Sanità, ecco cosa può perdere Biella

Sanità, ecco cosa<BR> può perdere Biella
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 Ora il quadro è più chiaro. Con il piano di riorganizzazione della sanità piemontese l’assessorato guidato da Paolo Monferino fornisce un punto d’osservazione ben preciso su ciò che rimarrà e cosa no all’interno degli ospedali della regione. E Biella, tutto sommato, anche per voce degli stessi operatori, ne esce bene. Perché se è vero che i “bollini rossi” (che significano “addio” alle specialità che non raggiungono determinati standard) apposti su otto specialità interventistiche sono tanti, è altrettanto vero che dopo Novara nessuno registra i numeri di Biella. Che si candida dunque a diventare il secondo ospedale del Quadrante per importanza. E che potrebbe, con gli accorpamenti di reparti e specialità previsti dal piano sanitario, arrivare ad ottenere anche qualcosa di più rispetto a ciò che già oggi fa. Di fatto, con lo studio prodotto dall’Agenzia regionale dei servizi sanitari, l’Aress, il nostro ospedale esce dalla definizione di struttura al solo servizio del territorio, come l’aveva etichettato l’assessore Paolo Monferino, per candidarsi a diventare punto di riferimento di un bacino ben più ampio. 

Le specialità.  A Biella, secondo i numeri, sono salvi gli interventi che riguardano le protesi d’anca, la mammella, quelli al colon, al retto, allo stomaco e alla tiroide, e poi ancora quelli che riguardano i tumori all’utero, gli aneurismi chirurgici, il tumore alla prostata. E anche per le altre specialità che non raggiungono gli standard minimi fissati dalla Regione, non è detta l’ultima parola. Perché l’accorpamento dei reparti all’interno del Quadrante, per la creazione della cosiddetta rete ospedaliera, potrebbe portare Biella a essere punto di riferimento, vista anche la presenza del nuovo ospedale e la distanza da Novara. Tutto il contrario di Vercelli, molto vicino a quello che è l’ospedale di riferimento e con una struttura ben più “vecchia” della nostra.  Così come succederà nell’ambito della mammella: diventeremo infatti il punto di riferimento del Quadrante grazie a un nuovo progetto che verrà presentato a giorni e che porterà tutti i chirurghi del nostro ambito territoriale a dialogare e a vedere Biella come guida. 

Cosa potremmo perdere.  Secondo i “bollini rossi” della Regione a rischio ci sono otto attività. Si tratta degli interventi al pancreas (nove contro i dieci richiesti), all’esofago (uno contro dieci richiesti), al fegato (undici contro dodici richiesti), gli interventi che riguardano i tumori all’ovaio (tre contro dieci richiesti), gli aneurismi radiologici (uno contro dieci), i tumori alla vescica (quattro contro dieci), i tumori al rene (sette contro dieci) e le laringectomie (quattro contro dieci). 

E gli altri ospedali?  Nel nostro quadrante sono ben dieci i presidi ospedalieri. Per numeri Novara è quasi inavvicinabile (anche se i dati diffusi prendono in considerazione in diversi casi due equipe mediche e dunque l’attività riportata dev’essere dimezzata per capire la produttività), mentre Vercelli, che già svolge meno funzioni di noi, rischierebbe di perdere altre specialità. Un discorso a parte, soprattutto perché coinvolge moltissime mamme biellesi, lo merita il punto nascite di Borgosesia che non raggiunge lo standard minimo di 500 (si ferma a 473) e dunque, di fatto, potrebbe essere cancellato.

Le tempistiche.  Viste le condizioni del bilancio regionale, indebitato per dieci miliardi, come annunciato dal Governatore Roberto Cota nei giorni scorsi, le tempistiche per gli accorpamenti di reparti e specialità avverranno nel breve periodo. Cota ha già invitato tutti quanti, specie i politici, a non ostacolare l’operazione, annunciando che «non saranno fatti sconti a nessuno». Dunque saranno i numeri a parlare: tutti gli ospedali perderanno qualcosa, molti guadagneranno. Biella appare messa in buona posizione per la sua tradizione e per la produttività. Non resta che aspettare il prossimo passo per capire le ricadute. Enzo Panellipanelli@primabiella.it

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