La ripresa si chiama “Biella 2020”
BIELLA - Alla fine, un nome è saltato fuori. E qualora venisse concretizzato un “Biella 2020”, piano strategico per lo sviluppo del territorio nei prossimi cinque anni, non si potrà dire che la scuola non abbia fatto la sua parte. Perché l’idea di un “Biella 2020” è nata proprio attorno alla tavola rotonda indotta dagli studenti dell’Iis “Eugenio Bona” di Biella, all’inaugurazione della mostra “Il Biellese: limiti e opportunità”. Un’esposizione, quella proposta dai ragazzi con la supervisione del professor Stefano Garlanda e con il consenso della preside Raffaella Miori, che si articola in una serie di fotografie organizzate in due sezioni, i limiti e le opportunità, e in categorie, quali natura, territorio, artigianato, arte, economia, cultura. A legare gli scatti, fili di lana come fili di identità. Ciò che è negativo, è il succo della mostra, può trasformarsi in qualcosa di propositivo: il Biellese è centro deserto, saracinesche abbassate, bus fuori servizio, ma anche il panorama delle montagne, l’eredità del tessuto di pregio, le parole che invogliano al cambiamento.
I giovani meritano risposte sul futuro del loro Biellese. E le autorità non si sono negate al confronto. Al dibattito, moderato da Paolo Gallana, hanno preso parte: Emanuele Ramella Pralungo, presidente della Provincia di Biella; Pier Francesco Corcione, direttore dell’Unione Industriale Biellese; Franco Ferraris, presidente della Fondazione Crb, e Mario Novaretti, presidente del Gruppo di Azione Locale Montagne Biellesi. Con loro, una studentessa dell’istituto, Francesca Bottura, che ha chiesto ai presenti motivi per restare, per far sì che i giovani che amano il Biellese possano trovarvi futuro.
Quali i limiti del territorio? Niente che non sia risaputo, e attenda un esito. Emanuele Ramella Pralungo ha elencato: l’irraggiungibile Pedemontana, comunicazione tecnologica intermittente, difficoltà a curare i collegamenti interni, ma soprattutto un’inefficienza della rete ferroviaria che è al primo posto tra i limiti da combattere, per superare l’isolamento. Fisico come culturale: «È tipico dei biellesi, non volersi “contaminare”», ha fatto notare il presidente della Provincia. Per offrire cosa? Il passato, che è sapere, non va buttato e Pier Francesco Corcione snocciola numeri buoni, già diffusi: «Nei prossimi cinque anni, le aziende locali dovranno assumere 2mila persone. È vero che le imprese sul territorio si sono fortemente ridotte (2mila circa, delle quali 700 sono tessili), ma va detto che il 40 per cento dei tessuti di alta gamma venduto nel mondo viene da Biella. Il futuro è nella formazione e nella scuola, che può contare su imprenditori disponibili».
L’azione, quindi: secondo Franco Ferraris, bisogna finirla con le analisi e passare a un piano da attuare e consegnare ai giovani. Concorda Mario Novaretti, contrario alle iniziative “tanto per fare”: «Molte idee sono morte in quanto nate solo perché c’erano dei finanziamenti. Se un’idea non riesce ad autoalimentarsi dopo, non è una buona idea».
Un piano strategico è stata la riflessione finale su cui meditare. A una condizione, l’idea di Franco Ferraris: «Ci deve essere un soggetto che guidi il progetto».
Forse, le vere guide possono essere i giovani, la portavoce dei quali, Francesca Bottura, ha chiuso la tavola rotonda, chiedendo a tutti di raccontare cosa sia Biella con orgoglio. «Come si farebbe con Parigi, Londra o New York». Nel segno della, un tempo, tanto evitata contaminazione.
Giovanna Boglietti
BIELLA - Alla fine, un nome è saltato fuori. E qualora venisse concretizzato un “Biella 2020”, piano strategico per lo sviluppo del territorio nei prossimi cinque anni, non si potrà dire che la scuola non abbia fatto la sua parte. Perché l’idea di un “Biella 2020” è nata proprio attorno alla tavola rotonda indotta dagli studenti dell’Iis “Eugenio Bona” di Biella, all’inaugurazione della mostra “Il Biellese: limiti e opportunità”. Un’esposizione, quella proposta dai ragazzi con la supervisione del professor Stefano Garlanda e con il consenso della preside Raffaella Miori, che si articola in una serie di fotografie organizzate in due sezioni, i limiti e le opportunità, e in categorie, quali natura, territorio, artigianato, arte, economia, cultura. A legare gli scatti, fili di lana come fili di identità. Ciò che è negativo, è il succo della mostra, può trasformarsi in qualcosa di propositivo: il Biellese è centro deserto, saracinesche abbassate, bus fuori servizio, ma anche il panorama delle montagne, l’eredità del tessuto di pregio, le parole che invogliano al cambiamento.
I giovani meritano risposte sul futuro del loro Biellese. E le autorità non si sono negate al confronto. Al dibattito, moderato da Paolo Gallana, hanno preso parte: Emanuele Ramella Pralungo, presidente della Provincia di Biella; Pier Francesco Corcione, direttore dell’Unione Industriale Biellese; Franco Ferraris, presidente della Fondazione Crb, e Mario Novaretti, presidente del Gruppo di Azione Locale Montagne Biellesi. Con loro, una studentessa dell’istituto, Francesca Bottura, che ha chiesto ai presenti motivi per restare, per far sì che i giovani che amano il Biellese possano trovarvi futuro.
Quali i limiti del territorio? Niente che non sia risaputo, e attenda un esito. Emanuele Ramella Pralungo ha elencato: l’irraggiungibile Pedemontana, comunicazione tecnologica intermittente, difficoltà a curare i collegamenti interni, ma soprattutto un’inefficienza della rete ferroviaria che è al primo posto tra i limiti da combattere, per superare l’isolamento. Fisico come culturale: «È tipico dei biellesi, non volersi “contaminare”», ha fatto notare il presidente della Provincia. Per offrire cosa? Il passato, che è sapere, non va buttato e Pier Francesco Corcione snocciola numeri buoni, già diffusi: «Nei prossimi cinque anni, le aziende locali dovranno assumere 2mila persone. È vero che le imprese sul territorio si sono fortemente ridotte (2mila circa, delle quali 700 sono tessili), ma va detto che il 40 per cento dei tessuti di alta gamma venduto nel mondo viene da Biella. Il futuro è nella formazione e nella scuola, che può contare su imprenditori disponibili».
L’azione, quindi: secondo Franco Ferraris, bisogna finirla con le analisi e passare a un piano da attuare e consegnare ai giovani. Concorda Mario Novaretti, contrario alle iniziative “tanto per fare”: «Molte idee sono morte in quanto nate solo perché c’erano dei finanziamenti. Se un’idea non riesce ad autoalimentarsi dopo, non è una buona idea».
Un piano strategico è stata la riflessione finale su cui meditare. A una condizione, l’idea di Franco Ferraris: «Ci deve essere un soggetto che guidi il progetto».
Forse, le vere guide possono essere i giovani, la portavoce dei quali, Francesca Bottura, ha chiuso la tavola rotonda, chiedendo a tutti di raccontare cosa sia Biella con orgoglio. «Come si farebbe con Parigi, Londra o New York». Nel segno della, un tempo, tanto evitata contaminazione.
Giovanna Boglietti