Ires leggera e Iri stimolano le Pmi

Il sistema imprenditoriale piemontese guarda con grande interesse alle novità contenute nella manovra di bilancio 2017. Lo fa con la prudenza necessaria in una fase ancora fluida e non nascondendosi che, se sotto il profilo della fiscalità d’impresa la direzione è certamente quella giusta, occorrerà poi dettagliare meglio le misure superando il rischio di interventi generici. Nel “menù” governativo, il taglio dell’Ires (da 27,5% a 24%) per le società di capitali e l’introduzione dell’Iri (l’imposta sul reddito dell'imprenditore), parametrata sull’aliquota del 24% per le società di persone e ditte individuali, rivestono una dimensione significativa. Proprio quest’ultima misura consentirà soprattutto ad artigiani e commercianti che lasciano il reddito in azienda di fruire della flat tax: la tassazione piatta proporzionale al 24% e non più con l’aliquota progressiva Irpef, come accade fino ad oggi. Peraltro, oltre allo sconto di 1,3 miliardi per l’Irpef agricola, con l’Iri ecco anche debuttare, per le imprese in contabilità semplificata, la tassazione secondo il regime di cassa: in parole povere, esse pagheranno finalmente le tasse sull’incassato e non sul fatturato. «Sono misure sicuramente adeguate per iniziare a sgravare il mondo delle imprese da una pressione fiscale che è notoriamente molto forte - commenta Fabio Ravanelli, presidente di Confindustria Piemonte e dell’Ain, l’associazione che riunisce gli industriali novaresi -. Il rischio è, però, che siano eccessivamente generiche. Piuttosto, la legge di bilancio per il 2017, contiene, a mio parere, molti altri importanti provvedimenti che vanno in questa direzione: penso, solo per fare qualche esempio, alla proroga di un anno del superammortamento del 140% e della “Nuova Sabatini”, all’introduzione dell’iperammortamento al 250% per i beni più innovativi, al potenziamento del credito d'imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo, ma anche all’aumento delle detrazioni fiscali per chi investe in startup e Pmi innovative e altre ancora. Peraltro, concordo con quanto ha recentemente detto il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, sul fatto che, al di là del merito, pur non da sottovalutare, delle singole misure, è importante che per la definizione dei provvedimenti di questa “Finanziaria” si sia seguito un metodo nuovo e molto positivo, individuando dei fattori di competitività, come l'innovazione, gli investimenti, la produttività, la formazione, che, prescindendo dai singoli comparti, vanno a incidere “orizzontalmente” sulla dimensione strutturale del nostro sistema produttivo. Si tratta di un ottimo punto di partenza, probabilmente di un vero e proprio nuovo inizio nella definizione della politica industriale del nostro Paese». Il cambio di direzione è registrato con soddisfazione anche dal presidente dell’Uib, Carlo Piacenza. «Certo, tutto è migliorabile e valuteremo con maggior competenza quando la materia sarà meglio dettagliata - commenta Piacenza -. Tuttavia, credo di poter già affermare che queste misure riflettono finalmente un approccio nuovo che consiste nell’aver capito che, se non si stimola e non si rilancia il sistema imprenditoriale anche nelle sue realtà più piccole, non si fa crescere il Paese. Per completare il quadro, occorre ora che, dopo aver agito azionando la leva fiscale per le imprese, si metta mano anche a una politica di rilancio della domanda interna: un tema, quest’ultimo, che si interseca anche con quello della capacità di spesa e quindi con la stabilità e sicurezza economica di chi lavora. Non mi nascondo che, su questo fronte, anche il sistema imprenditoriale è chiamato in causa attraverso la disponibilità ad investire sul suo capitale umano. Si tratta di una disponibilità alla quale gli imprenditori certamente non si sottraggono, ma che, per liberare i suoi effetti, necessita oggi, davanti ai mutati assetti della competizione economica, di un nuovo approccio che leghi salario e produttività aziendale, soprattutto dal punto di vista qualitativo ossia del maggior valore aggiunto realizzato nell’impresa. Dopotutto, per distribuire ricchezza occorre prima crearla. In questo senso, se il taglio dell’Ires e le altre misure nella legge di Bilancio potranno agevolare le imprese, importante e opportuno per la competitività italiana può essere un patto per la produttività che, superando coraggiosamente schemi e modelli del passato, veda concordi tutte le parti sociali».
Giovanni Orso
Il sistema imprenditoriale piemontese guarda con grande interesse alle novità contenute nella manovra di bilancio 2017. Lo fa con la prudenza necessaria in una fase ancora fluida e non nascondendosi che, se sotto il profilo della fiscalità d’impresa la direzione è certamente quella giusta, occorrerà poi dettagliare meglio le misure superando il rischio di interventi generici. Nel “menù” governativo, il taglio dell’Ires (da 27,5% a 24%) per le società di capitali e l’introduzione dell’Iri (l’imposta sul reddito dell'imprenditore), parametrata sull’aliquota del 24% per le società di persone e ditte individuali, rivestono una dimensione significativa. Proprio quest’ultima misura consentirà soprattutto ad artigiani e commercianti che lasciano il reddito in azienda di fruire della flat tax: la tassazione piatta proporzionale al 24% e non più con l’aliquota progressiva Irpef, come accade fino ad oggi. Peraltro, oltre allo sconto di 1,3 miliardi per l’Irpef agricola, con l’Iri ecco anche debuttare, per le imprese in contabilità semplificata, la tassazione secondo il regime di cassa: in parole povere, esse pagheranno finalmente le tasse sull’incassato e non sul fatturato. «Sono misure sicuramente adeguate per iniziare a sgravare il mondo delle imprese da una pressione fiscale che è notoriamente molto forte - commenta Fabio Ravanelli, presidente di Confindustria Piemonte e dell’Ain, l’associazione che riunisce gli industriali novaresi -. Il rischio è, però, che siano eccessivamente generiche. Piuttosto, la legge di bilancio per il 2017, contiene, a mio parere, molti altri importanti provvedimenti che vanno in questa direzione: penso, solo per fare qualche esempio, alla proroga di un anno del superammortamento del 140% e della “Nuova Sabatini”, all’introduzione dell’iperammortamento al 250% per i beni più innovativi, al potenziamento del credito d'imposta per gli investimenti in ricerca e sviluppo, ma anche all’aumento delle detrazioni fiscali per chi investe in startup e Pmi innovative e altre ancora. Peraltro, concordo con quanto ha recentemente detto il presidente di Confindustria, Vincenzo Boccia, sul fatto che, al di là del merito, pur non da sottovalutare, delle singole misure, è importante che per la definizione dei provvedimenti di questa “Finanziaria” si sia seguito un metodo nuovo e molto positivo, individuando dei fattori di competitività, come l'innovazione, gli investimenti, la produttività, la formazione, che, prescindendo dai singoli comparti, vanno a incidere “orizzontalmente” sulla dimensione strutturale del nostro sistema produttivo. Si tratta di un ottimo punto di partenza, probabilmente di un vero e proprio nuovo inizio nella definizione della politica industriale del nostro Paese». Il cambio di direzione è registrato con soddisfazione anche dal presidente dell’Uib, Carlo Piacenza. «Certo, tutto è migliorabile e valuteremo con maggior competenza quando la materia sarà meglio dettagliata - commenta Piacenza -. Tuttavia, credo di poter già affermare che queste misure riflettono finalmente un approccio nuovo che consiste nell’aver capito che, se non si stimola e non si rilancia il sistema imprenditoriale anche nelle sue realtà più piccole, non si fa crescere il Paese. Per completare il quadro, occorre ora che, dopo aver agito azionando la leva fiscale per le imprese, si metta mano anche a una politica di rilancio della domanda interna: un tema, quest’ultimo, che si interseca anche con quello della capacità di spesa e quindi con la stabilità e sicurezza economica di chi lavora. Non mi nascondo che, su questo fronte, anche il sistema imprenditoriale è chiamato in causa attraverso la disponibilità ad investire sul suo capitale umano. Si tratta di una disponibilità alla quale gli imprenditori certamente non si sottraggono, ma che, per liberare i suoi effetti, necessita oggi, davanti ai mutati assetti della competizione economica, di un nuovo approccio che leghi salario e produttività aziendale, soprattutto dal punto di vista qualitativo ossia del maggior valore aggiunto realizzato nell’impresa. Dopotutto, per distribuire ricchezza occorre prima crearla. In questo senso, se il taglio dell’Ires e le altre misure nella legge di Bilancio potranno agevolare le imprese, importante e opportuno per la competitività italiana può essere un patto per la produttività che, superando coraggiosamente schemi e modelli del passato, veda concordi tutte le parti sociali».
Giovanni Orso