Pmi tessili: la sfida della crescita

L’economia italiana che riparte dalla fabbrica; l’accordo di liberi scambio tra Ue e Stati Uniti; la dimensione delle imprese italiane: tre elementi che, proprio nei giorni in cui a Roma si tiene l’assemblea di Confindustria (chiuderà oggi con la parte pubblica), contribuiscono a scrivere nuovi capitoli dell’agenda del tessile italiano. Si tratta di tre punti qualificanti rispetto ai quali il sistema del tessile-abbigliamento non può permettersi di farsi trovare impreparato.
Fabbrica. Che l’economia italiana riparta dalla fabbrica lo dice il recente 85º Rapporto di analisi dei settori industriali di Intesa Sanpaolo e Prometeia secondo il quale l’industria italiana concluderà il 2014 con una crescita del fatturato dell’1,5% (a prezzi costanti). A partire dal 2015, e nell’orizzonte di previsione al 2018, il manifatturiero italiano potrà conseguire ritmi di crescita superiori al 2%, grazie alle attese di mantenimento di buone prospettive di domanda internazionale ma anche ai miglioramenti che interesseranno il mercato domestico.
Prospettive. E’ sul versante del rafforzamento internazionale che si gioca quindi una partita importante per il settore. In quest’ottica, nei giorni scorsi, l’Uib ha ospitato un seminario dedicato alle prospettive che, per le Pmi del settore tessile, si possono aprire alla luce dell’accordo di libero scambio tra Ue e Stati Uniti, attualmente in fase di negoziazione. L’incontro biellese, nell’ambito del “Piano Usa” avviato dall’Ice Agenzia su incarico del Ministero dello Sviluppo Economico, è stato patrocinato da Uib (che ha ospitato l’evento) e da Smi. Si è trattato di un seminario formativo che ha fatto il punto sui principali aspetti tecnici che le Pmi devono conoscere per una penetrazione economica efficace in Usa.
Export. Le elaborazioni ricavabili dagli ultimi dati ufficiali Istat disponibili e riferibili a tutto il 2013, mettono in luce come il tessile biellese abbia visto una crescita su base del proprio export verso gli States. Il semilavorato tessile made in Biella ha, infatti, visto incrementare le proprie vendite estere sul mercato americano sia per quanto concerne i filati (+4,77%), sia per quanto attiene i tessuti (+5,01%) e gli “altri prodotti tessili” +0,7%.
Dimensioni. Il punto dolente resta però quello della dimensione delle imprese di settore. Un problema sottolineato dalla presidente Uib, Marilena Bolli, ma anche dal presidente Smi, Claudio Marenzi (vedi articolo a lato).
«I dati che giungono dalle ultime rilevazioni congiunturali, confermano il ruolo propulsivo dell’export per il tessile biellese - dice infatti la presidente dell’Uib -. Questa importante “valvola”, tuttavia, non riesce a liberare pienamente tutte le sue intrinseche potenzialità a causa di alcuni fattori tra i quali la ridotta dimensione e l’ancor basso tasso di internazionalizzazione delle nostre imprese tessili locali, rappresentate da realtà piccole e medie, soprattutto se valutate tenendo conto dei parametri europei di riferimento. Camminare sulla strada della crescita dimensionale e dell’internazionalizzazione è quindi un compito che dobbiamo sentire come nostro e prioritario. Soprattutto alla luce di quanto si sta muovendo nel contesto globale: non possiamo infatti dimenticare come il progetto di partenariato transatlantico per il commercio e gli investimenti tra l’Ue e gli Stati Uniti miri a creare la più grande zona di libero scambio del pianeta, con circa 800 milioni di consumatori, che rappresenterà quasi la metà del prodotto mondiale lordo (Pil) e un terzo del commercio globale».
Secondo il Commissario al Commercio Ue, Karel de Gucht, il Trattato offrirà all’Europa due milioni di posti di lavoro in più, 119 miliardi di euro di Pil.
«Non so se i numeri saranno esattamente questi - conclude Marilena Bolli -, ma tutto ciò basta per rendersi conto dell'enorme opportunità che gli Stati Uniti possono rappresentare per le imprese italiane e, nella fattispecie, biellesi: crescere dimensionalmente è quindi un dovere»..
Giovanni Orso