"Liberazione e antifascismo: è tempo che politica guardi al futuro", il discorso audace del sindaco Olivero
Biella fu liberata il 24 aprile di ottant'anni fa, oggi le celebrazioni ufficiali. Le parole del primo cittadino non mancheranno di far discutere

Oggi, 24 aprile, Biella e il Biellese festeggiano l’anniversario della Liberazione dal Nazifascismo, liberazione che la nostra città ottenne, pressoché da sola, un giorno prima rispetto a Milano, Torino e altre città occupate dai nazisti nel nord. Ai Giardini Zumaglini, al Monumento ai Caduti, si è svolta questa mattina la commemorazione delle autorità, dei cittadini, dell'Anpi, delle associazioni dei combattenti e d'arma.
In quest'occasione il sindaco di Biella Marzio Olivero, espressione di un elettorato di destra, ha tenuto un discorso approfondito che ha affrontato diversi temi sensibili, come Fascismo e antifascismo, afferenti il modo di fare politica oggi.
E che non mancherà di far discutere.
Il discorso del sindaco Marzio Olivero
Care concittadine e cari concittadini,
si celebra oggi l’ottantesimo anniversario della Liberazione e il termine di una stagione dolorosa che divise e segnò profondamente il nostro Paese.
Si ricorda la lotta partigiana e il sacrificio di uomini e di donne nella guerra fratricida contro i soldati della RSI e in quella contro l'esercito tedesco.
Si ricorda la Resistenza, la fine del ventennio Fascista con l’uccisione di Benito Mussolini, il termine dell’occupazione nazista e la fine della seconda guerra mondiale.
Quella data, ancorché non segnò purtroppo anche la fine della guerra civile che si protrasse ancora per mesi dopo la fine del conflitto, rappresentò il crinale, il passaggio dal Regime Fascista ormai concluso alla nostra nascente democrazia che se pur cresciuta tra tante contraddizioni è ora solida e matura.
Una democrazia che nel riconoscere il valore della libertà come diritto di ognuno, e non come concessione da parte di alcuni, mirava a riunire il popolo italiano per superare le ferite profonde del dopoguerra. Precisa volontà questa che emerse già nelle parole dell’allora ministro Mario Scelba - del 1952 la legge che porta il suo nome contro l’apologia del Fascismo e del PNF - che proprio in occasione delle celebrazioni del 25 aprile del 1955 - nel decennale - ebbe a dire:
«Se ricordiamo le tragiche vicende della più recente storia d'Italia non è per rinfocolare odi o riaprire ferite, coltivare la divisione, ma perché vano sarebbe il ricordo dei morti e la celebrazione dei sacrifici sofferti se non ne intendessimo il significato più genuino ed il valore immanente, se gli italiani non avessero a trar profitto dagli insegnamenti delle loro comuni esperienze, e, tra gli italiani, i giovani sopra tutto, a cui è servato l'avvenire della Patria.»
E con il dovere di ricordare esiste una responsabilità per ognuno di noi nell'agire! Ad un secolo dalla nascita del Fascismo e ad ottanta anni dal temine della guerra di Liberazione quelle ferite si sono rimarginate o si sono tenute aperte? Si è cercato di superare quella divisione o la si è voluta coltivare? Ognuno di noi è libero di dare in coscienza una risposta a queste domande. Ed ognuno di noi è libero di vivere la celebrazione di oggi come un momento di ricomposizione o di contrasto.
Ma c’è un altro profilo da considerare non meno importante. La Resistenza come l’antifascismo vanno trattati con scrupolo. C’è chi si indigna se vengono pronunciate parole inesatte o infelici su quella stagione ma non si scompone se a quell’epoca e a quegli uomini e a quelle donne vengono oggi assimilate miserie esclusive del nostro tempo.
Oggi con semplificazioni imbarazzanti viene da taluni etichettato come fascista tutto ciò che non si condivide e data la veste di antifascismo ad ogni battaglia politica o ideologica che si conduce.
Basta assai poco per essere imputati di mancato zelo antifascista ma si consente che a questo venga accostato qualsiasi pensiero, ogni idea o concezione senza filtro alcuno e senza che vi sia un qualsiasi legame – non foss'altro che per le quattro generazioni che da allora si sono succedute – con quei fatti, con quell'epoca, con quella società!
Non è così che può essere trattato l’antifascismo se se ne vuole preservare la memoria storica.Un momento così importante della nostra storia non può essere svilito solo per riempire un vuoto di ideali e di orizzonti.
Chi ha vissuto l'antifascismo ha il diritto di essere collocato nel periodo storico che l’ha visto combattere e dare la vita per le proprie aspirazioni e non deve essere associato ad un mondo e ad una realtà che nulla ha in comune con l’Italia di 80 anni fa e con la lotta ad un Regime nato più di 100 anni fa.
La storicizzazione di quell’epoca e di quegli eventi è il solo modo per preservarne la memoria dovuta; consegnare alla storia fatti ed eventi accaduti un secolo fa non significa consegnarli all’oblio, significa impedirne qualsiasi indebita contaminazione.
Significa impedire che l’antifascismo diventi la bandiera anche di idee e movimenti che con quell’epoca storica e quanti vissero quegli eventi nulla hanno a che vedere e a che spartire.
E' maturo il tempo di restituire il Fascismo e l'antifascismo alla storia, recuperando quell'amor patrio che una contrapposizione ormai antistorica vorrebbe ancora impedire.
E' tempo che la politica abbandoni usi e abusi impropri e anacronistici del nostro passato.
E' tempo di guardare al futuro, tenendo alta la guardia contro ogni tentazione autoritaria o totalitaria, difendendo la nostra libertà e la nostra democrazia uniti, come Paese e come Italiani.