Frode da 270 milioni: 58 denunciati
BIELLA - Ci sono anche otto biellesi tra le 58 persone denunciate dalla Guardia finanza della Tenenza di Clusone (provincia di Bergamo) nel contesto di un’inchiesta durata parecchi mesi che ha portato alla scoperta di una gigantesca frode fiscale stimata complessivamente in 270 milioni di euro, con un danno alle casse dello Stato di 40 milioni di euro.
Quindici indagati sono finiti nei guai per la gravissima accusa di associazione per delinquere. Due personaggi che facevano parte di questo ristretto gruppo d’elite, sono di Biella, titolari come la maggior parte degli altri biellesi coinvolti, di società che operavano nel settore del commercio di filati. Tra gli otto biellesi ci sono anche delle “teste di legno”, dei prestanome bisognosi di soldi che venivano messi a capo delle società cosiddette “cartiere” (che producevano solo documentazione) in cambio di qualche spicciolo, che accettavano di diventare amministratori di queste realtà fantasma ben consapevoli del loro compito.
L’operazione è stata battezzata Penelope. Perché nella tela, o meglio nella ragnatela di false fatture e società inesistenti, alla fine sono rimaste impigliate qualcosa come 96 ditte italiane e 12 estere attive nel settore del commercio dei filati. Dei 56 indagati, 6 sono residenti in provincia di Bergamo, 9 nel Milanese, 16 in provincia di Varese, 8 in provincia di Biella, mentre gli altri sono per lo più residenti in varie parti del Nord Italia.
Le indagini sono partite da una verifica condotta nei confronti di una società di Cene, nel Bergamasco. I militari, insospettiti dagli improvvisi affari d’oro registrati negli ultimi due anni, hanno approfondito le ragioni di tanto successo. Sono così arrivati a scoprire un incredibile giro di fatture false organizzato attraverso società di comodo gestite da prestanome, in Italia e all’estero.
Il fiume di fatture false partiva da soggetti economici italiani, proseguiva attraverso una serie di società filtro appositamente costituite in Polonia e Slovacchia, e poi tornava in Italia attraverso le società cartiere. Sfociava infine nelle stesse imprese che avevano dato inizio al giro di affari fittizi. Centinaia e centinaia di operazioni solo in apparenza vere. Il tutto senza che vi fosse reale compravendita di merce.
In tal modo venivano fatti confluire nelle casse dei beneficiari finali ingenti crediti Iva, sfruttando i benefici previsti dalla normativa sulle operazioni intracomunitarie. Le indagini si sono svolte in piena collaborazione con le autorià slovene e polacche che a loro volta hanno avviato le indagini per frode fiscale.
V.Ca.
BIELLA - Ci sono anche otto biellesi tra le 58 persone denunciate dalla Guardia finanza della Tenenza di Clusone (provincia di Bergamo) nel contesto di un’inchiesta durata parecchi mesi che ha portato alla scoperta di una gigantesca frode fiscale stimata complessivamente in 270 milioni di euro, con un danno alle casse dello Stato di 40 milioni di euro.
Quindici indagati sono finiti nei guai per la gravissima accusa di associazione per delinquere. Due personaggi che facevano parte di questo ristretto gruppo d’elite, sono di Biella, titolari come la maggior parte degli altri biellesi coinvolti, di società che operavano nel settore del commercio di filati. Tra gli otto biellesi ci sono anche delle “teste di legno”, dei prestanome bisognosi di soldi che venivano messi a capo delle società cosiddette “cartiere” (che producevano solo documentazione) in cambio di qualche spicciolo, che accettavano di diventare amministratori di queste realtà fantasma ben consapevoli del loro compito.
L’operazione è stata battezzata Penelope. Perché nella tela, o meglio nella ragnatela di false fatture e società inesistenti, alla fine sono rimaste impigliate qualcosa come 96 ditte italiane e 12 estere attive nel settore del commercio dei filati. Dei 56 indagati, 6 sono residenti in provincia di Bergamo, 9 nel Milanese, 16 in provincia di Varese, 8 in provincia di Biella, mentre gli altri sono per lo più residenti in varie parti del Nord Italia.
Le indagini sono partite da una verifica condotta nei confronti di una società di Cene, nel Bergamasco. I militari, insospettiti dagli improvvisi affari d’oro registrati negli ultimi due anni, hanno approfondito le ragioni di tanto successo. Sono così arrivati a scoprire un incredibile giro di fatture false organizzato attraverso società di comodo gestite da prestanome, in Italia e all’estero.
Il fiume di fatture false partiva da soggetti economici italiani, proseguiva attraverso una serie di società filtro appositamente costituite in Polonia e Slovacchia, e poi tornava in Italia attraverso le società cartiere. Sfociava infine nelle stesse imprese che avevano dato inizio al giro di affari fittizi. Centinaia e centinaia di operazioni solo in apparenza vere. Il tutto senza che vi fosse reale compravendita di merce.
In tal modo venivano fatti confluire nelle casse dei beneficiari finali ingenti crediti Iva, sfruttando i benefici previsti dalla normativa sulle operazioni intracomunitarie. Le indagini si sono svolte in piena collaborazione con le autorià slovene e polacche che a loro volta hanno avviato le indagini per frode fiscale.
V.Ca.