Il “Palacio” biellese di Buenos Aires
Costruito dall’industriale Luigi Barolo, emigrato da Biella nel 1890, il palazzo simbolo della capitale argentina è un monumento nazionale e festeggia fino a luglio i 100 anni
La figura di Luigi Barolo, imprenditore di Biella emigrato in Argentina nel 1890, probabilmente non dice molto.
Il “Palacio” biellese di Buenos Aires
Al contrario, dice moltissimo agli argentini. Perché porta il suo nome “Palazzo Barolo”, uno dei monumenti più iconici della capitale Buenos Aires, dallo scorso 27 aprile al centro di una serie di eventi promossi per celebrare il centenario della sua costruzione, oltre alla figura di Dante Alighieri e della Divina Commedia, alla quale è ispirata l’architettura del palazzo progettato dall’architetto milanese Mario Palanti. Il taglio del nastro risale al 7 luglio del 1923.
Chi è
Nato a Biella nel 1869, Luigi Barolo (che il Grande Oriente annovera tra i massoni italiani dell’epoca) fece fortuna realizzando un importante cotonificio a Valentin Alsina, cittadina della provincia di Buenos Aires.
L’idea di costruire il Palazzo, situato nella centralissima Avenida de Mayo, nacque in virtù dell’amicizia con l’architetto Palanti, del quale - sempre secondo il Grande Oriente - condivideva la militanza nella massoneria.
Il più alto
Non a caso Palacio Barolo - che fino al gennaio del 1935 è stato l’edificio più alto dell’intero Sud America, poi superato dal Kavanagh (grattacielo in stile Art déco di Buenos Aires) - è considerato il miglior esempio di architettura “esoterica” al mondo.
Spinto dalla sua adorazione per l’opera di Dante Alighieri, l’architetto Palanti progettò l'edificio - che conta una ventina di piani - come un Danteum, vale a dire un monumento a Dante e alla sua Divina Commedia, richiamata allegoricamente nella struttura e nel ricco apparato decorativo del palazzo.
L'edificio (la cui costruzione iniziò nel 1919) si compone infatti di tre parti, corrispondenti all’Inferno (tutto il piano terra), al Purgatorio (i successivi 14 piani) e al Paradiso (i piani restanti), e culmina con un faro, rappresentazione metaforica dell'Empireo.
Proprio il Faro (che rappresenta l’occhio vigile di Dio nelle intenzioni del progettista) è stato recentemente riattivato (tra il 2015 e il 2016) grazie a un contributo dello Stato italiano in occasione del bicentenario dell’indipendenza dell’Argentina, che risale al 9 luglio 1816. Del resto si deve a un altro italiano, il generale e politico Manuel Belgrano (nato a Bueons Aires ma originario di Costa d’Oneglia, ora Imperia) l’attuale bandiera “albiceleste” dell’Argentina.
Nelle intenzioni di Luigi Barolo e Mario Palanti c’era quella di terminare il palazzo entro il 1921, in occasione dei 600 anni dalla morte del Sommo Poeta (avvenuta il il 14 settembre 1321). Barolo, nel timore che la guerra in corso in Europa potesse danneggiare o distruggere i resti di Dante, si attivò affinché le spoglie venissero trasferite nel suo futuro Palazzo. Non solo non riuscì in questo proposito, ma non potè neppure vedere terminata l’opera. Morì l’anno prima. L’inaugurazione avvenne il 7 luglio del 1923, giorno del compleanno di Dante Alighieri.
Il Palazzo ha nove volte di accesso (come il numero di gerarchie infernali) e rappresentano appunto i “passi d’iniziazione”. Ogni volta ha frasi in latino, riprese da nove opere diverse, dalla Bibbia al Virgilio. La cupola si ispira invece al tempo induista Rajarani Bhudaneshvar, dedicato alla religione Tantra, rapprensentando anche l’unione tra Dante e Beatrice.
Il progettista
Il suo progettista, Mario Palanti, ha legato il suo nome a un’opera ancora più ciclopica, Palazzo Salvo a Montevideo, che conta 26 piani. Tornato in Italia nel 1930, non ebbe la possibilità di esprimere il suo valore. Visse a lungo, morì nel 1979.
Una curiosità: Palazzo Barolo, che è visitabile, è stato il set, nel 1991, del film Highlander II, con Christopher Lambert e Sean Connery.
Il primo evento organizzato per celebrarne il centenario, lo scorso 27 aprile, è stata una mostra dell’artista plastico argentino Antonio Giardinieri, che ha realizzato per l’occasione anche un originale ritratto di Dante.
Andrea Moggio