Colpito 100 volte con mannaia e coltello
BIELLA - Verrà processato a 85 anni per tentato omicidio. Per la Procura, anche Francesco Delmastro, ospite attualmente della struttura “Casa Albert” di Viverone, ha partecipato in concorso con la figlia all’aggressione del convivente di lei avvenuta il 16 giugno dell’anno scorso nell’appartamento di via Gorei, a Biella, dove i tre abitavano. Il giudice, Claudio Passerini, ha fissato la prima udienza del processo per il 2 novembre del prossimo anno.
La figlia, Camilla Delmastro, 51 anni, accusata anche lei di tentato omicidio, sta attualmente affrontando il processo con rito abbreviato. Nella scorsa udienza, il pubblico ministero, Giorgio Reposo, ha chiesto per lei - già recidiva - una pesante condanna a sette anni di reclusione. La sentenza è attesa tra pochi giorni, il prossimo 30 novembre.
Dal capo d’imputazione, emerge che la vittima della brutale aggressione, Vincenzo Scerbo (parte civile con l’avvocato Andrea Mutti), 57 anni, riportò ben cento ferite provocate da coltellate e colpi di una piccola e micidiale mannaia. Stando all’accusa, l’uomo si era salvato solo per miracolo. In seguito rimase in ospedale per mesi e venne sottoposto a numerosi interventi chirurgici. Per gli inquirenti, fu Camilla Delmastro, all’improvviso, senza apparente motivo, a istigare il padre Francesco a colpire il suo convivente dicendogli: «Uccidilo». Salvo poi colpire lei stessa l’uomo con un coltello nella zona del torace e dell’ascella sinistra. A utilizzare la mannaia - sempre per l’accusa - sarebbe stato invece l’anziano con colpi al volto, alla testa e alle gambe.
«Una macelleria». C’è chi ci avrebbe scommesso che, prima o poi, sarebbe successo qualcosa di grave in quella palazzina di via Gorei: già troppe volte, in passato, le forze dell’ordine erano intervenute per riportare la calma in quella famiglia. Screzi pesanti e ritorsioni, c’erano stati anche con i vicini, ogni volta con l’arrivo delle forze dell’ordine. In un’occasione, l’indagata avrebbe persino dato fuoco alla sedia a rotelle del figlio della vicina. Quel venerdì sera era scoppiato l’inferno. «Quell’appartamento sembrava una macelleria, c’era sangue dappertutto», si era lasciato sfuggire un inquirente, schifato e cereo. Il ferito, dopo mesi trascorsi in ospedale, si era ripreso.
Valter Caneparo
BIELLA - Verrà processato a 85 anni per tentato omicidio. Per la Procura, anche Francesco Delmastro, ospite attualmente della struttura “Casa Albert” di Viverone, ha partecipato in concorso con la figlia all’aggressione del convivente di lei avvenuta il 16 giugno dell’anno scorso nell’appartamento di via Gorei, a Biella, dove i tre abitavano. Il giudice, Claudio Passerini, ha fissato la prima udienza del processo per il 2 novembre del prossimo anno.
La figlia, Camilla Delmastro, 51 anni, accusata anche lei di tentato omicidio, sta attualmente affrontando il processo con rito abbreviato. Nella scorsa udienza, il pubblico ministero, Giorgio Reposo, ha chiesto per lei - già recidiva - una pesante condanna a sette anni di reclusione. La sentenza è attesa tra pochi giorni, il prossimo 30 novembre.
Dal capo d’imputazione, emerge che la vittima della brutale aggressione, Vincenzo Scerbo (parte civile con l’avvocato Andrea Mutti), 57 anni, riportò ben cento ferite provocate da coltellate e colpi di una piccola e micidiale mannaia. Stando all’accusa, l’uomo si era salvato solo per miracolo. In seguito rimase in ospedale per mesi e venne sottoposto a numerosi interventi chirurgici. Per gli inquirenti, fu Camilla Delmastro, all’improvviso, senza apparente motivo, a istigare il padre Francesco a colpire il suo convivente dicendogli: «Uccidilo». Salvo poi colpire lei stessa l’uomo con un coltello nella zona del torace e dell’ascella sinistra. A utilizzare la mannaia - sempre per l’accusa - sarebbe stato invece l’anziano con colpi al volto, alla testa e alle gambe.
«Una macelleria». C’è chi ci avrebbe scommesso che, prima o poi, sarebbe successo qualcosa di grave in quella palazzina di via Gorei: già troppe volte, in passato, le forze dell’ordine erano intervenute per riportare la calma in quella famiglia. Screzi pesanti e ritorsioni, c’erano stati anche con i vicini, ogni volta con l’arrivo delle forze dell’ordine. In un’occasione, l’indagata avrebbe persino dato fuoco alla sedia a rotelle del figlio della vicina. Quel venerdì sera era scoppiato l’inferno. «Quell’appartamento sembrava una macelleria, c’era sangue dappertutto», si era lasciato sfuggire un inquirente, schifato e cereo. Il ferito, dopo mesi trascorsi in ospedale, si era ripreso.
Valter Caneparo