«Ho i prati devastati dai cinghiali. Si faccia qualcosa»

«Ho i prati devastati  dai cinghiali. Si faccia qualcosa»
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CANDELO - Marco Aondio, titolare della tenuta la Mandria di via Castellengo, azienda agricola, scuola di equitazione e agriturismo, è esasperato a tal punto da essersi comprato uno spazio sul giornale, una pagina intera, «perché tutti possano sapere». Lo racconta lui stesso, della risoluzione che si è trovato costretto a prendere. «Perché non ne posso sinceramente più: è una situazione insostenibile e grave. Ed è ora che tutti siano informati e che si pensi seriamente a fare qualche cosa». Al centro dell’attenzione, ancora una volta, un problema annoso e ben noto. Le incursioni dei cinghiali. Che da queste parti, dove i prati dovrebbero mantenersi al meglio non solo per questioni di estetica commerciale ma anche e soprattutto per la vocazione produttiva di questa azienda (cui ogni anno si devono dai 5 ai 7mila quintali di fieno di alta qualità consegnati alle migliori   scuderie del Nord Ovest), provocano invece danni di immenso impatto. 
La paginata pubblicata da Marco Aondio, nella quale viene fatto presente il problema con dovizia di particolari, anche in termini legislativi, promette di dare quantomeno uno scossone. «Non deve continuare a prevalere il luogo comune secondo cui noi agricoltori, nonostante i danni, abbiamo sempre le spalle coperte dagli indennizzi. Non è così - afferma -. Colpa delle normative, del cosiddetto “de minimis”, il regime che governa la concessione degli stanziamenti. Una regola regionale che fissa un plafond massimo di 15mila euro nell’arco di un triennio per tutti gli aiuti concessi dallo Stato ad ogni singola azienda». I conti, in casa La Mandria, su questo aspetto non sono dei migliori: «Lo scorso anno ho avuto danni da porcastri per 10mila euro, di cui non ho visto nulla -  continua Aondio -, quest’ultimo anno per almeno 20mila». E la soluzione non si trova: «Io sarei disposto anche a rinunciare agli indennizzi, e come me tanti colleghi agricoltori - aggiunge il titolare della tenuta -, ma servono evidentemente misure drastiche per risolvere una questione che, in realtà, vede contrapposti troppi interessi». Un esempio? «Che so, ad esempio vietare la caccia al cinghiale per un po’ di anni - ipotizza Aondio -. E nel frattempo dedicarsi alla selezione della specie». 
A Candelo, alla Tenuta La Mandria, i problemi con i cinghiali sono appesantiti anche da questioni prettamente geografiche. «Noi ci troviamo a confinare sia con il Parco della Baraggia sia con l’area del poligono - afferma l’agricoltore -: due zone nelle quali è vietata la caccia di contenimento. L’area militare potrebbe ad esempio risolvere parte del problema con la posa di una recinzione, ma non c’è evidentemente volontà né interesse a farlo. Risultato, in ogni caso, è che tantissimi capi si rifugiano nelle aree protette per poi sconfinare da noi, dove provocano danni di grave entità». Con le tristi conseguenze che, girando per i prati della tenuta, sono sotto gli occhi di tutti.
Veronica Balocco  

CANDELO - Marco Aondio, titolare della tenuta la Mandria di via Castellengo, azienda agricola, scuola di equitazione e agriturismo, è esasperato a tal punto da essersi comprato uno spazio sul giornale, una pagina intera, «perché tutti possano sapere». Lo racconta lui stesso, della risoluzione che si è trovato costretto a prendere. «Perché non ne posso sinceramente più: è una situazione insostenibile e grave. Ed è ora che tutti siano informati e che si pensi seriamente a fare qualche cosa». Al centro dell’attenzione, ancora una volta, un problema annoso e ben noto. Le incursioni dei cinghiali. Che da queste parti, dove i prati dovrebbero mantenersi al meglio non solo per questioni di estetica commerciale ma anche e soprattutto per la vocazione produttiva di questa azienda (cui ogni anno si devono dai 5 ai 7mila quintali di fieno di alta qualità consegnati alle migliori   scuderie del Nord Ovest), provocano invece danni di immenso impatto. 
La paginata pubblicata da Marco Aondio, nella quale viene fatto presente il problema con dovizia di particolari, anche in termini legislativi, promette di dare quantomeno uno scossone. «Non deve continuare a prevalere il luogo comune secondo cui noi agricoltori, nonostante i danni, abbiamo sempre le spalle coperte dagli indennizzi. Non è così - afferma -. Colpa delle normative, del cosiddetto “de minimis”, il regime che governa la concessione degli stanziamenti. Una regola regionale che fissa un plafond massimo di 15mila euro nell’arco di un triennio per tutti gli aiuti concessi dallo Stato ad ogni singola azienda». I conti, in casa La Mandria, su questo aspetto non sono dei migliori: «Lo scorso anno ho avuto danni da porcastri per 10mila euro, di cui non ho visto nulla -  continua Aondio -, quest’ultimo anno per almeno 20mila». E la soluzione non si trova: «Io sarei disposto anche a rinunciare agli indennizzi, e come me tanti colleghi agricoltori - aggiunge il titolare della tenuta -, ma servono evidentemente misure drastiche per risolvere una questione che, in realtà, vede contrapposti troppi interessi». Un esempio? «Che so, ad esempio vietare la caccia al cinghiale per un po’ di anni - ipotizza Aondio -. E nel frattempo dedicarsi alla selezione della specie». 
A Candelo, alla Tenuta La Mandria, i problemi con i cinghiali sono appesantiti anche da questioni prettamente geografiche. «Noi ci troviamo a confinare sia con il Parco della Baraggia sia con l’area del poligono - afferma l’agricoltore -: due zone nelle quali è vietata la caccia di contenimento. L’area militare potrebbe ad esempio risolvere parte del problema con la posa di una recinzione, ma non c’è evidentemente volontà né interesse a farlo. Risultato, in ogni caso, è che tantissimi capi si rifugiano nelle aree protette per poi sconfinare da noi, dove provocano danni di grave entità». Con le tristi conseguenze che, girando per i prati della tenuta, sono sotto gli occhi di tutti.
Veronica Balocco  

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