Non fu abuso d’ufficio: appuntato assolto
Assolto in primo grado, assolto anche in appello. Il calvario per Marco Casavere, appuntato dei carabinieri, dovrebbe concludersi qui, con la sentenza emessa giovedì mattina dalla Corte d’appello di Torino, ancora una volta con formula piena: «Perche il fatto non sussiste».
Fino a tre anni fa, Casavere era in servizio al Nucleo ispettorato del lavoro. Era accusato d’abuso d’ufficio nell’ambito dell’inchiesta che aveva portato in carcere un ex dipendente dell’Inps accusato a sua volta di essersi spacciato per ispettore dello Spresal e dello stesso Inps e di aver costretto alcuni imprenditori ad avvalersi di prestazioni professionali di cui non avevano in realtà nessun bisogno a fronte di pagamenti variabili tra i mille e i tremila euro. Anche questo caso si era dopo poche settimane sgonfiato con i giudici del riesame che avevano cancellato otto capi d’accusa su nove.
Per l’accusa. Torniamo a Casavere. Secondo la Procura di Biella, l’appuntato, 43 anni, avrebbe procacciato clienti per la società di consulenza di Cossato di cui l’ex ispettore dello Spresal e dell’Inps, era socio. In tal modo - secondo l’accusa - il militare avrebbe creato situazioni di conflitto di interesse, procurando altresì a se stesso presunti vantaggi patrimoniali consistiti nel ricevere compensi per l’attività di “procacciatore”, nonché presunti compensi di 50 euro l’ora per aver svolto l’incarico di docenza a titolo oneroso in numerosi corsi per la sicurezza sul lavoro proposti dallo stesso studio di Cossato.
Tutte le accuse sono crollate come castello di carte al vento. A onor del vero, come peraltro emerso nel corso dei due processi, il militare dell’Arma (difeso in appello dai legali dello studio Francini di Torino), in quel periodo era comunque autorizzato dal suo comando generale a svolgere prestazioni di consulenza, ma solo in modo gratuito.
Le problematiche. Una posizione, quella di indagato, che aveva creato parecchi grattacapi al militare, costretto, per colpa del procedimento penale, a trasferirsi da Biella al Reggimento di Moncalieri dove ha dovuto affrontare la mortificazione di giungere in un luogo dove tutti sanno del trasferimento e dei motivi. Ora, questa seconda sentenza di assoluzione, la prima da parte di un giudice di spessore come Claudio Passerini, la seconda della Corte d’appello, riabilita il carabiniere totalmente agli occhi dell’Arma e della gente.
Valter Caneparo
Leggi di più sull'Eco di Biella di lunedì 21 marzo 2016
Assolto in primo grado, assolto anche in appello. Il calvario per Marco Casavere, appuntato dei carabinieri, dovrebbe concludersi qui, con la sentenza emessa giovedì mattina dalla Corte d’appello di Torino, ancora una volta con formula piena: «Perche il fatto non sussiste».
Fino a tre anni fa, Casavere era in servizio al Nucleo ispettorato del lavoro. Era accusato d’abuso d’ufficio nell’ambito dell’inchiesta che aveva portato in carcere un ex dipendente dell’Inps accusato a sua volta di essersi spacciato per ispettore dello Spresal e dello stesso Inps e di aver costretto alcuni imprenditori ad avvalersi di prestazioni professionali di cui non avevano in realtà nessun bisogno a fronte di pagamenti variabili tra i mille e i tremila euro. Anche questo caso si era dopo poche settimane sgonfiato con i giudici del riesame che avevano cancellato otto capi d’accusa su nove.
Per l’accusa. Torniamo a Casavere. Secondo la Procura di Biella, l’appuntato, 43 anni, avrebbe procacciato clienti per la società di consulenza di Cossato di cui l’ex ispettore dello Spresal e dell’Inps, era socio. In tal modo - secondo l’accusa - il militare avrebbe creato situazioni di conflitto di interesse, procurando altresì a se stesso presunti vantaggi patrimoniali consistiti nel ricevere compensi per l’attività di “procacciatore”, nonché presunti compensi di 50 euro l’ora per aver svolto l’incarico di docenza a titolo oneroso in numerosi corsi per la sicurezza sul lavoro proposti dallo stesso studio di Cossato.
Tutte le accuse sono crollate come castello di carte al vento. A onor del vero, come peraltro emerso nel corso dei due processi, il militare dell’Arma (difeso in appello dai legali dello studio Francini di Torino), in quel periodo era comunque autorizzato dal suo comando generale a svolgere prestazioni di consulenza, ma solo in modo gratuito.
Le problematiche. Una posizione, quella di indagato, che aveva creato parecchi grattacapi al militare, costretto, per colpa del procedimento penale, a trasferirsi da Biella al Reggimento di Moncalieri dove ha dovuto affrontare la mortificazione di giungere in un luogo dove tutti sanno del trasferimento e dei motivi. Ora, questa seconda sentenza di assoluzione, la prima da parte di un giudice di spessore come Claudio Passerini, la seconda della Corte d’appello, riabilita il carabiniere totalmente agli occhi dell’Arma e della gente.
Valter Caneparo
Leggi di più sull'Eco di Biella di lunedì 21 marzo 2016