Takis-Rottapharm

A Monza inizia la sperimentazione del vaccino italiano (con la "scossa")

Si tratta di un composto completamente diverso da quelli finora utilizzati, anche per via della modalità di somministrazione...

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Anche l'Italia potrebbe avere il suo vaccino anti Covid nazionale, precisamente made in Brianza. Nella giornata di ieri, 1 marzo 2021, il siero tutto italiano di Rottapharm-Takis ha varcato l’entrata dell’ospedale San Gerardo di Monza per trattare il primo paziente nell’ambito dello studio di Fase 1. A prestarsi per primo all'inoculazione un giovane ventunenne monzese. La sperimentazione verrà condotta anche presso l’Ospedale Spallanzani di Roma e l’Istituto Pascale di Napoli. E dato che non ci facciamo mancare nulla, si tratta di un composto unico nel suo genere, con tanto di "scossa".

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A Monza la sperimentazione del vaccino anti Covid made in Italy

Da Prima Monza

Si chiama COVID-eVax, il vaccino contro il COVID-19 ideato dalla romana Takis e sviluppato in collaborazione con la monzese Rottapharm Biontech. Sviluppato interamente in Italia e che si avvale anche di un consorzio prestigioso di centri clinici italiani per la Fase 1 e la Fase 2 della sperimentazione clinica. A partecipare allo studio sono infatti l’Istituto Nazionale Tumori IRCCS Fondazione Pascale di Napoli, l’Istituto Nazionale Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani di Roma e l’Ospedale San Gerardo di Monza in collaborazione con l’Università degli Studi di Milano-Bicocca. I tre centri clinici sono coinvolti in tutte le attività dello studio, ma ciascuno ha responsabilità maggiori su uno dei tre aspetti principali della sperimentazione.

Il San Gerardo a Monza è responsabile del trattamento dei primi soggetti di ciascuna dose e quindi della verifica dei risultati preliminari: la prima somministrazione è avvenuta ieri nel Centro di ricerca di Fase 1 diretto dalla Professoressa Marina Cazzaniga, ricercatrice di Oncologia medica dell’Università di Milano-Bicocca.

Come funziona: diverso da tutti gli altri

“Il vaccino promuove la produzione di una porzione molto specifica della proteina “spike”, quella che il virus utilizza per legarsi alle cellule umane” ha spiegato il Prof. Paolo Bonfanti, Direttore della UO di Malattie Infettive della ASST Monza e professore associato di Malattie Infettive dell’Università di Milano-Bicocca “e contro cui, quindi, l’organismo scatenerà la risposta immunitaria”.

A differenza delle altre piattaforme tecnologiche già disponibili, a Rna messaggero o a vettore virale, Covid-eVax è un vaccino a Dna, che, come spiega Luigi Aurisicchio, Amministratore delegato e Direttore Scientifico di Takis:

“Consente di evitare la catena del freddo nella conservazione e nel trasporto. Per le sue caratteristiche la produzione dell’antigene è prolungata nel tempo e il vaccino potrebbe funzionare bene già al primo ciclo. Inoltre, se necessario la somministrazione può essere ripetuta più volte per una risposta immunitaria più solida. Anche grazie all’impiego della tecnica dell’elettroporazione sviluppata da un’altra azienda italiana, Igea di Carpi, che facilita l’ingresso del Dna nelle cellule muscolari e funge anche da adiuvante, stimolando quindi i processi immunologici”.

Una piccola scossa

La somministrazione viene effettuata con una sorta di pistola con ago: uno strumento speciale che inocula un frammento di Dna provocando una – seppure debolissima – scossa elettrica di pochi millisecondi. Il vaccino entra così nella cellula che inizia a produrre l’antigene riconosciuta dal sistema immunitario. Un processo chiamato elettroporazione. La professoressa Marina Cazzaniga, Direttore del Centro di Fase 1, ha spiegato:

"Lo scorso dicembre abbiamo condotto uno studio con l’elettroporatore: volevamo testare i sintomi della procedura, per poter fornire poi ai soggetti che saranno arruolati nella sperimentazione i maggiori dettagli possibili, io stessa mi sono sottoposta alla procedura, per essere in grado di spiegare al meglio cosa si prova”.

La sperimentazione

“Già da agosto abbiamo cominciato a raccogliere le adesioni dei volontari per la sperimentazione del vaccino a DNA contro Covid – ha spiegato Cazzaniga -. Ora lo studio ha ricevuto l’autorizzazione di AIFA e anche quella del Comitato Etico dell’Istituto Spallanzani, quindi tutto è pronto per portare il vaccino a Monza”.

Per gestire i molti volontari che hanno presentato domanda è stata anche avviata una collaborazione scientifica con la Psicologia Clinica del Dipartimento di Medicina e Chirurgia diretta dalla professoressa Mariagrazia Strepparava e con il Dipartimento di Sociologia del professor Giampaolo Nuvolati dell’Università di Milano-Bicocca per studiare le motivazioni, personali e sociali, che hanno spinto tante persone a candidarsi come volontari, un fenomeno assolutamente sconosciuto per il nostro Paese.

La prima fase della somministrazione coinvolgerà 80 volontari sani divisi in 4 gruppi con dosi diverse somministrate con o senza richiamo, mentre in Fase 2 si raggiungeranno fino a 240 soggetti sulle dosi più promettenti.

La "prima scossa" per Luca

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Ed è con questi presupposti che nella giornata di ieri Luca Rivolta, 21enne fresco di diploma all’istituto alberghiero Olivetti di Monza, è stato sottoposto al vaccino con la tecnica dell’elettroporazione che favorisce l’ingresso della molecola di dna nelle cellule.

"Alla fine si sente una leggera pressione e una botta, ma il dolore dura pochi secondi. Sono emozionatissimo e molto contento di aver preso parte. Volevo aiutare, tutti dobbiamo fare la nostra parte per evitare che il virus dilaghi. Fare il vaccino è un servizio alla società, è egoistico non farlo."

Questo il primissimo commento in diretta del ragazzo in attesa di occupazione dopo aver lavorato per qualche mese in un ristorante poi fermo a causa dell’emergenza sanitaria. Il giovane cuoco ha scoperto solo venerdì di essere insieme a un’ottantina di altri volontari. I genitori sono stati molto orgogliosi della scelta di accogliere con entusiasmo questa opportunità.

Perché un altro vaccino?

Il vaccino a DNA di Rottapharm-Takis giunge in un momento in cui alcuni altri vaccini sono già in uso, sulle popolazioni a rischio come gli operatori sanitari, o lo saranno presto, come ad esempio la popolazione anziana. Perché è così importante avere un altro vaccino?

"I vaccini anti Covid non sono tutti uguali – risponde Paolo Bonfanti – le piattaforme, a RNA o a DNA, la presenza o l’assenza di vettori virali, fanno la differenza come dimostrano gli studi, anche in termini della efficacia della copertura vaccinale. Il vaccino a DNA inoltre potrebbe essere molto importante in futuro anche per altre ragioni: la possibilità di modificarlo adattandolo alla emergenza di varianti del virus non sensibili ai vaccini attuali, la stabilità a temperatura ambiente senza la necessità di dover garantire la catena del freddo e la possibilità di essere somministrato molte volte, nel caso in cui le vaccinazioni anti-Covid debbano essere ripetute ogni anno”.

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