Infezioni virali, scoperto nuovo meccanismo per interferire con i coronavirus umani
Grazie ai ricercatori del Laboratorio di Patogenesi delle Infezioni Virali, Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche dell’Università di Torino.
Infezioni virali, lo studio dei ricercatori del Laboratorio di Patogenesi delle Infezioni Virali, Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche dell’Università di Torino che rivela nuovi bersagli per la terapia di Covid-19.
Lo studio che rivela nuovi bersagli per la terapia dei Covid-19
Scoperto un nuovo possibile meccanismo per interferire con i coronavirus umani. È il risultato di uno studio appena pubblicato sulla prestigiosa rivista internazionale Antiviral Research. Coordinati dal Professor Marco De Andrea, CEO anche dello spin-off NoToVir, la Dr.ssa Selina Pasquero e gli altri ricercatori del laboratorio di Patogenesi delle Infezioni Virali, Dipartimento di Scienze della Sanità Pubblica e Pediatriche dell’Università di Torino, hanno scoperto un nuovo meccanismo associato alla replicazione di SARS-CoV-2 che apre nuove possibilità allo sviluppo di farmaci antivirali.
L’infezione virale
Una delle strategie escogitate dai virus per favorirne la replicazione nelle cellule consiste nel modificare le proteine cellulari dell'ospite, alterando così la loro localizzazione e la loro attività funzionale. Una di queste modifiche, nota per essere associata a malattie di tipo degenerativo, è la citrullinazione. Il processo di citrullinazione è stato descritto, e oggi utilizzato anche a scopo diagnostico, in diverse condizioni infiammatorie, come l'artrite reumatoide, il lupus eritematoso sistemico, il morbo di Alzheimer, la sclerosi multipla, l’aterosclerosi e in diverse forme di cancro. In uno studio pubblicato lo scorso anno, il gruppo del Prof. De Andrea aveva per la prima volta correlato la citrullinazione con le infezioni di virus erpetici a DNA.
La scoperta
In questo caso, in collaborazione con il gruppo della Prof.ssa Delbue (Università degli Studi di Milano La Statale), i ricercatori hanno esteso queste osservazioni anche ai betacoronavirus umani, incluso SARS-CoV-2 (virus a RNA), dimostrando non solo che il virus può indurre le proteine coinvolte nel processo di citrullinazione (le cosiddette PAD o peptidil-arginina deiminasi), ma anche che farmaci inibitori delle PAD hanno elevata attività antivirale in vitro essendo potenzialmente in grado di limitare la disseminazione del virus.
Nuove terapie
Grazie allo strumento dei progetti Proof of Concept (PoC) dell’Università degli Studi di Torino (bando TOINPROVE/2020) i ricercatori sono attualmente impegnati nel confermare questa attività antivirale in vivo. Sebbene queste molecole siano già impiegate in trials clinici per altre patologie, è comunque necessario valutare la loro efficacia antivirale in modelli animali adeguati prima di valutarne la validità nell’uomo. Infatti alcune delle problematiche legate all’utilizzo dei farmaci antivirali sono rappresentate dalla tossicità delle molecole utilizzate e dalla loro capacità di indurre “resistenza” (i farmaci possono diventare inefficaci col tempo). Lo studio in oggetto conferma come anche delle molecole che non colpiscono direttamente i virus (i cosiddetti host-targeting antivirals o HTA) possono essere utili per bloccarne la replicazione, aprendo prospettive concrete per una nuova terapia di COVID-19.
«I risultati ottenuti – ha spiegato il Prof. Marco De Andrea – sono molto incoraggianti, e confermano le nostre precedenti osservazioni su un aspetto della replicazione dei virus finora sconosciuto. Considerata la realtà attuale, questi risultati aprono alla concreta possibilità di nuovi interventi terapeutici nei confronti della infezione da SARS-CoV-2 ma anche di altre infezioni respiratorie da parte di virus a RNA. Attualmente la nostra attività di ricerca è mirata a chiarire proprio questi aspetti, con lo scopo finale di individuare nuove opzioni terapeutiche per pazienti affetti da diverse malattie».