Pier Giuseppe Polla, il manager biellese re del biodiesel
Di Brusnengo, è ad della Masol. Business da un miliardo all’anno. Sempre in viaggio, ha conosciuto tanti ministri: «Nomina Pichetto? Mi ha sorpreso».
Di Brusnengo, è ad della Masol. Business da un miliardo all’anno. Sempre in viaggio, ha conosciuto tanti ministri: «Nomina Pichetto? Mi ha sorpreso».
La storia
Da Brusnengo a Livorno, passando per la Spagna e arrivando fino all’Indonesia. Prima del Covid prendeva 130 voli all’anno per lavorare nel business del biodiesel. Oggi viaggia un po’ meno ma il suo impegno nel settore rimane costante. È la storia di Pier Giuseppe Polla, 61 anni, amministratore delegato della Masol, gruppo Musim Mas, residente a Brusnengo e diventato, ormai, ‘cittadino del mondo’. La notizia dei trent’anni dell’impianto di biodiesel a Livorno, il primo sul pianeta progettato e costruito per la produzione di biodiesel, ci consente di conoscere meglio uno dei manager biellesi più influenti nel settore dell’energia.
Sposato, con una figlia, è ad della società dal 2006. «Dopo aver studiato a Biella, ho fatto il Politecnico a Torino. Sono un ingegnere chimico con specializzazione tessile. Quando mi sono laureato - spiega ad Eco - il mondo biellese non offriva spazio a tecnici come il sottoscritto per cui ho iniziato a lavorare in un centro ricerca a Novara. Erano gli anni in cui il Gruppo Ferruzzi investiva nella chimica verde».
E poi ha iniziato a girare il mondo?
«Prima sono stato direttore di stabilimenti che si occupavano di oli vegetali poi ho diretto in Europa il Gruppo Bunge e una società francese nel campo degli oli biocarburanti. Quindi sono arrivato a Livorno per dirigere uno degli stabilimenti del vecchio gruppo. Mi era stato ordinato di chiuderlo quando è arrivato un nuovo acquirente che mi ha chiesto di seguirlo e di proseguire l’attività. Sono passati otto anni».
Quante lingue parla?
«Inglese, francese e ho imparato lo spagnolo perchè in Spagna dirigo due aziende sempre di Masol. Mentre l’ufficio ce l’ho a Milano».
Cosa le piace del suo lavoro. E c’è qualcosa di negativo?
«Ho avuto molte esperienze avendo la fortuna di conoscere tantissime persone. Ho sempre cercato di adattarmi alla loro mentalità, inoltre è stato formativo nascere in un business che ho visto crescere. Il lato poco piacevole è che, da ex rappresentante dell’associazione dei produttori di biocarburanti, sono stato spesso a Roma, nelle stanze dei Ministeri. Lì c'è troppa burocrazia, è un’esperienza frustrante andarci a perdere tempo».
Ci sarà stato qualcuno che ha trovato più competente di altri?
«Si lavorava a stretto contatto con i ministeri dell’Ambiente, dell’Agricoltura e dello Sviluppo Economico. Persone che mi hanno impressionato positivamente, anche se magari sono distanti dal mio credo politico, sono stati Carlo Calenda, Luca Zaia e Paolo De Castro».
Le debbo fare una domanda sul ministro Gilberto Pichetto, ora alla Transizione ecologica. Che ne pensa?
«Lo conosco di riflesso perché ho fatto un po’ di attività politica in passato nel Biellese. Sinceramente la sua nomina mi ha sorpreso perché non so se ha la sufficiente esperienza e conoscenza della materia per cui occorre un certo background tecnico».
Di biodiesel si parla molto, in particolare dopo la stretta sui quantitativi di olio di palma che dovranno essere ridotti gradualmente dal 2023, fino a essere completamente eliminati nel 2030. Ma il mondo sta veramente andando verso una riconversione ambientale?
«Guardi, oggi si parla molto di idrogeno e di elettrificazione ma a questi progetti deve essere accompagnata la creazione di energia green. Così mi sembra che vengano spostati certificati verdi di energia da un business all'altro. Io credo che si debba spingere molto sui pannelli solari, andrebbe inserito l’obbligo di posarli per le case nuove. E poi farei una politica per combattere gli sprechi sui consumi delle auto. E’ necessario un piano di fonti energetiche vere».
Si fa un gran parlare dell’olio di palma che causa deforestazione e polemiche. Pare che alcuni colossi stiano già eliminando il prodotto dal loro biodiesel. Che ne pensa?
«C'è un movimento green che segue alcune mode senza sapere tante cose. E’ necessario trovare altre materie prime che arrivano dagli scarti. Trovo comunque un movimento anti-palma nel settore alimentare non del tutto giustificato».
E poi c’è il tema delle auto e del diesel che dovrebbe scomparire nel 2035. Cosa accadrà al vostro business?
«Sarà un colpo forte perché perderemo una fetta di mercato fermo restando che quel tipo di parco macchine rimarrà ancora qualche anno. Dovremo inventarci qualcosa di nuovo vedendo come cambierà il settore. Vorrei però ricordare che oltre al biodiesel facciamo come sottoprodotto la nitroglicerina che è usato in tutti i mercati. La chiusura di impianti biodiesel darà un grande effetto anche sotto questo aspetto. Ci saranno mercati, di conseguenza, che andranno in carenza».
Come se lo immagina il futuro?
«Oggi si fa un miliardo di fatturato all'anno, nei prossimi i margini saranno minori perché spariranno produttori come noi e le raffinerie di petrolio si convertiranno ad utilizzare oli vegetali. Siamo rimasti perché siamo forti nella logistica e nei servizi, in particolare sui porti».
A Brusnengo ci torna ogni tanto?
«Certo, ho sempre casa e famiglia in paese. Rientro nei fine settimana e non vedo perché dovrei lasciare un posto così bello».
L.L.