Le memorie biellesi del grande scrittore e regista Ernesto Gastaldi
La lettera inviata a "Eco di Biella" di Ernesto Gastaldi, sceneggiatore, regista e scrittore nato a Graglia ma che vive a Roma da 70 anni
Gentile direttore,
Le interessa il ricordo di un biellese di 90 anni diplomato al Bona nel 1952, che ha lavorato alla Banca Sella per tre anni e poi è partito per Roma per scrivere cinema e ha scritto 120 film? Spero di sì. Tra l’altro ho saputo che è morto Ovidio Luisetti, figlio del sindaco negli anni del dopo guerra e mio grande amico e compagno di basket nella Libertas Biella. Ora credo che di tutta la grande compagnia siamo rimasti in tre, Peppo Sacchi, Armando Cartiglia e io. Saluti da Roma.
Sono le parole che precedono la splendida testimonianza che pubblichiamo qui di seguito. Il “biellese di 90 anni” (che invero compirà a settembre) è un pezzo di storia del cinema italiano, un monumento, che esattamente 20 anni fa, Quentin Tarantino - in quei giorni a Roma - definì «uno dei più grandi scrittori di gialli al cinema» e aggiungendo «che avrebbe voluto lavorare con lui».
La lettera di Gastaldi a Eco di Biella
Il maestro Ernesto Gastaldi è nato a Graglia il 10 settembre del 1934 e da quasi settant’anni vive a Roma. Ecco i suoi ricordi biellesi.
Nel 1952 all’Istituto Commerciale Eugenio Bona di Biella si diplomò una mitica CLASSE QUINTA, mitica per avere vinto per la prima volta la Coppa di basket del Torneo Studentesco Città di Biella e per avere stampato una rivista a colori per il carnevale, IL GOLIARDO VERDE, con una versione dell’Inferno di Dante adattata ad allievi e professori dell’epoca, e di molti articoli scritti da allievi di ogni classe.
In uno di essi, Mauro Miglietti, presidente dell’Associazione Studentesca, si immaginava di tornare nella scuola cinquanta anni dopo, ossia nel 2002, per controllare quali e quanti dei nostri sogni di giovani di grandi speranze si fossero realizzati.
Avevamo stabilito lui e io che qualora una dei due fosse morto prima, il superstite avrebbe ristampato IL GOLIARDO VERDE e ne avrebbe spedito una copia a tutti i superstiti.
Mauro se ne andò prematuramente nel 1993 e quindi nel 2002 toccò a me mantenere la promessa.
Vivevo a Roma da 47 anni ma non potevo certo mancare alla parola data: ero rimasto in contatto con alcuni degli antichi compagni e mi rivolsi a Carla Botto, una delle più attive, per avere gli indirizzi di tutti i superstiti: erano 15 su 23. Piuttosto pochi vista l’età media dell’epoca.
Spedii a tutti una copia della rivista e ricevetti lettere affettuose in cui mi raccontavano la loro vita. Un’esperienza commovente, direi quasi religiosa.
Tornai a Biella e andai nella mia bellissima e antica scuola: ovviamente il mio preside, il grande barbuto dr. RENIER era morto da tempo e parecchi erano stati i suoi successori.
Nel 2002 la preside era donna, Bresso, mi pare. Entrai senza bussare con un fascio di GOLIARDO VERDE in mano. La preside trasalì anche perché io mi presentai con voce cavernosa dicendole:
-A volte tornano…-
Vide le riviste e capì chi ero: la Coppa del torneo di basket era ancora sulla grande libreria. Mi abbracciò e mi portò a fare un giro per la scuola: nulla sembrava mutato, l’aria, l’odore, i quadri dei diplomati del primo Novecento, tra cui il premier GIUSEPPE PELLA…
La preside mi accompagnò nel grande laboratorio di chimica tessile dove ognuno di noi aveva un banco lungo otto metri pieno di alambicchi e reagenti, era abbandonato, coperto di polvere. Una stupida legge aveva eliminato i laboratori e l’Istituto Bona che diplomava periti commerciali nell’amministrazione di industrie tessili era stato declassato a una scuole per ragionieri come tante.
La preside, accorata, mi disse che se fossi andato l’anno prima avrei potuto risedermi sul mio antico banco, ma li avevano appena cambiati.
Mi aggirai nella mia antica aula, vuota, il sole entrava dalle grandi finestre come aveva sempre fatto e chiudendo gli occhi li potevo vedere tutti i miei allegri giovani compagni, ognuno nel suo banco e le bellissime compagne che attiravano maschietti dalle scuole di tutta la città e di cui eravamo molto orgogliosi.
Mi fermai davanti al secondo banco della fila di mezzo: lì sedeva la ragazza di cui nell’ultimo anno mi ero innamorato al punto che quando mi lasciò mi venne voglia di morire: non avevo ancora compiuto 18 anni. Quell’amore adolescenziale non più corrisposto mi fece scappare da Biella e riparare a Roma, ma questa è altra storia.
Sono passati altri venti anni e più, quella ragazza è morta da tempo e i superstiti oggi si contano sulle dita di una sola mano.
Così si consumano le vite della gente, tutti quei ragazzi ridenti, quelle ragazze coi capelli a coda di cavallo che quando facevano lo struscio in via Italia, erano il centro di ogni attenzione se ne erano andati. E anche il loro ricordo stava svanendo. Come non fossero mai nati.
Ora altra gente passeggia, si sentono importanti, camminano a passo svelto, hanno tanto da fare e nessuno mi saluta né posso salutare nessuno, perché manco da Biella da sessant’anni e devo far caso solo agli ottantenni, poche facce rugose, passi malfermi, impossibile riconoscere qualcuno.
Mi vennero di getto questi versi:
Per le vecchie strade girano sconosciuti.
Gli amici se ne sono andati.
E gli amici degli amici.
La città ha di nuovo cambiato il suo popolo.
Non passeggiare, non incontrerai nessuno.
Ernesto Gastaldi