Pella e Apicella, il "ricco" e il "povero"

Pella e Apicella, il "ricco" e il  "povero"
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L’etichetta del più “ricco” della giunta comunale gli pesa almeno un po’. Ma neanche sotto tortura lo darebbe a vedere. Roberto Pella, delega allo sport, cade dalle nuvole e l’argomento dei redditi non lo appassiona. Per nulla.

ROBERTO PELLA: IL RICCO.

Dispiaciuto per la pubblicazione, a norma di legge, delle dichiarazioni dei redditi?
«Ma no... Non vedo nulla di male... La legge lo prevede, viva la legge. Anche se io non mi interesso di quanto guadagnino gli altri assessori oppure i consiglieri comunali. E nemmeno mi appassiono di quanto guadagnano altre persone a Biella o a Valdengo. Quindi accetto la situazione. Qualche amico mi ha già telefonato e fatto qualche battuta sull’argomento. Ci sta. Io, però,  non ho neanche letto gli articoli dei giornali che davano queste notizie. Perché credo che un politico vada valutato per altro, non per i suoi redditi familiari o personali. Questioni che nulla hanno a che vedere con il proprio mandato».

I dati, apparsi sul sito del Comune, dicono che lei ha dichiarato 188 mila euro di reddito nel 2012.
«D’accordo. E quindi? Io sono un imprenditore e ho quel reddito lì. Di cosa mi dovrei vergognare?»

Di nulla, per carità. Ma lei si sente una persona ricca?
«Ma figuriamoci. Sono un imprenditore, che dà lavoro ad una trentina di persone, quindi di famiglie. E come tutti sanno i redditi di un imprenditore non sono per nulla fissi. Un anno va bene, l’anno dopo può andare male. Dopodiché sono proprietario di una casa, di un garage... Dove sarebbe la ricchezza? Non scherziamo».

E con la politica, invece, quando guadagna?
«Cifre ridicole, comunque note e tracciabili da chi di dovere. Dal Comune di Valdengo non percepisco un solo euro. Da quello di Biella, come assessore, qualcosa come 800 euro al mese. E per l’attività nell’Anci, attraverso i gettoni di presenza, non so se arrivo a 500 euro all’anno. Mi pare evidente che non mangio e vivo con soldi pubblici».

Il più ricco è Federico Rosazza Prin. Se l’aspettava?
«Ma figuriamoci. Io non faccio alcun commento, neanche sull’opposizione».

 

LUIGI APICELLA: IL POVERO.

Non è il più “povero” del consiglio comunale, dove ci sono anche disoccupati e giovani ai primi passi nelle rispettive carriere, ma nella classifica delle dichiarazioni dei redditi il consigliere e ristoratore Luigi Apicella è comunque in basso. Molto in basso.

Possibile?
«Certo. Perché stupirsene?»

Mah così... La sua pizzeria è nota e molto frequentata.
«Premessa: la Guardia di finanza può venire quando vuole. Gli ispettori dell’Agenzia dell’entrate, pure. Io non ho niente da nascondere. Il mio lavoro è alla luce del sole. Da sempre».

Nessuno lo mette in dubbio. Ma ci spiega la sua dichiarazione dei redditi?
«Volentieri. E’ semplicissimo. Ho 56 anni. Lavoro da una vita. Ho fatto tanti, anzi, tantissimi sacrifici. E da qualche anno sto delegando ai miei familiari la gestione dell’azienda. E mi riferisco a mia moglie e ai miei figli, due dei quali sono maggiorenni. Loro sono i titolari di una società che è proprietaria di tutto. Di conseguenza gli utili in buona parte sono a loro vantaggio. Basterebbe controllare le loro dichiarazioni dei redditi».
Per carità. Poco più di 15 mila euro paiono, comunque, un po’ pochi.
«Negli ultimi anni il lavoro è crollato del 30 o del 40 per cento nel settore della ristorazione. Mentre le tasse e le imposte restano o aumentano. Io devo pagare al Comune qualcosa come 8 mila euro per l’immondizia. Non mi vergogno a dire che ho chiesto di spalmare i pagamenti in più soluzioni. Spero di aver reso l’idea».
 
Certo. E’ contrario alla pubblicazione dei redditi del consiglio?
«Per carità... Chi non ha niente da nascondere non deve avere alcun timore. Quindi per me è una cosa legittima. Tanto è vero che le mie dichiarazioni del passato, avevano importi diversi. E’ dal 2012 che io non sono più il titolare della pizzeria “La Lucciola”. Senza contare che io preferisco guadagnare qualcosa meno, ma dare lavoro a delle persone che si sono sempre date da fare».

In che senso?
«Sono proprietario di un bar dove lavorano in due, il “Rendez vous”. Ogni caffè uno scontrino! Eppure i conti non tornano... Ma io non  ci penso a chiudere e mettere due persone e due famiglie in mezzo ad una strada».

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