LA STORIA

Carmela Bongiovanni: «Le mie mani guidate dalla Madonna»

La sarta sarà ospite della prima serata della festa in onore del beato Frassati a Pollone. Ha realizzato metà del manto della misericordia.

Carmela Bongiovanni: «Le mie mani guidate dalla Madonna»
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La sarta sarà ospite della prima serata della festa in onore del beato Frassati a Pollone. Ha realizzato metà del manto della misericordia.

La storia

Carmela Bongiovanni sarà nell’oratorio parrocchiale di Pollone, domenica sera, in occasione della proiezione del docu-film “Il manto della misericordia”, che aprirà la tre giorni di festa in onore del beato Pier Giorgio Frassati, da domenica, di cui martedì 4 luglio ricorrerà il 97° anniversario della morte.
E’ lei, questa signora di 65 anni dal fisico asciutto e dal sorriso solare, che con pazienza certosina e grande professionalità ha confezionato circa 13 dei 25 metri dello strascico del manto posto sul capo della Madonna d’Oropa il 29 agosto scorso, nella solennità della V centenaria Incoronazione.

«Quando sono venuta a conoscenza di questa iniziativa - racconta - stavo attraversando un momento piuttosto complicato e triste della mia vita. Subito ho pensato che sarebbe stato bello poter collaborare: toccare quel manto, meglio ancora poterlo lavorare, sarebbe stato un modo per sentirmi intimamente vicina alla Madonna. Contattai il Santuario, spiegando che sono una sarta e offrendo la mia disponibilità. Mi risposero che ne avrebbero tenuto conto e che mi avrebbero fatto sapere. Poi, però, il silenzio. Nel frattempo sono stata a Lourdes, ho intrapreso il Cammino di Santiago di Compostela, e quel manto continuava ad essere un pensiero fisso. Ogni giorno speravo che il telefono suonasse, che mi chiamassero».

A distanza di un anno dal primo contatto con il Santuario, ecco la tanto attesa chiamata: le suore benedettine di Orta, a cui inizialmente era stato affidato il lavoro, da sole non potevano farcela, c’era bisogno di rinforzi.

Al lavoro

In breve una piccola stanza della sua abitazione di Ponderano, adibita a laboratorio, è stata invasa da centinaia e centinaia di piccoli pezzi di stoffa.

«C’era di tutto - ricorda la signora Carmela -: dal velo di una sposa a un pezzetto dello scialle della nonna, e poi velluti, sete, spugne... Ogni piccolo quadratino raccontava una speranza, un dolore, un ringraziamento, un progetto da realizzare... E tutti erano stati donati dai fedeli per trovare rifugio sotto il manto di Maria».

Di quei quadratini, o come li chiama lei, di quei “coriandoli”, l’abile sarta ne ha cuciti assieme circa 7mila (il manto ne contiene in tutto 15mila).

«Ho fatto tutto da sola - dice - anche perché se non si è pratici del mestiere si rischia di fare danni. E poi era il periodo del primo lockdown e non si poteva uscire. Io cucivo e pregavo. Ogni singolo pezzo andava trattato con molto rispetto perché racchiudeva scampoli di vita di chi lo aveva inviato. Ricordo che c’era un’energia soprannaturale in quel che facevo: era la Madonna a guidare le mie mani».

Non sa dire, Carmela, quanto filo abbia utilizzato, né quante ore di lavoro ci siano volute, ma per completare il lavoro che le era stato affidato ha impiegato un mese e mezzo. Tassello dopo tassello, il “mosaico” del manto prendeva forma, sempre sotto le direttive della sua ideatrice, Alessandra Alberto. Dal canto suo, Carmela Bongiovanni, tecnico di confezione che ha lavorato per i più grandi nomi dell’industria tessile locale, ci ha messo tutta la sua esperienza, ed è dovuta ricorrere a non pochi “trucchi del mestiere” per realizzare un’opera ben fatta, con la consistenza necessaria. Così, ad esempio, i tulle sono stati cuciti sopra ad altri pezzi di stoffa, per evitare che si rompessero... E, come se non bastasse, per renderlo più omogeneo, si è suddiviso il manto per aree tematiche: le mamme, le nonne, l’asilo, i ragazzi, la Chiesa, eccetera.

«Tutti i tessuti che mi sono stati affidati sono entrati a far parte del manto, nessuno è rimasto escluso», assicura Carmela Bongiovanni, a cui resta tuttavia un rammarico: «Si è detto delle suore di Orta e delle volontarie biellesi (queste ultime, in realtà, hanno contribuito soltanto ad attaccare la tela del manto, in Seminario, una volta che l’opera era stata completata). Del mio impegno, invece, nessuno ha fatto cenno. Mi dispiace non tanto per me quanto per i miei nipoti, che non troveranno il nome della nonna nei libri del Santuario. Io sono orgogliosa di ciò che ho fatto per la Madonna d’Oropa: a Lei chiedo la salute per me e per la mia famiglia e la forza di affrontare tutto quel che verrà».

Lara Bertolazzi

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