Lutto

È morta Giuseppina Arposio, una vita tra sindacato e politica

Aveva 93 anni.

È morta Giuseppina Arposio, una vita tra sindacato e politica
Pubblicato:
Aggiornato:

E' mancata a 93 anni Giuseppina Arposio, storica attivista e sindacalista della sinistra biellese. Ne traccia un bel ricorso uno dei suoi "figli" politici, Roberto Pietrobon.

È morta Giuseppina Arposio

Nata a Biella il 3/7/1928, unica figlia di braccianti vercellesi emigrati nel Biellese nel 1922 per ragioni politiche (il padre, prima iscritto al Psi poi, dal ’21, al Partito comunista, aveva perso il lavoro per aver partecipato ad attività antifasciste), aveva frequentato la scuola fino alla quinta elementare e entra in fabbrica a 14 anni. Da adulta ha conseguito a Torino, frequentando le scuole serali, il diploma di terza media. Si è sposata ma non ha avuto figli.

LA LETTERA APERTA DI UNO DEI SUOI "FIGLI ADOTTIVI" IVANO SCOMPARIN

Il lavoro

Ha lavorato dal 1942 al 1970 prima come orditrice al lanificio Cerruti di Biella, poi come maestra di orditura, infine come impiegata al Lanificio di Torino. E’ stata iscritta alla Cgil, al Psi al Pci, Rifondazione comunista e al Partito del Comunisti Italiani.

Il ricordo

Dolcissimo il ricordo di Roberto Pietrobon, giornalista, insegnante ed ex capogruppo di Rifondazione comunista in consiglio comunale a Biella.

 “Giuseppina Arposio ha la “colpa” di avermi avvicinato alla politica quando, lavorando allo Spi Cgil con mia mamma Adriana, mi invitò al congresso di Rifondazione al Verdi di Candelo.

Sapeva che leggevo il manifesto e mi chiese di fare il mio primo intervento. Ero emozionantissimo, l’avevo scritto su un foglio protocollo e parlava di una cosa gigantesca, straordinaria e tragica come è stato il comunismo novecentesco.

Io nn mi produssi in analisi storiche eh, ero un pischello di 15 anni, parlai di quello che vedevo intorno a me, le elezioni amministrative di Roma e del “cavaliere nero”, ancora imprenditore ma in procinto di rovinare questo paese per vent’anni (era l’autunno del 1993). E parlai di quel partito pieno di reducismo (va detto) che però mi sembrava la cosa più coerente e radicale che i miei occhi da quindicenne potessero apprezzare.

Mi iscrissi poco dopo e Giuseppina c’era sempre, un po’ mamma e un po’ nonna di tutte e tutti noi. Il suo piglio era pratico e schietto ma il suo cuore era enorme. Quando ci dividemmo, per la scissione di Cossutta, mi spiacque molto ma, a differenza che con molti altri, con lei, quando ci si rivedeva per esempio al I Maggio, era sempre la solita compagna che ti allargava le braccia e ti chiedeva della tua vita.

La sua, invece, come hanno scritto altri e altre in questi giorni, è stata ricca e piena. Nella lotta e per la lotta. Era una comunista vera, figlia del movimento operaio tessile biellese e protagonista di una storia grande e fiera.

Abbiamo, per un piccolo periodo quando oramai la Storia ci aveva condannato in Italia all’irrilevanza, a rimettere insieme la sinistra biellese. Avevamo resistito incredibilmente ma questo non bastò a fermare il declino.

L’ho “reincontrata” quando ho scritto la mia tesi sul “contratto della montagna” - l’accordo tra padroni e operai biellesi del 1944 che introdusse la parità salariale tra donne e uomini durante la Resistenza - perché sue erano alcune delle testimonianze più significative delle lotte operaie al lanificio “Rivetti” di Biella.

Avrei voluto fargliela leggere ma non ce n’è stata la possibilità e me ne dispiaccio enormemente.

Cara Gius, tu e le compagne e i compagni come te, avete scritto la Storia della sinistra e del movimento operaio biellese. Con l’azione quotidiana.

Grazie per tutto ciò che hai dato. Che la terra ti sia lieve”.

Seguici sui nostri canali