Scandalo

Caso carceri: continua il dibattito

Ipotizzato il reato di tortura per i carceri di Biella, Ivrea e Torino.

Caso carceri: continua il dibattito
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Tre carceri piemontesi travolte da inchieste in cui viene contestato a decine di agenti della Polizia penitenziaria il reato di tortura. L’ultimo caso a Biella, con 28 indagati per detenuti legati e picchiati. Prima Ivrea, dove le violenze nel cosiddetto “acquario” sono andate avanti per anni prima di vedere 45 indagati. E ancora Torino, dove è alle battute finali il primo processo in cui per la prima volta è stato individuato il reato di “ tortura di Stato” introdotto nel 2017.

Esiste un caso Piemonte?

«Non esiste - commenta Bruno Mellano garante dei detenuti della Regione Piemonte - se intendiamo che in questa regione i detenuti vengono picchiati e maltrattati più che altrove. Certo, però, ci sono delle peculiarità: una di queste è che qui siamo particolarmente deficitari nelle figure apicali. Mancano direttori e comandanti della penitenziaria, alcuni sono “a scavalco” tra più sedi, a Biella c’è stata una “rotazione frenetica”, mentre a Torino, pur essendo considerato il carcere più complesso d’Italia, la direttrice è sola perché di sei vicedirettori che ci sono sulla carta, ce n’è appena uno, anche qui “a scavalco”».

Dalle istituzioni arrivano le rassicurazioni

Il sottosegretario alla giustizia Andrea Delmastro ha annunciato per il Piemonte l'assunzione di direttori e comandanti fissi entro marzo, ma «il timore - riprende Mellano - è di “perdere altri pezzi”. Se vuoi raccontare un fatto - continua - ma non trovi nessuno, a chi fai la segnalazione?».

Non solo lati negativi

«Per contro - riprende Mellano - in Piemonte si contano 13 garanti per 13 penitenziari. Sono stati loro in tutte queste inchieste a raccogliere e a portare all’attenzione delle autorità segnalazioni di violenze fisiche e psicologiche. Le denunce non hanno fatto altro che susseguirsi: quando si accende una luce su un fatto, anche altri casi escono allo scoperto... Tuttavia è importante che tutti vedano nei garanti una figura di garanzia appunto, anche a loro tutela, non antagonista. Gli stessi agenti e sindacati devono capire che sta a loro il compito di sporgere denuncia quando ci sono dei soprusi, per difendere la loro professionalità e per evitare che certe situazioni di malessere incancreniscano».

Il problema cardine

La vera criticità è che spesso il personale è insufficiente: «A Biella per esempio è raddoppiata la struttura con un nuovo padiglione, si è duplicata la popolazione carceraria, ma il personale è rimasto lo stesso», sottolinea il garante regionale. E gli agenti si ritrovano a fare un po’ di tutto: «dagli educatori, gli assistenti sociali, gli psicologi. Quando ci vorrebbero molti più psicologi in carcere: per i detenuti, ma anche per il personale».

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