleno per capire che era venuto il suo momento; si staccò dalla fila mettendosi di lato e parlò con un sorriso maligno.

-Signori, la compagnia è piacevole, ma adesso ho bisogno di un po’ di solitudine.-

Poi si alzò sui pedali e in un batter di ciglia fece su un’ accelerata che per un momento la bicicletta sembrò dovesse spezzarsi in mille pezzi talmente vibrava per lo sforzo sui pedali. Con tutto il peso in avanti sul manubrio, Veleno si mangiò il tornante e quello dopo e quello dopo ancora; poi si sedette sul sellino e quasi senza muovere le spalle continuò la sua azione non più a scatti ma con un’ implacabile velocità continua.

Dietro di lui Mostro, Re e Soldato avevano perso contatto uno a uno; Renzo con fatica estrema da ultimo della fila aveva tenuto il suo passo e da dietro li aveva superati tutti riuscendo a non perdere più di qualche decina di metri da Veleno. In cima alla salita Renzo, che dalla fatica respirava come se avesse l’ asma, agganciò Veleno e i due iniziarono la discesa insieme; Veleno adesso non scherzava più e lo guardava come se dovesse mordergli nel collo da un momento all’altro. All’ inizio dell’ ultima salita, la durissima arrampicata del Bric Bertel, Veleno gli parlò serio.

-Adesso basta Renzo; da qui in avanti le nostre strade si devono separare.-

Veleno ripeté lo scatto di prima, anzi ancora più forte se mai fosse possibile andare più forte di prima; quando si sedette sul sellino si voltò convinto di vedere che Renzo fosse solo più un punto in lontananza. Renzo però era dietro solo di qualche metro, con il sudore che gli grondava fin sui piedi e il respiro che risuonava coma una porta cigolante; appena Veleno vide che Renzo era sempre vicino a lui si sentì improvvisamente come se con una siringa gli avessero svuotato i muscoli e in un momento gli sembrò di avere solo più il vuoto dentro di sé.

-Si è piantato! Veleno si è piantato!-

-Vai Renzo che lo prendi!-

Renzo sembrava non rendersi nemmeno più conto di quello che gli succedeva intorno, degli amici che urlavano dal finestrino della macchina, di Veleno che poco davanti a lui cambiava un rapporto dopo l’ altro, pedalava a fatica e sembrava restare sempre nello stesso posto talmente andava piano. Renzo raggiunse Veleno e lo sorpassò sulla destra; Veleno sembrò quasi cercare di aggrapparsi con lo sguardo alla sua bicicletta, ma poi restò lì, continuando a pedalare praticamente su se stesso.

-Qualche problema Veleno?-

-Vuoi goderti il paesaggio, che vai così piano?-

-Fai pure con comodo che tanto Renzo ti aspetta all’ arrivo.-

La macchina degli amici superò Veleno e si portò di fianco a Renzo che pedalando ormai come un’ automa saliva implacabile i tornanti uno a uno. In vetta a Bric Bertel Veleno era ormai scomparso dalla vista; Renzo si lanciò per la discesa e senza mollare divorò l’ultima pianura. Sotto lo striscione c’ era un po’ tutto il paese ad aspettarlo; Renzo arrivò a meno di cento metri dal traguardo proprio davanti agli stand della pro loco che stavano cucinando per l’ ultima sera della festa. Passò davanti al cartellone che riportava scritti con il pennarello le varie voci del menù, come agnolotti al plin, tagliatelle al sugo d’ arrosto, grigliata mista, braciola di maiale e si fermò; liberò i piedi dal gancio dei pedali, appoggiò la bici al primo albero vicino e si sedette ai tavoloni in legno seminati nel prato.

-Cosa fai Renzo? Devi ancora passare il traguardo!-

Gli amici erano scesi dalla macchina e lo stavano raggiungendo ai tavoli; ma Renzo era già tranquillamente seduto e parlava deciso a quelli della pro loco.

-Non perdiamo più tempo; iniziate a prepararmi un bel piatto di agnolotti e poi una grigliata mista con una montagna di patatine fritte. Come vino facciamo un barbera di quelli come si deve.-

In quel momento sulla strada alle spalle di Renzo comparve Veleno; avanzava con la pedalata sterile di come l’ avevano lasciato sulla salita. Renzo si voltò e lo chiamò.

-Ma dove vai Veleno; fermati a mangiare qualcosa con noi. C’ è un barbera di quelli che lo assaggi e ti resta il gusto in bocca per tutto il giorno.-

Veleno lo guardò con l’ espressione vuota di chi ha ormai perso il lume della ragione; poi superò i tavoli dalla pro loco e ritornò a guardare avanti verso il traguardo. Renzo scrollò le spalle e guardando i suoi amici, con il tono rassegnato di chi si sente impotente verso l’ imbecillità, lanciò la sua sentenza:

-Quello non l’ ha mai capito il senso della bici.-

Poi iniziò a mangiare gli agnolotti senza dare peso più di tanto al fiume di parole che arrivava dai suoi amici seduti di fianco che avevano ordinato alla pro loco gli stessi piatti di Renzo. Bevve un bicchiere di barbera e si voltò di nuovo verso la strada a guardare il povero Veleno; a passo lento si avvicinava al traguardo, pedalando senza entusiasmo nel tramonto della sera.

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